martedì 13 dicembre 2016

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: episodio 3

NELLE PRECEDENTI PUNTATE. Dopo l’incidente d’auto il primogenito Andrea Maccheroni è ancora in coma, mentre la famiglia tedesca dei Krauten, rivale dei Maccheroni, è appena giunta a Stoccolma (tra le due famiglie c’è un segreto che nessuno osa raccontare). In ospedale Giuseppe Maccheroni attende la visita di sua sorella Maria… [Ha vinto la scelta B]

…Giuseppe compone il numero e attende in linea. Dopo alcuni squilli, Maria risponde: «Pronto!».
«Si può sapere dove sei? È da due giorni che ti stiamo aspettando. Non è possibile che tu…»
«Sono in ospedale.» Maria interrompe l’impeto di rabbia del fratello, che si ammutolisce.
«Sei in ospedale? Dove?»
«Al reparto di terapia intensiva, come mi hai detto tu!»
«Com’è possibile… non ti vediamo in giro.»
«Strano, io sono qui al…» Maria legge il cartello «…al reparto di terapia intensiva, ospedale Karolinska, Solna. Esattamente come mi hai detto tu!»
Giuseppe fa un'altra pausa, più lunga della precedente, inspira profondamente e poi esplode: «Esattamente come ti ho detto, dici? Esattamente noi siamo all’ospedale di Danderyd, Maria! Esattamente a dieci chilometri di distanza dall’ospedale Karolinska di Solna, dove esattamente sei tu ora! È esatto?»
Anche Maria rimane in silenzio per qualche secondo: «Sì, esattamente! Arrivo.» Poi riattacca.
«Ora ci sei andato pesante…» Teresa, rimprovera il marito. Giuseppe le lancia un’occhiataccia.
«Non è tollerabile che sia in ritardo per errori del genere… e non è neanche la prima volta!»
La secondogenita Giorgia non dice niente e neanche il terzogenito Edoardo, ma scrive su Twitter “Ancora in #ospedale con i #vecchi, aspetto #ZiaRincoglionita #EdoGuarisci”. Tutti quanti stanno sempre attorno al figlio maggiore Andrea, mentre i medici fanno le visite di routine. I valori vanno sempre migliorando e le condizioni sono sempre più stabili finché succede quello che tutti si stavano aspettando: Andrea apre gli occhi. Un boato di gioia segue l’evento. In quel preciso momento arriva Maria trafelata e chiede indicazioni. Un’infermiera le risponde: «Andrea Macceroni? La ragazza è ricoverata nella stanza dodici.»
Maria non ha tempo di spiegare che Andrea è un nome maschile e corre in direzione delle grida. Prima sbaglia stanza e poi entra in quella giusta. Tutti la abbracciano per salutarla. Anche Giuseppe la accoglie felice, nonostante fosse molto arrabbiato con lei: tutto perdonato ora che Andrea si è risvegliato dal coma.
In serata, entrambe le famiglie Maccheroni, sia quella di Giuseppe, sia quella di Maria hanno pianificato di tornare a casa. I loro appartamenti sono uno di fianco all’altro all’ultimo piano di un palazzo in Birger Jarlsgatan 23, esattamente di fronte alla nuova casa dei Krauten: l’ennesimo guanto di sfida lanciato dalla famiglia rivale. Maria dovrebbe raggiungere suo marito Carlo e la figlia Camilla, ma decide prima di passare in ufficio a sistemare dei documenti.

Dall’altra parte della strada la famiglia di Klaus Krauten, sua moglie Beate e i loro gemelli Stefan e Kristen si è già sistemata nell’attico che dà a nord e si gode la cena in compagnia.
«Occi ho aiutato Franz a spostare delle scatole: facefa una tale fatika per qvattro scalini… afresti dofuto federlo. Qvell’uomo dofrebbe fare più ezercizio fisiko!»
«Non ezzere kosì duro con lui, Klaus:» la moglie Beate lo rimprovera «ci fuole del tempo per cuarire dalla zua malattia. Dofresti zaperlo penzando alla mia zituazione…»
«Ciusto… hai racione, kara. Però kreto un po’ di sport lo aiutereppe.» Klaus finisce la cena e parla a suo figlio «Kristen, fatti aiutare da tuo fratello Stefan e sparekkiate la tafola, per piacere.»
Suo figlio gli risponde in automatico: «Pappo, io zono Stefan… lei è Kristen. At oghni moto sparekkiamo la tafola.»
«Accitenti… mi spaghlio zempre! Scuzatemi tanto e crazie per la tafola!»
Nell’appartamento che dà a sud invece, quello di Thilde Krauten, sorella di Klaus, c’è solo il marito, Franz Schneider. Thilde è ancora al lavoro e i figli minorenni Andreas e Julia sono a dormire dai nonni perché le loro camere non sono ancora pronte.

Sono le ore 23.34. Maria ha lavorato ancora una volta duramente per mandare avanti la Sanit assieme a suo fratello Giuseppe e per oggi può bastare, nonostante i resoconti economici non siano dei migliori, anche in vista  dell’arrivo in città dei concorrenti della Sanide. Esce dalla ditta col cappotto sbagliato, prendendo quello di una dipendente che l’ha dimenticato nella giornata. Passando per Stureplan, piazzale chic di Stoccolma, percorre il breve tratto di Birger Jarlsgatan che c’è tra l’ufficio e casa sua, fino a giungere al numero 26. Un vicino le apre la porta. Di solito fa le scale, ma stasera è troppo stanca e cede alla tentazione dell’ascensore da poco riparato. Arrivata all’ultimo piano, esce dall’ascensore ed è davanti al suo attico, di fronte a quello di suo fratello Giuseppe. Cerca le chiavi nella borsa ma non le trova: deve averle dimenticate in ufficio. Prima di suonare il campanello, prova a girare la maniglia nella speranza che sia stata lasciata aperta dal marito Carlo. Per sua fortuna Carlo sa che lei dimentica spesso le chiavi e non ha chiuso (nella civile Svezia ci si può permettere anche questo). Maria lascia il cappotto nel corridoio e va direttamente in camera da letto. Non accende la luce per non disturbare e si spoglia al buio. S’infila sotto le coperte e nella penombra osserva il marito. Dopo una giornata così brutta è bello vedere la persona che ami che ti sorride. Maria ne è felice e vuole ricompensare il marito concludendo la giornata con una sorpresa. Maria bacia il suo uomo, il quale non si tira indietro e i baci si fanno sempre più intensi ed eccitanti fino all’inevitabile amplesso finale (sette minuti e trentacinque secondi… record degli ultimi due anni). L’uomo al suo fianco esclama soddisfatto: «Zei stata fafoloza, tezoro!».
A Maria gela il sangue, salta fuori dal letto e accende immediatamente la luce: per un tragico errore, sbagliando clamorosamente palazzo, ha appena fatto sesso con Franz Schneider, il marito di Thilde Krauten. Che cosa farà Maria Maccheroni adesso?

A. Maria confessa il misfatto al fratello Mario e a sua moglie psicologa Monica, i quali pensano che sia uno scherzo assurdo e ci ridono su non prendendola sul serio.

B. Maria non confessa, ma subisce il ricatto di Franz che le chiede di progettare un nuovo gabinetto assieme per mantenere il segreto.

C. Maria perde la memoria per lo shock emotivo e poi… e poi non mi ricordo cosa succede...


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giovedì 8 dicembre 2016

FAVOLE MALRIUSCITE – Da grande

C’era una volta un ragazzo che voleva essere grande. Non nel senso dell’altezza o dell’età, ma nel senso dell’importanza. Certo, anche l’altezza e l’età avrebbero fatto comodo, ma non erano una sua priorità. Quello che lui voleva era diventare un grande, talmente grande da cambiare il mondo. C’erano tante cose che non gli piacevano della società moderna: dalle guerre alla povertà, dalle armi al terrorismo e c’era bisogno di molto lavoro. Come avrebbe potuto influenzare il mondo così tanto? Avrebbe voluto essere re o imperatore per poter almeno cambiare le sorti di un paese, ma non aveva nessun titolo nobiliare e non ascendeva da nessuna famiglia reale. Quindi questo era escluso. Però avrebbe potuto diventare presidente della sua nazione, la più grande delle nazioni. La strada era lunga: prima avrebbe dovuto diventare consigliere della sua città, poi sindaco, poi governatore della sua regione, poi parlamentare e infine presidente. Certo, i suoi nobili intenti richiedevano tanti sforzi e sacrifici, ma lui non era tipo da tirarsi indietro. Lui era un tipo testardo. Il giorno stesso si recò alla sede del suo partito, il più grande dei partiti. Purtroppo avrebbe dovuto essere maggiorenne per essere iscritto. Allora lui aspettò e aspettò. Intanto lesse tutti i giornali ogni giorno, seguì tutti i dibattiti politici in televisione e studiò la storia politica del suo paese. Quando fu maggiorenne poté finalmente iscriversi al partito e dopo aver partecipato attivamente alla vita politica, aver ascoltato le esigenze dei cittadini riuscì ad ottenere addirittura un posto come assessore nella nuova giunta comunale. Tutti erano orgogliosi di un giovane preparato come lui. Col tempo, però, si accorse che il suo partito, il più grande dei partiti, non era tutto rosa e fiori e c’erano alcune cose da cambiare. Lui non si perse d’animo neanche questa volta e cominciò a denunciare le ingiustizie e gli sprechi della giunta in città. Le sue azioni non passarono certo inosservate e ben presto gli fecero guadagnare tanti estimatori quanti nemici. Un giorno, per dissidi interni, il posto di vice sindaco si liberò e molti pensarono a lui come successore: questa era una grande occasione per fare il passo avanti e diventare più grandi. Tutto sembrava pronto per la sua presa in carica ma qualche giorno dopo, però, alcuni suoi nemici politici trovarono il modo di candidare e far scegliere il fidanzato della figlia del sindaco al suo posto. Non solo, il ragazzo fu anche cacciato dal partito perché ingiustamente accusato di avere remato contro la giunta con tutte le sue denuncie. Il ragazzo e altri cittadini protestarono alacremente ma non ci fu niente da fare. Il ragazzo provò allora a contattare alcuni giornali locali e nazionali in segno di protesta, ma nessuno era interessato a scrivere quella storia così tipica e di poco richiamo mediatico. Allora il ragazzo si arrese alla vita politica del suo paese e si trasferì all’estero.
Fine della storia: ora a letto, figlioli!

martedì 29 novembre 2016

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: episodio 2

NELLE PRECEDENTI PUNTATE. La famiglia Maccheroni è coinvolta in un incidente d’auto. Il primogenito Andrea è in coma farmacologico e il terzogenito Edoardo ha un braccio rotto. Giuseppe, il padre di famiglia, è stato distratto dalla notizia che la famiglia tedesca dei Krauten è in città. C’è un segreto tra di loro che è… [Ha vinto la scelta C]

…un segreto e quindi rimarrà tale, cioè segreto. Forse questo segreto è talmente segreto che neanche i membri delle due famiglie ne sono a conoscenza. Forse, invece, solo qualcuno della famiglia Maccheroni e della famiglia Krauten conosce il segreto. Chi può saperlo: è un segreto!
Intanto la prima notte dopo l’incidente passa tranquilla al reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Danderyd. Giuseppe e sua moglie Teresa restano in ospedale, mentre nonna Rosa e Mario, il fratello minore di Giuseppe, tornano a casa, portandosi dietro la secondogenita Giorgia. Edoardo dorme tranquillo in ortopedia, svegliandosi ogni tre ore per aggiornare il suo status su Facebook, e i genitori vanno a controllarlo a turno. La notte passa dunque insonne per i coniugi Maccheroni.
La mattina seguente arriva il nuovo turno di medici. Nella stanza entrano il dottor Svensson e un paio d’infermiere. Il dottore va al computer a lato del letto e legge: «Allora, che cosa abbiamo qua? Andrea Macceroni,» Ovviamente sbaglia la pronuncia del cognome «22 anni.»
«Si pronuncia Maccheroni…» Giuseppe non può fare a meno di correggerlo in torno stizzito «come se ci fossero due cappa al posto delle ci: Makkeroni, non è difficile!»
Il medico non lo guarda neanche e continua a leggere la cartella clinica: «22 anni, in coma farmacologico da ieri sera a causa di un incidente automobilistico…» poi arriva la classica domanda di un medico svedese, quella che imparano all’università «e cosa pensate che possa essere?»
La domanda, con la D maiuscola. La domanda che più fa arrabbiare Giuseppe: «Ma dovrebbe saperlo lei! È lei il medico! Com’è poss…»
Teresa lo blocca per evitare il peggio, intervenendo con calma: «Beh, credo sia stato un forte trauma cranico… almeno così ci ha detto il suo collega del turno precedente.»
Il dottor Svensson non alza ancora gli occhi dallo schermo. Deve essere abituato a sentirsi dire queste cose dai parenti dei pazienti. Probabilmente insegnano anche quest’atteggiamento alla facoltà di medicina: «Dunque, Andrea Makkeroni, 22 anni, trauma cranico a seguito di un incidente d’auto. Una bella botta per questa giovane ragazza!»
Giuseppe va su tutte le furie ma Teresa lo trattiene: «Guardi che è un ragazzo… Andrea è un nome maschile in Italia!»
Solo in quel momento il medico solleva gli occhi e guarda per la prima volta il paziente: «Il mio collega deve aver sbagliato a scrivere.» Ovviamente lui non ammette di aver fatto un errore. «Provvederò a correggere. Dunque, che cosa potrebbe aver causato l’incidente? Aveva bevuto? A me potete dirlo, ho il segreto professionale.»
«No, non aveva bevuto. Non stava guidando. Guidavo io e neanch…»
«Va bene. I valori sono stabili a presto si riprenderà» il dottore liquida la questione lasciando una buona notizia alla famiglia.

Nello stesso istante, a Birger Jarlsgatan numero 26, in pieno centro di Stoccolma, due uomini sulla quarantina, uno un po’ più giovane e molto più bello dell’altro, stanno trasportando degli scatoloni pieni di raccoglitori su per le scale.
«Basta, zono stankissimo!»
«Forza, Franz, l’aschenzore è rotto, ma manka poko per arrifare all’ultimo piano. Poi ci riposiamo sul difano.»
Il trasloco continua secondo i piani: la ditta che se ne occupa trasporta i mobili e le scatole più grosse, mentre le cose più piccole sono spostate a mano. La ditta ha già trasportato la maggior parte dei mobili. Al pomeriggio dovrebbe arrivare il resto e tutti i vestiti. I due enormi attici all’ultimo piano saranno presto pronti per entrambe le famiglie.

Al pomeriggio dello stesso giorno, di nuovo all’ospedale Danderyd, Giuseppe e Teresa vegliano il figlio Andrea. Sembrano già nel vivo del discorso quando Teresa chiede: «Che cosa sai dell’arrivo dei Krauten?».
«Non molto a dire il vero. So che arriveranno a giorni… o che forse sono già arrivati.»
«Perché ci perseguitano? Perché ci seguono ovunque andiamo?»
«Ma come? Non lo sai? I Krauten sono a Stoccolma perché…»
«Ciao ma’, ciao pa’» Giorgia entra in stanza è interrompe la discussione. «Come sta Andre’?» Poi si ferma. «Ho interrotto qualcosa? Stavate parlando di qualcosa di segreto?»
«Noi non abbiamo segreti. Piuttosto, hai parlato con tua zia Maria? Viene a trovare Andrea?»
Giorgia fa spallucce e Edoardo entra col braccio ingessato. Saluta con un gesto, non dice niente, però scrive sui social network che sta bene, che è uscito dall’ospedale e che i suoi genitori stanno nascondendo qualcosa, forse un segreto.
Giuseppe è decisamente spazientito dall’atteggiamento di sua sorella Maria e decide di non aspettare oltre telefonandole. Cos’è successo a Maria? 

A. Si è dimentica di andare a trovare Andrea perché presa dal lavoro: un nuovo modello di bidet.

B. Arriva in ritardo in ospedale perché è andata prima all’ospedale sbagliato.

C. Si è attardata a fare compere di gioielli in città e arriva in ritardo in ospedale, a orario visite terminato.


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mercoledì 23 novembre 2016

INTERVISTE IMMAGINARIE – Le ciabatte

Eccoci qui di nuovo pronti a stupirvi con le nostre interviste in esclusiva per la vostra rivista online preferita. Oggi abbiamo qui con noi un’esperta micologa, la Professoressa in microbiologia al prestigioso Istituto Carolina di Stoccolma Margherita Cantarella, chiamata a rispondere a una semplice domanda: perché gli italiani sono gli unici ad avere le ciabatte nelle docce pubbliche paragonati al resto del mondo?
Questa è la domanda che mi sono posta da quando mi sono trasferita all’estero. Quando vivevo in Italia, accadeva di rado che la gente non portasse le ciabatte in doccia, probabilmente perché le aveva dimenticate a casa. In verità, all’inizio la mia domanda era “perché gli svedesi sono gli unici a non avere le ciabatte nelle docce pubbliche paragonati al resto del mondo?” Col tempo, discutendo con altri colleghi in giro per il mondo alle conferenze scientifiche, mi sono resa conto che eravamo noi italiani, invece, a portare sempre le ciabatte ai piedi. Questo fece nascere un filone di studi che poi resero il mio laboratorio famoso in tutto il mondo.
Molto interessante… anch’io porto sempre le ciabatte quando faccio la doccia in palestra. Ci potrebbe esporre i risultati degli studi compiuti nel suo laboratorio nell’ultimo decennio?
Dalla mia semplice domanda iniziale cominciammo a sviluppare diverse colture di funghi provenienti da diversi campioni ottenuti da alcuni donatori svedesi, italiani, tedeschi, spagnoli e americani.
Perché solo campioni provenienti da questi paesi e non, per esempio, dai paesi africani o asiatici?
Perché volevamo limitarci a delle colture della cultura occidentale.
Capisco… e cosa avete trovato?
In questi studi ci siamo concentrati precipuamente su una tipologia di fungo, il trichophyton, responsabile di una specifica patologia, la tinea pedis, anche detta tigna o piede d’atleta, caratterizzata da pruriti, bruciori o arrossamenti alle dita del piede, desquamazioni e infiammazioni fino a vescicole, abrasioni e ragadi.
…se la patologia prende piede… hm, scusi la battuta. Dunque, dicevamo sui risultati?
Nella popolazione di piedi italici e in minor misura in quella dei piedi ispanici abbiamo individuato e isolato una variante di questo fungo, il trichophyton-β, che, a differenza del più comune trichophyton-α, diffuso nell’Europa continentale e nordica, si replica molto più in fretta. Le spore di questa variante sono molto stabili e possono rimanere infettive per molti mesi. La trasmissione avviene tramite infezione da contatto. Alcuni enzimi presenti nel trichophyton-β italico hanno delle capacità più elevate, rispetto alla variante mitteleuropea, di dissolvere la cheratina e le altre proteine di struttura della pelle.
Quello che lei ci sta raccontando è terribile e mette un po’ paura, perché sia io sia lei, ma anche la maggior parte dei nostri lettori è italiana o vive in Italia…
I vostri lettori e tutti gli italiani non si devono preoccupare: il trichophyton-β è sì pericoloso, ma ci sono molti modi per curarlo e soprattutto per prevenirlo.
Lei cosa ci consiglia Professoressa Cantarella?
Innanzitutto, se colpiti dal fungo, è sufficiente un prodotto antifungino, facilmente reperibile in farmacia, applicabile a livello locale. La terapia è consigliata per la durata di una decina di giorni ma è anche consigliabile prolungarla per un altro paio di giorni per evitare il rischio di ricadute. A tal proposito e, come detto in precedenza, la prevenzione è fondamentale, specialmente per questa variante così aggressiva. Si raccomanda dunque di calzare scarpe che permettano la traspirazione, di portare calze di cotone, di tenere i piedi sempre freschi e asciutti, soprattutto tra le dita dei piedi. Infine, è caldamente sconsigliato camminare a piedi scalzi in qualsiasi luogo, anche a casa propria.
Ah, quindi è per questa variante più aggressiva di fungo che gli italiani portano sempre con sé ciabatte personali nei bagni pubblici, come quelli delle piscine comunali o delle palestre?
Esatto. Queste raccomandazioni non sono che la base della prevenzione. Delle scoperte più recenti del mio laboratorio, hanno anche evidenziato come altri metodi preventivi siano ancora più efficaci in confronto a quelli già elencati: dato che il piede deve sempre stare all’asciutto, i miei ricercatori hanno scoperto che portare dei sacchetti, per esempio quelli per congelare il cibo, attorno ai piedi quando si va nelle docce pubbliche riduce esponenzialmente il rischio di contagio da trichophyton-β. Inoltre, quando possibile, è consigliabile utilizzare un tappetino di plastica, per esempio quello da yoga, da srotolare sulla superficie bagnata per consentire una migliore prevenzione da contagio. In aggiunta, prima della doccia si raccomanda l’uso di una pomata speciale da spalmare sulla pelle. Infine, ci sono molti altri metodi che potrei elencarvi…
…ma la devo interrompere perché purtroppo lo spazio a nostra disposizione è terminato. Grazie mille alla Professoressa Margherita Cantarella per i sui consigli esaustivi che ci hanno rinfrescato la memoria sulla prevenzione antifungina… rinfrescato come la doccia fredda che mi finisce in faccia e che mi risveglia da questo sogno ad occhi aperti: forse dovrei finirla di portarmi le ciabatte nella doccia della palestra.

giovedì 17 novembre 2016

KISSENEFREGA – Penne al sugo di pomodoro

Ingredienti (per 2 persone):
400 g di pomodori pelati (perché con i peli farebbe schifo),
200 g di penne (perché alle matite va fatta la punta e si perde troppo tempo),
1 cucchiaio d’olio extravergine (Seh… e chi le trova più oggigiorno?),
1 aglio a spicchi (c’è anche a cubi?),
alcune foglie di basilico fresco (e con sto caldo come faccio?),
q.b. di parmigiano grattugiato (se non vi arrestano per omicidio del povero emiliano di turno…),
q.b. sale grosso (…tira ed è gooool: l’Italia è campione del mondo 2006… campione del mondo!).

Preparazione:
Scaldate in padella l'olio d'oliva e poi aggiungeteci l'aglio a spicchi finché si è ammorbidito e dorato (se poi non vince ed è solo argentato va bene lo stesso). Poi aggiungete i pomodori pelati (avendo prima lucidato la capoccia). Lasciate il condimento a fuoco lento (ah ecco perché è sempre in ritardo!) per una trentina di minuti fino a che il sugo non diventa denso, mescolando di tanto in tanto per evitare che si attacchi al fondo della padella (ma una volta sul fondo si può solo risalire). Nel frattempo, mettete l’acqua in una pentola capiente e portate l’acqua a ebollizione (tenendo a bada i bollenti spiriti). Salate a piacimento e buttate la pasta nell’acqua (tuffo a pesce o a bomba, a vostra scelta). A cottura al dente terminata, scolate la pasta e versatela nei piatti (oppure nei rullanti, basta che faccia rumore). Versate il condimento sulla pasta e infine aggiungete il basilico e il parmigiano grattugiato sulla pasta (anche quella del capitano va bene). Buon appetito (ah sì, ricordatevi di mangiarla dopo aver fatto mille foto del piatto!).


E voi direte: e chi se ne frega della ricetta della pasta al sugo? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete il titolo della rubrica, per piacere!

martedì 8 novembre 2016

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: episodio 1

NELLE PRECEDENTI PUNTATE. La famiglia Maccheroni è in macchina. Mentre Giuseppe, capo dell’azienda Sanit, è alla guida riceve una brutta notizia al telefono. Immerso nei suoi pensieri, Giuseppe non vede che una renna si è fermata in mezzo alla strada e… [Ha vinto la scelta A]

…Giuseppe sterza all’improvviso per evitare la renna. La macchina sbanda pericolosamente, colpisce il cordolo e finisce nel fossato a lato della strada, un centinaio di metri più avanti. Dopo lo stridere dei freni e lo sgommare delle ruote sull’asfalto, si sente solo un bramito (che cos’è? È la renna che se la ride per averla scampata). La macchina della famiglia Maccheroni giace capovolta e fumante nel fossato. È la fine dei Maccheroni?
Qualche secondo dopo Giuseppe riesce ad aprire la portiera e a scivolare fuori dall’abitacolo. Una volta fuori, aiuta sua moglie Teresa trascinandola dal lato guidatore. Nel frattempo la secondogenita Giorgia esce da sola anche lei illesa, trascurando qualche graffio, dall’automobile. Mancano all’appello i due figli maschi. Il resto della famiglia li chiama a gran voce, ma non hanno risposta. La preoccupazione sale e Giuseppe cerca di spostare l’auto con tutte le forze che ha per facilitare l’uscita dei suoi figli. Mentre si sforza il più possibile, riceve un sms. Il messaggio recita «Attento alla renna, papà!» il mittente è suo figlio Edoardo. Subito dopo una mano sporge dal finestrino rotto. È una mano che tiene un cellulare. Il dito di quella mano scorre sullo schermo di una pagina Facebook. È la mano di Edoardo. Edoardo è salvo. Giuseppe e Teresa rompono del tutto il finestrino ed estraggono Edoardo. Andrea, però, non esce ancora perché giace privo di sensi nell’abitacolo.
Teresa ha già chiamato l’ambulanza che dopo pochi minuti arriva. Gli operatori portano fuori Andrea, lo stendono sulla barella e lo mettono nell’ambulanza. Partono le sirene e parte anche il veicolo, assieme al resto dei Maccheroni. In un attimo sono nel vicino ospedale di Danderyd. Andrea è ancora privo di sensi dopo un forte trauma cranico e viene trasportato in terapia intensiva. Per fortuna la situazione è stabile e i medici hanno rapidamente ridotto l’edema e limitato i danni. Giuseppe, Teresa e Giorgia Maccheroni si stringono attorno al letto di Andrea. Nonostante i medici siano positivi sulla prognosi, la preoccupazione è palpabile e nessuno parla.
Un’ora dopo arrivano altri familiari: «Scusa, tesoro, siamo partiti appena abbiamo potuto.»
«Ciao mamma. Grazie di essere qui!»
«Com’è la situazione?»
«I dottori dicono che è in coma…»
«In coma?» Rosa Rosi è visibilmente agiata e alla sua età non le farebbe bene.
Suo figlio Giuseppe la rassicura: «Sì, ma i medici dicono che dovrebbe riprendersi in un paio di settimane. È in coma farmacologico per precauzione.»
«Che cosa è successo nell’incidente?» Questa era la voce di Mario Maccheroni, fratello minore di Giuseppe.
«Stavo guidando quando una renna si è piazzata in mezzo alla strada costringendomi a fare una manovra avventata che ci ha portato fuori strada.»
«La telefonata di Maria ti ha distratto?»
«Probabile.»
«Mi raccomando, caro» di nuovo la preoccupazione della mamma «la prossima volta fermati per rispondere.»
Irrompe Teresa: «Certo che tua sorella poteva anche aspettare per chiamarti.»
Giuseppe cambia discorso per evitare inutili polemiche in quel momento delicato: «A proposito, dov’è Maria?»
«Era ancora al lavoro, non poteva venire. Ha detto che passerà domani mattina.»
La polemica non si placa e allora Rosa conta i presenti e si accorge di un’assenza: «E Edo? Dov’è?»
«In ortopedia, ha il braccio destro rotto.»
Teresa completa la diagnosi: «Dovrà usare il cellulare con la mano sinistra ora.»
Giorgia aggiunge con un ghigno: «Così gli sembrerà che sia un’altra persona a farlo.»
«Zitta, Giorgia!» Quando Giuseppe usa quel tono tutti si zittiscono, non solo Giorgia, e tutti guardano preoccupati Andrea. Dopo qualche minuto, Teresa non può più tacere: «Che cosa ti ha detto tua sorella di tanto grave al telefono?»
Giuseppe inspira profondamente e si fa ancora più serio: «Mi ha parlato dei Krauten.»
Lo stupore generale fa distogliere l’attenzione di tutti dal letto di Andrea. Tutti sanno chi è la famiglia Krauten. Tutti sanno della loro ditta, la Sanide, un’altra grande azienda di produzione di sanitari. Dopo il momento di sgomento, Giuseppe prosegue: «Maria mi ha detto che si sono trasferiti da Francoforte a Stoccolma… con tutta l’azienda!» Lo sdegno prende il posto della sorpresa. Tutti sanno degli attriti tra le due famiglie, sin dal tempo in cui anche i Maccheroni vivevano a Francoforte. Tutti sanno della loro accesa rivalità. Non tutti però sanno del segreto che c’è tra le loro famiglie.

A. Il loro segreto è che un membro della famiglia Maccheroni ha avuto una relazione extraconiugale con un membro della famiglia Krauten.

B. La Sanide, oltre al nome, ha rubato un importante progetto alla Sanit. I Maccheroni però non sono mai riusciti a provarlo e il loro risentimento è forte.

C. Se è un segreto è un’informazione che non deve essere divulgata e quindi deve rimanere segreta. Se lo riveliamo alla prima puntata che segreto è?


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giovedì 3 novembre 2016

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il dormiglione (parte II)

…fatemi dormire ancora… solo un paio di post… no! Basta, ora svegliati… ma ho sonno… dai, da bravo, solo cinque minuti per presentarti e poi torni a dormire se vuoi... ok…
Allora, tu sei il dormiglione, quindi vuol dire che ovviamente dormi sempre. Dormi di giorno, dormi di notte. Dormi disteso, dormi seduto, dormi in piedi. Sei l’amico che si addormenta subito sul sedile passeggero quando si torna a casa dalla serata in bar. Sei l’amante che si addormenta mentre si fa l’amore. Sei lo studente che dorme in classe durante la lezione di filosofia. Sei l’ubriaco che si addormenta sul divano a una festa. Sei il bambino che crolla esausto anche nella confusione del palazzetto dello sport.
Oh, oh, sveglia. Seguimi… eh? Ah, sì, certo, sono l’amico che dorme in auto… sì, ma questo l’ho scritto un paio di righe fa. Va beh, riprendiamo comunque…
Sei la fidanzata che si addormenta guardando il più bel film drammatico di tutti i tempi. Sei quello che si fa la pennichella alle due di pomeriggio. Sei il gatto nero che ronfa sulla mia maglietta bianca preferita. Sei il lavoratore mattutino che sonnecchia in metro. Sei quello che dorme ma nessuno se ne accorge perché parli nel sonno. Sei il romanticone che si appisola contando le stelle cadenti nella notte di San Lorenzo. Sei quello che sogna un mondo migliore…
Ci sei ancora? No, si è addormentato di nuovo… allora finiamo il pezzo pian piano e ce ne andiamo muti come pesci, sapendo che almeno così non ci prenderà!

Hypnos: dio del sonno.

mercoledì 2 novembre 2016

FAVOLE MALRIUSCITE – Il pesciolino nell’oceano

C’era una volta un pesciolino di nome Nessuno. Lui non era solo e assieme al suo banco di cefali stava iniziando l’annuale migrazione verso l’altra parte dell’oceano. Era molto importante che il gruppo restasse unito, affinché i pesci si proteggessero reciprocamente. Nessuno, però, aveva sempre molta energia ed era un pesce molto curioso e la sua curiosità gli era sempre costata molta disattenzione e rimproveri dai genitori. Così, quando il suo banco di pesci fece una pausa alle isole Azzorre in mezzo all'Atlantico, Nessuno decise di fare una gara con suo cugino Qualcuno per stabilire chi fosse il più veloce a fare il giro dell’arcipelago. La gara partì e Nessuno prese subito un ampio margine di vantaggio. A metà percorso il distacco si fece sempre più grande e Nessuno cominciò a nuotare più lentamente. A quel punto la curiosità prese il sopravvento: Nessuno cominciò a distrarsi con le alghe, le stelle marine e gli altri pesci, portandosi gradualmente sempre più fuori percorso. Senza accorgersene, Nessuno si ritrovò in mezzo all'oceano, ben lontano dalle isole Azzorre. Suo cugino Qualcuno giunse a destinazione molto in ritardo: non trovò Nessuno ma trovò il banco che decise di non aspettare oltre e partì perché già in ritardo sulla tabella di marcia. Ora Nessuno era solo in mezzo all'oceano senza una meta precisa ed esposto ai pericoli del mare, quali correnti, meduse, squali e altri pesci predatori. Nessuno vagò disperato per giorni e giorni in cerca del suo banco, sfuggì coraggiosamente a squali, nuotò strenuamente contro corrente, evitò saggiamente meduse velenose, ma dei suoi amici e dell’America nessuna traccia. Dopo altri giorni, fortunatamente, Nessuno trovò la via giusta e riuscì finalmente ad avvicinarsi alla costa. Come premio per i suoi sforzi, Nessuno vide in lontananza un banco di pesci che sembrava il suo. Che fossero davvero loro? Che felicità! Nessuno trovò energie nascoste e mosse le pinne il più velocemente possibile fino ad arrivare sempre più vicino. Quello in fondo alla coda sembrava proprio suo cugino Qualcuno. Nessuno nuotò ancora fino a raggiungere il banco di pesci. No, purtroppo, quello non era suo cugino Qualcuno. Inoltre, ben presto Nessuno si accorse che quello non era neanche il suo banco di pesci. Che delusione! Non solo non era il suo banco di pesci ma era un gruppo di famelici barracuda. Nessuno non si perse d’animo e nuotò in direzione opposta. I barracuda però erano in molti e più riposati, raggiunsero Nessuno e lo sbranarono per poi proseguire per la loro rotta.
Fine della storia: ora a letto, figlioli!

martedì 1 novembre 2016

venerdì 28 ottobre 2016

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il competitore

Questa creatura compete su tutto e con tutti. Compete su cose che non gli interessano, compete su chi è andato in vacanza in posti migliori, compete per chi ha un lavoro migliore e più pagato, compete per chi ha più “like” sulla propria pagina Facebook, compete persino con se stesso per fare anche più di quello che si potrebbe fare. Compete talmente tanto che perde di vista i suoi obiettivi e non riesce a godersi niente perché schiavo di questa droga che si è creato da solo. Non riesce a gustarsi niente fino in fondo e spesso lascia le gioie incompiute perché intento a iniziare una nuova competizione. Questo personaggio compete ovviamente anche con me. Intendo dire che sta competendo ora con me in questo preciso istante in cui vi sto scrivendo: ha scommesso che riuscirà a finire il racconto prima di me. Ora vuole finire la frase prima che la possa fini… io dico che dovrebbe rilassarsi un po’ invece di essere sempre così teso. Ora si sta rilassando ma sta cercando di essere più rilassato degli altri e questo lo stressa. Sa che è stupido stressarsi per questo ma non riesce a tranquillizzarsi. Invece cerca di stressarsi di più per vincere questa competizione e il premio del più stressato dell’anno. Ora vorrei chiudere il racconto ma il competitore vuole fare a gara a chi resiste più a lungo continuando a scrivere oppure a chi chiude per primo. Questa volta, però, non mi frega perché.

Agon: spirito della competizione.

mercoledì 19 ottobre 2016

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: episodio pilota

Lo specchietto retrovisore di una nuova Volvo S90 fiammante riflette un paio d’occhi. Sono occhi decisi di un uomo vincente. Sono occhi affamati di vittoria di un uomo di successo. È lo sguardo di un uomo che ha lavorato tanto per arrivare a quel successo. Un uomo che ha portato avanti il grande nome della sua famiglia. Un uomo che è consapevole di aver ricevuto ma anche dato molto alla famiglia. Quell'uomo è Giuseppe Maccheroni. Quello sguardo determinato riflesso nello specchietto retrovisore è l’immagine perfetta di un pilota saldamente al comando, non solo della sua autovettura, ma di tutta un’azienda a conduzione famigliare che va avanti da decenni. Non è quindi un uomo solo. È un uomo circondato da persone importanti: la sua famiglia. Seduta alla sua destra c’è Teresa Rossi, una donna bellissima, quello che si merita un uomo del calibro di Giuseppe. Seduti in fila nel sedile posteriore, ci sono i loro tre figli. Andrea Maccheroni, primogenito dallo sguardo fiero e deciso come quello del padre: è l’orgoglio di famiglia.  La secondogenita Giorgia Maccheroni: ha lo sguardo un po’ perso e non vede l’ora di essere di nuovo a casa. Infine Edoardo, il terzogenito dallo sguardo annoiato: ogni cinque secondi, neanche li contasse, distoglie lo sguardo dal finestrino per aggiornare la sua pagina sui social network. Giuseppe continua a guidare mentre passa con lo sguardo a uno a uno ogni membro della sua famiglia. Ognuno di loro è motivo d’orgoglio. Ognuno di loro è lo specchio delle sue vittorie. Un successo sudato per mandare alle stelle la sua azienda: la Sanit, leader svedese nella produzione di sanitari, che da anni porta gabinetti e lavandini di gran classe italiana nei bagni di milioni di svedesi. Giuseppe, dunque, sorride, saldamente alla guida del suo destino. Giuseppe oggi è molto felice, non solo per essere quello che è, ma anche perché oggi è il suo quarantacinquesimo compleanno. Per festeggiarlo si sta dirigendo al suo ristorante preferito a Danderyd, a nord-est di Stoccolma, con la sua Volvo S90. Lì Giuseppe ordinerà la sua zuppa di pesce preferita accompagnata dal suo vino preferito. La sua famiglia sarà lì con lui e questo è il regalo più bello che potessero fargli, anche se sicuramen… un momento, lo squillo di un cellulare rompe il silenzio che si era creato da qualche minuto nell'abitacolo. Il figlio minore Edoardo controlla con un rapido scatto il suo telefonino, ma non è il suo quello a squillare. Il suono inconfondibile è quello del cellulare di Giuseppe, il quale non esita e risponde mentre continua a guidare (nella civile Svezia non è reato se fatto in situazione di traffico non pericolosa). Giuseppe ascolta per qualche secondo chi gli parla dall'altro lato della cornetta, annuisce, ascolta ancora e poi esclama «Merda! Questa non ci voleva!» Teresa lo redarguisce a gesti per l’uso delle parolacce di fronte ai figli, Giuseppe la gela con lo sguardo e continua ad ascoltare, poi conclude la telefonata «Va bene, capisco. Ti richiamo io domani mattina dall'ufficio.» Giuseppe tiene il cellulare in mano e non dice niente, mentre sua moglie e il suo primogenito Andrea lo guardano preoccupati. Giorgia ed Edoardo invece non lo calcolano, una guarda fuori dalla finestra e l’altro controlla ossessivamente il suo stato su Facebook in attesa di un “mi piace”.
Che cosa avrà turbato la mente di Giuseppe? Che cosa avrà rovinato il suo compleanno? Che cosa gli sarà stato detto in quella comunicazione telefonica?
La mente di Giuseppe è piena di pensieri e lo sguardo è perso oltre l’orizzonte della strada davanti a sé. La rabbia monta dentro di lui. Sta pensando a una soluzione, perché lui trova sempre una soluzione. Non considera nient’altro che la soluzione. Non si rende conto che la sua famiglia lo sta scrutando preoccupata. Non si accorge neanche che una renna si è messa all'improvviso in mezzo alla strada: una renna in Svezia (che cliché… anche se chi bazzica queste latitudini sa che non è poi così improbabile)!
Il pericolo è imminente per il pilota di questo episodio pilota. Che cosa farà Giuseppe?

A. Per schivare la renna, Giuseppe tenta una manovra avventata che non va a buon fine. La macchina esce di strada, causando un incidente che potrebbe uccidere tutti i passeggeri, dando vita alla saga più breve della storia.

B. Giuseppe frena all'improvviso, ma non abbastanza da evitare la renna che muore sul colpo. Gli ambientalisti e i verdi lo scoprono, lo denunciano (in Svezia contano molto!) e rischia tre anni di carcere per il crimine commesso.

C. Giuseppe frena in tempo, avvertito via SMS da suo figlio Edoardo seduto sul retro, e riesce a non colpire la renna che rimane illesa. Subito dopo richiama chi gli aveva dato la brutta notizia telefonica e lo licenzia in tronco. I sindacati, però, gli danno una multa salatissima (in Svezia anche loro contano molto!)

Leggete qui le istruzioni per l'uso!

giovedì 13 ottobre 2016

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il classico

Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva di oscuri tali che la diritta via avean smarrita. / Esta selva di mitologiche creature / sempre dedita fu a citazioni di molte fogge e misure, / spesso in luoghi e situazioni inappropriate / e dalla lor memoria mal riportate, / giusto per volersi dare un tono colto ed erudito, / che spesso suona come un tono di ridicolo all’astante divertito. / C’è chi con gli amici al bar a voce alta cita scimmiottando i grandi del passato / e chi invece lo fa su carta stampata con un toner di ridicolo frega anche il lettor più abituato. / Tutto questo solo per sembrare importanti, saggi e semidei / senza tener conto, però, dell’ira funesta che infinti addusse lussazioni ai nostri zebedei. / Narra, o Musa, all'uomo che si crede agile ma in realtà demente / che a lungo andar a citar ad phallum noti poeti risulti indisponente, / poi, porca Troia, non ti lamentar / se la gente da te più non vuol restar. / Oh voi ch’ascoltate in rime sparse il suono di questi miei sospiri / non ridete ora a crepapelle degli altrui deliri, / perché anche voi asinelli di questa maledizione potreste cader preda / citando classici in malo modo senza che nessuno ve lo chieda. / Giammai io che or ora vi scrivo ne verrò colpito, / come ben si nota dal mio stile classico e forbito / e dal mio gran finale che su di me non conta balle: / e quindi uscimmo a riverir le stalle.

Omero: nome con cui è storicamente identificato il noto poeta greco.

martedì 11 ottobre 2016

KISSENEFREGA – La mia giornata

Per andare al lavoro mi alzo alle 6.30… no, dai, scherzo, a essere onesto, mi sveglio alle 6.40, a volte anche 6.50, perché sono un po’ pigro e faccio suonare la sveglia almeno una volta prima di alzarmi dal letto. Dopo aver fatto colazione con latte e cereali (lo so, hanno troppi zuccheri e si dovrebbe mangiare salato, ma le abitudini sono dure da cambiare) mi lavo i denti e prendo il pranzo nella gavetta (cioè, la scatola di plastica) che avevo già preparato la sera precedente. Saluto mia moglie e mio figlio e, se è estate, prendo la bici, mentre se è inverno, vado in metropolitana fino a Slussen (una fermata a sud del centro di Stoccolma). Poi prendo l’autobus per Nacka (un posto a ovest di Stoccolma). Inizio a lavorare alle 8: incontro dai due ai sei pazienti al giorno, scrivo le cartelle cliniche elettroniche, amministro test neuropsicologici ai pazienti, scrivo valutazioni psicologiche e faccio molte riunioni (a volte da dieci, a volte da sessanta rotture di maroni… hm, volevo dire minuti) con i miei colleghi e soprattutto (non) leggo nella mente delle altre persone. Tra le 12 e le 13 faccio un’ora di pausa pranzo (ma non la uso proprio tutta per mangiare) e finisco la giornata alle 17 quando riprendo l’autobus (nella direzione opposta della mattina) e poi la metropolitana. Alcuni giorni vado in palestra (principalmente pesi e spinning) e poi torno a casa (dopo aver ovviamente fatto la doccia altrimenti mia moglie non mi ci fa rientrare). Ceno con mia moglie e mio figlio, a volte guardando qualche serie televisiva sul computer (parlare in famiglia? Scherzi? Non se ne parla neanche!) Dopo cena mi rilasso scrivendo un po’, leggendo un libro oppure semplicemente navigando su internet senza uno scopo preciso (va bene, lo ammetto, quest’ultima opzione è quella più frequente!) Verso le 22.30 vado a dormire… e alle 22.40 forse mi addormento.


E voi direte: e chi se ne frega della tua giornata? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete il titolo della rubrica, per piacere!

sabato 8 ottobre 2016

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: Istruzioni per l’uso

Più scrivo e più mi rendo conto che senza di voi lettori io scrittore non sono niente. Anche se non mi leggesse nessuno, scriverei lo stesso perché mi piace troppo, ma senza i miei lettori sarebbe tutto più noioso. Ho quindi pensato di coinvolgervi con “Soup opera – un minestrone di emozioni”.

Che cos’è? È una parodia di una Soap opera in forma di brevi racconti, nella quale il pubblico può decidere come far proseguire la storia.
Come? Alla fine dei racconti, presenterò tre possibili alternative (A, B e C) per far continuare la storia nell’episodio successivo.
Dove? Potrete votare una delle tre alternative con un commento alla fine di ogni episodio sul blog; commentando il post dell’episodio su Facebook; oppure scrivendomi su Twitter (@robriva82). Vi basterà scrivere “A”, “B” o “C” per votare.
Quando? Avrete una settimana per votare, dopodiché continuerò a scrivere la storia in base all’opzione più votata (in caso di parità sceglierò io).

venerdì 7 ottobre 2016

PROMOZIONE – TEATRO Stagione 2016/2017 al via!

Oltre a scrivere a me piace molto anche fare teatro. Nel 2009 ho fondato, assieme al mio amico Christian, un gruppo teatrale in lingua italiana a Stoccolma. Il nome del gruppo è “Varför inte”, che vuol dire perché no in svedese. All'attivo abbiamo già nove rappresentazioni, principalmente delle commedie. Io non ho saputo trattenere la mia vena creativa e ho messo lo zampino anche sul sito del gruppo curando la parte grafica e la parte dei contenuti.
Ieri sera ci siamo ritrovati per stabilire che cosa mettere in scena nella prossima primavera e dopo molte riflessioni e discussioni siamo giunti alla sofferta decisione. Per la stagione 2016/2017 metteremo in scena… rullo di tamburi… no, ve lo dico nelle prossime puntate.
Per ora vi posso solo preannunciare che sarà in aprile 2017, quindi tenetevi liberi se vi capita di essere a Stoccolma in quel periodo! Intanto accontentatevi di dare un’occhiata al sito, alle foto, ai video e ai brevi racconti scritti da me che raccontano i precedenti spettacoli! Buona lettura: http://www.varforinte.net/storia


Sì, lo so, questo pezzo potrebbe tranquillamente stare nella rubrica “Kissenefrega”… prendetelo come una sottocategoria teatrale!

mercoledì 5 ottobre 2016

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: l’ecologico

Al mondo d’oggi tutto deve essere ecologico: dalle banane alla farina, passando dai sacchetti di plastica agli pneumatici. Veramente tutto deve essere ecologico: quindi le cose più comuni come frutta e verdura ma anche gli oggetti di tutti i giorni. Non ci si può dunque far mancare il mouse del computer ecologico, che deve essere allevato in campi elettromagnetici meno intensi e meno dannosi da 0,5 Tesla invece che da 1 Tesla come nelle classiche ditte d’informatica. Il campo visivo deve essere coltivato seguendo le rotazioni dell’avvicendamento colturale in modo tale da mantenere l’ottima resa della propria vista (quindi una coltivazione dovrà sicuramente essere di carote). Durante la settimana bianca si deve sciare solo su piste innevate non artificialmente e battute da gatti delle nevi ecologici che inseguono batuffoli di lana ecologici (perché ottenuti da ovini lasciati pascolare su prati più verdi). Si deve fare solo speciali esercizi fisici che consentano al corpo di secernere acido lattico ecologico prodotto da muscoli che non sono stati maltrattati e che hanno avuto spazio per contrarsi e distendersi liberamente. Non si potrà più andare in vacanza nella Grande Mela con l’aereo ma si dovrà farlo andandoci a piedi, a nuoto, in bici o, al limite, si potrebbe prendere in considerazione l’idea di usare il bruco mela (purché sia presente il verme che garantisca che non siano stati usati pesticidi). Si potrebbe andare avanti all’infinito con questa lista ecologica ma non posso sprecare troppa carta (non serve scrivere perché… ormai dovreste averlo capito). Per poter però passare al prossimo personaggio, prima che mi venga detto che non capisco un fico secco (ecologico ovviamente… e quindi essiccato naturalmente al sole e non artificialmente, ecc…), devo accertarmi di una cosa: siamo sicuri che questo blog sia ecologico?

Gaia: dea primordiale e potenza divina della Terra

martedì 27 settembre 2016

INTERVISTE IMMAGINARIE – L’italiano allegro

Per questa settimana vi proponiamo, in esclusiva, un’intervista con lo psichiatra e genetista Franco Vozzon-Cricchi, originario di Gorizia ma residente all'estero da molti anni. Oggi con lui parleremo di psicologia, temperamento e tratti ereditari. In particolar modo ci focalizzeremo sullo stereotipo dell’italiano che molti stranieri hanno.
Esatto, oggi cercheremo di sviscerare tutte le caratteristiche psico-ereditarie che descrivono questo modo di essere. Non se ne parla molto nel mondo accademico e vorrei cominciare ringraziando la vostra rubrica che mi ha concesso questa interessante intervista per mettere alla luce le mie scoperte scientifiche e la mia esperienza clinica a riguardo.
Si figuri. Siamo noi a ringraziare lei per aver acconsentito a portare sulle nostre pagine tutta la sua sapienza e conoscenza.
Bene, dunque, andiamo subito al punto e cominciamo con il dare una definizione di questo stereotipo. Spesso lo straniero s’immagina ogni italiano come una persona costantemente allegra, sempre in vena di scherzi superficiali e frivoli, molto sorridente e sempre pronto a prendere la vita a cuor leggero.
Mi permetta di aggiungere che dall'altro lato lo stereotipo comprende anche irascibilità, dramma e tanta passione.
Esatto, perché l’italiano è preda delle sue passioni e delle sue emozioni che vive con molta estroversione in ogni momento. L’italiano si lancia in quest’uragano di sentimenti e in questo baccano di sensazioni. E in questa confusione, dunque, è assolutamente necessario urlare a squarciagola qualsiasi cosa si dica per farsi sentire anche dall'ultimo della fila. Inoltre è necessario anche sbracciare e gesticolare per farsi capire anche da quelli talmente lontani da non poterlo sentire. L’italiano usa dunque tutto ciò che ha a sua disposizione per esteriorizzare le sue emozioni, sia positive, come la gioia e la curiosità, che negative, come la rabbia e la paura, e anche le sue pulsioni, specialmente quelle sessuali…
Infatti, anche qui lo stereotipo dell’italiano latin lover ha recato più danni che vantaggi agli uomini italiani in tempi moderni.
Non sono del tutto d’accordo con lei perché negli anni d’oro che vanno dagli anni ’50 agli anni ‘70, ha concesso molte opportunità sentimentali agli italiani emigrati nei diversi paesi del mondo. Perché vede, questa componente genetica, questo gene del seduttore che ci portiamo dietro dai tempi dei romani con Marco Antonio, ci ha aiutato a portare avanti la nostra razza, mi perdoni se mi esprimo in questi termini, ma lo faccio tanto per capirci… non voglio dire che ci sia una razza italica ecco… e dunque questo gene ha permesso di essere quello che siamo.
Cioè? Cosa intende dire?
Cioè delle persone attaccate ai valori della vita, quali l’amore, la famiglia e in particolare la mamma e quell'essere “mammone” che tanto fa tenerezza in giro per il mondo.
Tutta questa dolcezza, però, non la suscitiamo quando veniamo tacciati di essere imbroglioni e spacconi.
Io non userei questi termini forti… direi piuttosto che l’italiano è caratterizzato da un essere furbo e opportunista. Anche questo gene “arraffone”, come mi diverto simpaticamente a chiamarlo, è quello che ci ha permesso di portare avanti la nostra inconfondibile italianità. Quella di cui andiamo tutti un po’ fieri.
Beh… non sempre siamo così fieri di queste caratteristiche che lei cita. Ad ogni modo, per fortuna, non tutti gli italiani corrispondono a questo stereotipo, vero?
Verissimo. Infatti, quelli che non sono conformi a questo stereotipo vanno spesso incontro a molti problemi quando si devono relazionare con gli stranieri. La delusione causata allo straniero non fa altro che aggravare la loro sindrome.
Sindrome?
Sì, certo, sindrome o patologia se così vogliamo chiamarla... la sindrome dell’italiano triste. È una sindrome che viene classificata nei disturbi dell’umore. Un italiano che non è sempre allegro, sorridente, loquace, rumoroso, libidinoso, emotivo, imbroglione e soprattutto mammone devia inconfutabilmente dalla norma e quindi deve essere classificato come patologico.
Mah… anch'io, e molti altri come me, non rientro pienamente in questo stereotipo: siamo silenziosi, equilibrati nell'esprimere le emozioni, onesti, indipendenti dalla famiglia di origine e, purtroppo, un po’ impacciati in amore...
Eh lo so, ragazzo mio… questa patologia è veramente dura, ma c’è un rimedio. In settimana venga nel mio studio per un controllo… le faccio uno sconticino simpatia.
Hm… sì… mi aspetti… aspetti che mi svegli da questo mio sogno ad occhi aperti. Eccomi di nuovo in questa festa piena di stranieri dove tutti mi parlano a voce altissima con un’intonazione cantilenante cercando di imitare l’accento italiano, dove tutti mi chiedono se mi manca la mamma e la pasta, dove tutti gesticolano a caso pensando sia un metodo alternativo di comunicare e dove tutti i maschi mi guardano male perché pensano che ci proverò con la loro ragazza.

mercoledì 21 settembre 2016

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: l’elettore

Siamo tutti elettori. C’è chi vota sinistra, c’è chi vota destra, c’è chi vota centro, c’è chi vota centro-destra-sinistra-centro. C’è chi vota per partiti che non sono né destra, né sinistra, né centro, quindi partiti che non c’entrano niente. C’è chi vota su, c’è chi vota giù. C’è chi vota dentro e c’è chi vota fuori. C’è chi vota per buttare fuori chi è dentro il parlamento. C’è chi vota sì, c’è chi vota no e c’è chi vota sì per dire no. C’è chi vota in opposizione alle proprie idee per protesta. C’è chi protesta per chi vota in opposizione alle proprie idee. C’è chi vota scheda bianca, c’è chi vota nullo, c’è chi vota nullo scrivendo “Mò magnateve pure questo” allegando una fetta di mortadella. C’è chi non vota: chi per dimenticanza, chi per scelta, chi per partito preso. C’è chi non vota per il proprio paese ma voterebbe per altri paesi. C’è chi vorrebbe votare ma non può. C’è chi può votare ma non dovrebbe poterlo fare. C’è chi prende i voti e diventa presidente, c’è chi prende i voti e diventa prete e c’è chi è sia prete sia presidente di una nazione. Insomma, nel bene e nel male, nella destra/sinistra/centro, nell'anarchia e nella democrazia, che si voglia o no, siamo tutti elettori. Mettiamocelo bene in testa.
Vi è piaciuto questo pezzo? Sì, no, forse? Mettiamolo ai voti!

Solone, Clistene ed Efialte: padri fondatori della prima democrazia, quella ateniese. 

venerdì 16 settembre 2016

KISSENEFREGA – Il compleanno

Oggi è il mio compleanno. Il compleanno arriva una volta all'anno e si invecchia un po’ alla volta. Chi compie gli anni il 29 febbraio invece invecchia un po’ meno o forse deve festeggiare più spesso il non-compleanno per stare al passo coi tempi (o meglio, al passo con il tempo). Nei primi anni di vita si festeggia pure il complemese, forse perché si vuole crescere in fretta. Probabilmente si tirano le orecchie al bambino per la stessa ragione. Qualche anno dopo arriva la torta e si soffiano le candeline: all'inizio ci sono tante candeline quanti gli anni, col tempo poi si sostituiscono le candeline con i numeri. Si spengono le luci, entra la torta illuminata dalla candeline e parte la canzoncina di rito: “Tanti auguri a teee, tanti auguri a teee!”, ripetuta allo stesso modo un paio di volte in molte lingue del mondo… tranne in portoghese dove le strofe sono una diversa dall'altra… e tranne in Svezia, dove la canzone è completamente diversa ma a me (umile e scherzoso parere personale) è sempre sembrata più una marcia funebre che una canzone di auguri (però ti arriva la colazione a letto e guai a scordartene se hai un partner svedese)! Quindi, arriva la torta, prendi fiato, dai una bella soffiata ed esprimi un desiderio… un momento, quanti desideri espressi davanti ad una torta si sono realizzati? Chi si ricorda un proprio desiderio espresso a cinque anni? Chi si ricorda se è stato avverato? (Dovrò chiedere aiuto a Pascal, un personaggio del mio libro che spero di farvi conoscere presto!) I desideri si dimenticano e gli anni passano: arrivano sempre più primavere sul groppone e sempre meno regali. Però ci sono gli auguri di Facebook: basta scrivere “auguri” sulla bacheca e ti metti l’anima in pace fino al prossimo anno (per carità, smorzo subito la polemica perché l’ho fatto mille volte anche io)! Per concludere: sia che si festeggi con una festa, sia che si festeggi da soli, l’importante è festeggiare! Auguri!

E voi direte: e chi se ne frega del tuo compleanno? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete il titolo della rubrica, per piacere!

martedì 13 settembre 2016

FAVOLE MALRIUSCITE – La principessa nella torre

C’era una volta una principessa di un regno molto grande e lontano. La principessa era giovane, molto bella e altrettanto intelligente e viveva con i suoi genitori, il re e la regina, in un castello sfarzoso nel cuore del regno. Date le sue molte qualità, aveva molti pretendenti che venivano a bussare alla porta del re da ogni parte del grande regno. La principessa però non sapeva decidersi: uno era troppo basso, uno era troppo alto, uno era troppo povero, uno era troppo avaro, uno era troppo spaccone, uno era troppo umile, uno era troppo brutto, uno era troppo vanitoso, uno era troppo magro, uno era troppo grasso, uno era troppo puntiglioso, uno era troppo approssimativo, uno era troppo complicato, uno era troppo banale. Insomma i suoi pretendenti erano sempre in qualche modo non adatti. Il re, suo padre, allora si adirò e decise di rinchiudere la principessa in cima a una torre in un altro castello all'estremità del suo regno. Il castello era in una zona lugubre e nebbiosa, era attorniato da un fossato pieno di pericolosi coccodrilli, era sorvegliato da un potente drago sputa fuoco e sulle sue mura s’inerpicava una folta ramificazione di rovi spinosi. Il re decise che il primo uomo che fosse riuscito a liberare la principessa da questa fortezza avrebbe potuto ottenere la sua mano. Inoltre, il re decise che a proteggere la sua stanza ci fosse un indovino pronto a testare l’intelligenza del pretendente sottoponendogli un terribile quesito e una difficilissima sfida a scacchi. Dopo molti tentativi falliti di alcuni pretendenti venne il giorno in cui il principe di un paese lontano accolse la sfida. Il principe arrivò a cavallo fino al portone d’ingresso del castello. Prese la rincorsa e con un balzo saltò il fossato. Si aggrappò alla schiena del drago per raggiungere la sommità della torre evitando i rovi. Lottò alacremente e sconfisse il drago tagliandogli la testa. Risolse il quesito dell’indovino senza pensarci su due volte. Infine diede scacco matto all'avversario in quattro mosse. Quando aprì la porta, il principe era così bello e intelligente che la principessa se ne innamorò subito. «Sì, sei tu l’uomo della mia vita», disse la principessa. «Tu sì che potrai avere la mia mano. Sposami!». La principessa era in estasi e non aspettava altro che la risposta del principe, la quale non tardò ad arrivare. «No», rispose il principe, aggiustandosi il colletto e spolverandosi il vestito. «Non ti sposo. Io sono gay. Ho fatto tutta questa strada perché pensavo fossi il re, non la principessa!» Il principe se ne andò lasciando la principessa basita, la quale non si sposò più perché nessun altro uomo fu in grado di venire a salvarla.

Fine della storia: ora a letto, figliola!

mercoledì 7 settembre 2016

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il perfezionista

Il perfezionista è un personaggio mitologico che vuole fare sempre tutto alla perfezione. È la sua coscenza che glielo impone. Non può sottrarsi a questo destino. Qualsiasi cosa faccia la deve fare perfetta. Può capitare quindi che decida di cominciare a scrivere e che non è soddisfatto finchè non riesce a pubblicare il suo romanzo. oppure che decida di andare al lavoro in bicicleta e si compra l attrezzatura per partecipare in Serie A. Non e possibile per lui mangiare in un ristorante che non ha comunque quattro stelle Michellin. Qual’è poi il modo più buono per rovinarsi l’amicizia con tutti gli amici? Ovvio. Se il tuo amico o ormai ex amico te da sempre da pensare, perché, ti sbatte sempre in faccia tutto quello che di bello fa’, quanto è perfetta la sua relazione sentimentale-amorosa, quanto è interessante la sua vita lavorativa e ricreativa. Bene: allora a quel punto, anche se è idealizzato come il ritratto di perfezione, e anche se un tuo carissimo amico/a di vecchia data, non importa: forse tutta quel perfezione non è poi così importante. Non credi?
Avete notato che la storia non aveva senso, che non aveva né capo né coda? Avete notato gli errori grammaticali, ortografici e sintattici? (non avete visto tutto ciò? “Iuston, abbiamo un problema!”) Bene, gli errori, però, sono voluti! Ebbene sì, sono fatti apposta perché in questa società moderna siamo sempre costretti a fare tutto perfetto e anche molto velocemente per essere considerati capaci. Non c’è mai il tempo e lo spazio per sbagliare e per imparare dai propri errori. Quindi, non abbiate paura: fate degli sbagli, tentate strade nuove, osate, imparate dalle sconfitte. Solo così potremo davvero essere perfetti. Tutti fanno degli errori ogni tanto (per esempio avete letto questo blog) e nessuno fa eccezzione!
P.S.: eccezione con una “z” sola… purtroppo non sempre si impara dai propri sbagli!

Kalokagathia: spirito ideale di perfezione e nobiltà.

giovedì 1 settembre 2016

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: la fata dei romanzini

Ho sempre sognato di guadagnarci con quello che scrivo, ma non ho mai specificato quanto. Se guadagnassi qualche euro, avrei realizzato il mio sogno, ma non andrei molto lontano. Si dice sempre che bisogna stare attenti a quello che si sogna… forse dovrei essere più specifico e più ambizioso. Inoltre, credo proprio di aver bisogno della fata dei romanzini. Chi è la fata dei romanzini? Ma non sapete proprio niente! Allora, questa fatina entra in azione quando scrivi qualcosa d’interessante e bello. Una volta che hai scritto su un foglio un racconto o un romanzo, lo metti sul comodino della camera da letto e di notte, quando dormi, la fatina viene a prendere di nascosto il tuo manoscritto e ti lascia dei soldi. Il processo dunque è molto semplice. Ovviamente il compenso è proporzionale alla quantità e soprattutto alla qualità del testo scritto. Mi chiedo quanti fondi possa avere la fatina… e mi chiedo anche come faccia a calcolare il compenso per gli scrittori famosi italiani che scrivono tanto bene come Umberto –erto erto, Stefano Ben-né-sì-né-no, Alessandro Bapovero (solo per citarne alcuni)… o per quelli americani e prolifici come Stefano Re, Gavino Folletto, Daniele Marrone, ecc… la fata dei romanzini deve sicuramente avere un conto in Svizzera. Come avrete capito, però, la fatina non è passata molto spesso da me.


Le Muse: dee della musica, del canto, della danza, dell'ispirazione poetica.

martedì 30 agosto 2016

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il contestatore

Il contestatore è una creatura umana che mette sempre tutto in discussione. — Non è vero, non lo fa sempre e non con tutto! — Va bene… ricomincio.
Il contestatore è una creatura umana che spesso mette moltissime cose in discussione. Non c’è niente che possa andargli bene. — Esagerato… si lamenta tanto ma qualcosa gli va bene! — Ok, ok… riformulo.
Al contestatore ci sono alcune cose che gli vanno bene, ma molte altre che proprio non sopporta in qualsiasi modo si presentino e non perde l’occasione per manifestare il suo disappunto: il ritardo dell’autobus, l’anticipo dell’autobus, la perfetta puntualità dell’autobus, la gente che inquina andando in macchina, la gente che affolla i vagoni della metropolitana usando troppo i mezzi pubblici, la gente che vota quei fascisti di destra, la gente che vota quei comunisti di sinistra, la gente che vota quei democristiani di centro, la gente anarchica che non vota, la troppa neve e il freddo pungente in inverno, l’afa e il caldo soffocante in estate, il clima temperato delle mezze stagioni (che non ci sono più) perché non sai se stare in maglietta o se metterti il maglione, ecc… così va bene? — Mah, insomma… comunque vai pure avanti.
Il contestatore, dunque, contesta tutto il contestabile… e anche l’incontestabile e quindi contesta anche il fatto di essere un contestatore… uff, che fatica scrivere questo pezzo. — Vai avanti tranquillo che stai andando così così.
QuindiluiècontestatoecontestatoreallostessomomentoNonsicapiscecomepossafarlomalofa… ehi, un momento… che cos’era quest’ultima frase? — Sciopero della punteggiatura!
E va beh, però io mi sono stancato di tutta questa storia. Sai che ti dico: la finisco qua! — Eh no… Non puoi finire proprio ora sul più bello!
Allora vado avanti… dicevo, il contestatore non sopporta nemmeno che… — No, no, no! Basta così!

Epimeteo: Titano dei ripensamenti e padre delle scuse.

mercoledì 24 agosto 2016

INTERVISTE IMMAGINARIE – Il ketchup

L’appuntamento di oggi per la nostra rubrica è con il noto cuoco italiano, ma che da anni si è stabilito in Svezia, Bartolomeo Esmeraldi-Waldermarsson. Dato l’ospite odierno, l’argomento trattato è ovviamente la cucina, in particolare un piatto che a noi italiani sta particolarmente a cuore: la pasta al pomodoro. Per chi vive all'estero come noi della redazione e come molti nostri lettori, la lotta contro il ketchup sulla pasta è una sfida continua. Lo chef Bartolomeo Esmeraldi-Waldermasson, però, ha recentemente concluso una ricerca a proposito che ha portato a dei risultati sconvolgenti. Ma sentiamo le sue parole a riguardo.
Ebbene sì, la mia ricerca porterà a degli stravolgimenti sostanziali sulle abitudini culinarie non solo delle tavole italiane, ma di quelle di tutto il mondo. La mia ricerca ha portato alla luce come la pasta al ketchup sia un alimento più completo, più nutriente e più antico della pasta al sugo di pomodoro.
Non crede che le sue affermazioni siano un po’ troppo forti? Magari ora ci dirà che è anche più buono…
Certamente, mi ero scordato di dirlo. Grazie per avermelo ricordato. Ad ogni modo, sono molto sicuro di quello che affermo. La mia equipe di ricerca, con basi in Svezia, Italia e America centrale, è composta da fior fior di ricercatori da ogni parte del mondo in grado di condurre indagini dalla qualità ineccepibile.
Mi ha frainteso, non era certo mia intenzione mettere in dubbio le qualità della sua squadra, cercavo solo di spronarla a presentare ai nostri lettori prove della sua ricerca così interessante e potenzialmente influente.
Sono qui per questo, giusto? Allora, procediamo per ordine. Di cosa è composto il Ketchup? Pomodoro, zucchero e tracce di aceto, che tralasceremo in quest’analisi in quanto poco rilevanti negli ingredienti. Vorrei cominciare dalla storia se mi permettete. La Storia viene sempre prima di tutto: se sai da dove arrivi sai dove andrai. Come detto in precedenza, la pasta al ketchup è più antica di quella al pomodoro e ora ve lo spiego. La pasta nasce e si sviluppa parallelamente sia in Cina che in Europa, in particolar modo in Italia, ma veniva utilizzata, seppure in modo più grezzo, nello stesso periodo anche in America. Il pomodoro, invece, come tutti sanno, proviene originariamente dall’America e venne importato in Europa per la prima volta dallo spagnolo Hernán Cortés nel 1540. E qui non ci sono dubbi. La salsa di pomodoro era dunque un ingrediente fondamentale della cucina degli antichi Aztechi. Inoltre, gli stessi Aztechi trovarono che l’aggiunta di zucchero, la cui lavorazione risale al X secolo a.C. nell’America latina, rendesse la salsa ancora più gustosa. Tutto questo avvenne ben prima della scoperta dell’America nel 1492. In Europa, però, soltanto nel ‘700 la salsa di pomodoro cominciò a essere un condimento fondamentale della pasta. Quindi, la salsa al pomodoro è ovviamente più antica del ketchup, in quanto il sugo di pomodoro è alla base della salsa per il ketchup, ma la pasta al ketchup viene dunque prima della pasta al pomodoro, come testimoniato anche da una raffigurazione azteca del XIV secolo nella quale si può notare come la popolazione offrisse ai sacerdoti sacrificali un fascio di spaghetti grezzi intrisi nel sugo e nello zucchero.
Beh, devo dire che la sua ricerca storica è notevole, ma la storia è storia e quel che conta alla fine è il gusto, le proprietà nutritive e la varietà di piatti e in questo caso la pasta al sugo converrà certamente con noi che…
Scusi se la interrompo, ma giusto a proposito delle proprietà nutritive vorrei riportare le altre interessanti scoperte del mio gruppo lavorativo. Nonostante la presenza dello zucchero, il ketchup ha un potere calorico medio-basso di circa 100 kcal per 100 g, contro le 18 kcal della salsa al pomodoro. Inoltre è un alimento povero di grassi e non è necessario consumarne tanto per avere molte energie senza ovviamente rinunciare alla linea.
Certo, quello che dice lei si può anche capire, ma la varietà che ci permette la salsa al pomodoro con la pasta è unica: pensiamo soprattutto alla pasta all’amatriciana, alla mamma rosa, alla norma, alla puttanesca! Solo a pensarci mi viene l’acquolina in bocca…
Anche a me… ma in tutti i piatti da lei citati la salsa al pomodoro è perfettamente sostituibile dal nostro amato e antico ketchup, senza perderne in proprietà nutritive e soprattutto in gusto.
…sì… capiamo quello che vuole dirci… non era proprio questo che ci aspettavamo per la nostra rubrica… però, cerchiamo dunque di concludere.
Dunque, ricapitolando: dalla nostra esperta equipe di ricerca è emerso che la pasta con il ketchup, rispetto alla pasta al pomodoro, è un pasto sicuramente più completo, più nutriente e più antico. Inoltre, questo è solo un parere personale, è anche più buona! Quindi, viva il ketchup e viva la pasta condita col ket…
Questa volta la interrompo io, mi scusi… o meglio lo chef Esmeraldi-Waldermarsson viene interrotto da mia nonna che mi sveglia da questo incubo, chiamandomi per andare a pranzo. Dal pian terreno arriva un profumino di pasta al sugo di pomodoro e basilico freschi. Mmm, che bontà: viva, viva gli spaghetti al sugo!