mercoledì 27 marzo 2019

KISSENEFREGA – Interpretazione dei sogni condizionati

Come sapete, quando non vesto i panni del supereroe dietro la tastiera con i miei superpoteri che mi aiutano a scrivere delle supercazzate per sconfiggere il mio super-io con un sacco di frasi super-flue, quando sono un normalissimo Bruce Wayne, un qualsiasi Clark Kent o meglio ancora un Deboroh La Roccia (per chi conosce il mitico fumetto Rat-man), io sono uno psicologo. Come molti psicologi (e anche molti supereroi a dire il vero) la mia deformazione professionale mi spinge a usare le tecniche e le conoscenze acquisite durante gli studi e i molti anni d’esperienza, anche nella vita di tutti i giorni (per esempio la famosissima e scientificamente provata “lettura del pensiero”, già ampiamente trattata in un mio precedente pezzo). Così mi ritrovo a mischiare, inconsciamente qualcuno direbbe, due scuole di pensiero abbastanza contrastanti in Psicologia. Io sono di formazione cognitiva - comportamentale e quindi lungi da me sposare le teorie psicodinamiche freudiane (potrei farlo solo se avessero le tette grosse… hm, intendevo, solo se avessero evidenze scientifiche della loro efficacia come lo è per le teorie cognitive - comportamentali, scusate il lapsus), ma dai sogni che ho fatto nell’ultima settimana e la loro possibile interpretazione ho buone ragioni per mescolare le due teorie. Ve lo spiego con un esempio. Tra i miei hobby ho anche il teatro. Recitare è molto divertente, è una sfida con se stessi e il pubblico, è uno sfogo creativo, ma crea anche nervosismo e ansia da prestazione. Faccio teatro da più di dieci anni e nelle settimane prima degli spettacoli ho spesso fatto sogni in cui mi dimentico le battute: un vero incubo per un attore. Allo spettacolo di quest’anno del gruppo teatrale italiano “Varför inte” (ART di Yasmina Reza, 29 e 30 marzo 2019, ore 19.30, Teaterstudio Lederman a Stoccolma – vedi foto) per la prima volta non reciterò ma farò da aiuto regia. La cosa buffa, però, è che ieri sera ho fatto un sogno condizionato. Che cos’è? È un misto tra teorie psicodinamiche e cognitive - comportamentali: ho cioè sognato di dimenticarmi le battute, anche se non andrò in scena. Come è successo? Ora ve lo spiego con il condizionamento classico (o Pavloviano) applicato ai sogni. Seguitemi nel ragionamento:

andare in scena (stimolo incondizionato) porta a incubi di dimenticare le battute (riflesso incondizionato);
settimana prima di uno spettacolo per chi non è attore (stimolo neutro) porta a nessun incubo (nessun riflesso);
settimana prima di uno spettacolo per chi non è attore assieme ad andare in scena (stimolo neutro con stimolo incondizionato) porta a incubi di dimenticare le battute (riflesso incondizionato);
se quest’ultima condizione è ripetuta molte volte, porta a
settimana prima di uno spettacolo per chi non è attore senza andare in scena (stimolo condizionato) porta a incubi di dimenticare le battute (riflesso condizionato).

Semplice vero? Ecco, dunque, la mia interpretazione dei sogni condizionati e nello stesso tempo vi ho dato anche un esempio di messaggio subliminale della Psicologia della Percezione: andate a vedere ART del gruppo teatrale “Varför inte”, se siete a Stoccolma questo fine settimana!

E voi direte: e chi se ne frega dei tuoi sogni condizionati? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete il titolo della rubrica, per piacere!



domenica 17 marzo 2019

PROMOZIONE – Audio “L’orrido pasto”


In concomitanza con la pubblicazione su "Il lavoratore", giornale della Federazione delle Associazioni Italiane in Svezia (FAIS), del mio racconto “L’orrido pasto” tratto dalla raccolta Horror all'italiana, ecco anche la lettura del brano:


Testo e voce di Roberto Riva;
Audio editing di Valerio De Paolis;
Video editing di Roberto Riva

A presto per i prossimi racconti.

Sì, lo so, questo pezzo potrebbe tranquillamente stare nella rubrica “Kissenefrega”… prendetelo come una sottocategoria letteraria!

martedì 12 marzo 2019

KISSENEFREGA – Primi segni (di vecchiaia)

Eccoli là. Eccoli che mi aspettano, dopo aver scollinato la soglia dei trenta, trentacinque anni. Arrivano per tutti, quando meno te lo aspetti. Imperterriti. Inevitabili. Sono i temibilissimi primi segni della mia, della tua, della nostra vecchiaia. Ecco un breve e non esaustivo elenco dei miei.
Sono passato dal pregare di avere i primi peli della barba a scoprire i primi peli bianchi (plurale, sigh!) della barba… che taglio di nascosto.
Sono passato dall’uscire venerdì, sabato, domenica e pure durante la settimana a “filmino e coperta sul divano?”… pronunciato con un filo di voce per la stanchezza.
Sono passato dal ricordarmi tutto quello che leggo al non ricordarmi più perché sono entrato in questo blog e neanche perché… perché… che cosa stavo dicendo?
Sono passato dal cadere dagli alberi, sbattere la testa ovunque, rotolare in discesa sui prati ed essere indistruttibile all’avere acciacchi alle caviglie, ginocchia e spalle… semplicemente alzandomi dal divano.
Sono passato dal britpop dell’adolescenza e hard-rock/metal dei vent’anni a “Mah, ascolto un po’ di tutto” di adesso… cantando le canzoni di Gigi D’Alessio sotto la doccia (no, scherzo, non sono ancora un uomo morto).
Sono passato dal protestare per i rimproveri di mio padre al ripetere sempre le stesse cose, le stesse lamentele, i soliti rimproveri, ancora e ancora… proprio come faceva mio padre.
Sono passato dal dire (leggasi “mentire”) a voce alta di essere maggiorenne all’approssimare per difetto quando mi chiedono l’età… magari rinunciando alla festa di compleanno per pudore.
Sono passato dal protestare per i rimproveri di mio padre al ripetere sempre le stesse cose, le stesse lamentele, i soliti rimproveri, ancora e ancora… proprio come faceva mio padre.
Sono passato da ginnastica a scuola, calcio in cortile e allenamento di basket alla sera senza traccia di affaticamento (e di compiti fatti) a palestra una volta sola seguita da stanchezza cronica per un mese… con la consapevolezza di aver comunque fatto il mio compitino.
Sono passato da “attento che diventi cieco” dell’adolescenza all’essere diventato veramente quasi cieco quando cerco di guardare la tastiera per scrivere… anvhe se xhi ni vomosce sa cje jo sempte abuyo hli occjiaki.

E voi direte: e chi se ne frega dei tuoi primi segni di vecchiaia? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete il titolo della rubrica, per piacere!