mercoledì 27 giugno 2018

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il malato

Per il malato le giornate sono lunghe, lunghissime. Si sveglia la mattina presto dopo una notte insonne e il cervello gli rimbalza nella scatola cranica come se fosse una palla da basket. I muscoli gli fanno male come durante una sessione di pesi. Sente le fitte allo stomaco come se fossero dei giavellotti. No, oggi è meglio non fare sport. Il malato, allora, sta a casa e si ributta a letto. Dorme fino alle dieci, poi prova ad alzarsi, ma la gravità è una brutta bestia e lo lascia inerme tra le lenzuola calde. E allora che si fa? Decide che è finalmente arrivato il momento di riprendere il libro che ha da troppo tempo sul comodino: legge duecento pagine, quando di solito ne riusciva a leggere massimo trenta, e incredibilmente finisce il libro. Intanto è già ora di pranzo. Si fa un riso in bianco, pasteggiandolo con acqua di ottima annata, frizzante all’occorrenza, se ci si scioglie dentro un’aspirina. Mentre mangia, gli parte un attacco di tosse ed è costretto ad andare in bagno per sputare il catarro nel lavandino. Si guarda allo specchio: ha una brutta cera e ha la gola in fiamme. Si sente più una candela che una persona. Si misura la febbre: è salita alla vertiginosa soglia dei trentasette e cinque. “Riuscirò a tornare quello di prima?” Pensa disperato. “Sopravvivrò a questa influenza stagionale?” Per evitare il pensiero torna a dormire, non prima di aver letto altre duecento pagine… dello stesso libro di prima perché sdraiandosi a letto, si è dimenticato di prendere un nuovo libro dallo scaffale e ora non ha più la forza di rialzarsi. Legge dunque, poi si stufa, fa le parole crociate, sonnecchia, guarda la televisione, poi legge ancora, ma non ce la fa più ad andare avanti con lo stesso libro di prima e decide di alzarsi. Con un gran mal di testa si avvicina allo scaffale e legge i titoli: tutti quei Libri danno inquietudine, scegliere è un Processo difficile, si sente un Miserabile con molti dolori alle giovani Vertebre a causa dell’ultima Notte in bianco, però, con Orgoglio e giudizio, sceglie di Malavoglia un testo. Lo legge fino a ora di cena. Una minestrina riscaldata gli tiene un’allegra compagnia. Dopo cena si guarda una puntata della sua serie preferita. Ne guarda un’altra, poi un’alta e un’altra ancora. Al dodicesimo episodio stramazza al suolo esausto e si addormenta. Il giorno dopo si sente un po’ meglio, pensa che la malattia sia passata, e allora esce, va al lavoro, ma a metà giornata sta peggio di prima: è la ricaduta, domani sarà un’altra giornata lunga, lunghissima.

Acheso: dea della guarigione delle ferite e della cura delle malattie.

giovedì 21 giugno 2018

PROMOZIONE – Estratto da “I casi del commissario Grammatikus” – parte 3 di 3


Oggi vi propongo un estratto dal mio libro “I casi del commissario Grammatikus”, un giallo comico diviso in sei racconti. Vi presento il terzo e ultimo estratto dal primo caso: “Nominativo”.

Nominativo – parte 3
Mezz’ora dopo sono tutti in piazza. Tutti si guardano perplessi: prete, casalinga e parrucchiera sono seduti, mentre il barista è in piedi. Grammatikus è stizzito.
— Avevo detto che tutti avevano dovuto sedersi sulla panchina.
— Ma commissario, — il barista si giustifica — non c’era spazio per tutti. La panchina è troppo corta.
— Mi sembra di sentire le lamentele di un allenatore di calcio… va bene, non importa. Andremo avanti lo stesso. — fa una pausa scenica per aumentare la tensione — Siete tutti qui perché siete sospettati di aver spedito in stato catatonico Marcello de Vultris con una serie di insinuazioni e insulti basati unicamente sul nome di famiglia che porta e non sulla sua persona. — il pubblico protesta mugugnando — All’inizio io e la mia assistente Veronika Sapientini pensavamo che era colpa di tutto il paese… e non avevamo tutti i torti, perché siete tutti colpevoli per le dicerie a carico del de Vultris, ma poi alcuni indizi e alcune testimonianze ci hanno fatto pensare che ci sarebbe stato qualcuno in particolare dietro una reazione così violenta da indurre il de Vultris in uno stato catatonico… e dunque eccovi qua. — Veronika passa il blocco degli appunti al commissario — Ai piedi della vittima, abbiamo trovato un rosario con le iniziali “D.N.” che ci ha fatto subito pensare al qui presente don Nando. Nella nebbia di ingiurie dove abbiamo trovato la vittima c’era un forte odore di caffè: come non pensare al bar del paese, vero signor Donato?
— Ma tutti bevono caffè!
— Giusta osservazione, signor Donato. Infatti la terremo in considerazione. Inoltre la vittima aveva una macchia rossa sulla camicia, che poteva essere di vino o di sugo, ma le analisi hanno confermato essere salsa di pomodoro… come quella che lei signora Donatella stava facendo bollire in pentola. — il commissario alza subito la voce come per sovrapporsi a quella della donna — Tutti sanno cucinare una pasta al pomodoro… era questo che stava per dire, vero signora? — la casalinga non dice nulla — Poi scopriamo che don Nando ha perso il suo rosario, il che lo pone in cima alla lista dei sospettati, ma non fuma, il che lo scagiona parzialmente, considerato che ci sono dei mozziconi di sigaretta sul corpo di de Vultris. Mozziconi che potrebbe aver messo lui stesso per sviare le indagini. Infine le tasche della vittime erano piene di briciole di pane e penso di nuovo al barista; de Vultris aveva i capelli tagliati da poco e penso alla parrucchiera; c’era una ciocca di capelli lunghi castani e ricci, che mi fa pensare nuovamente alla casalinga e alla parrucchiera, escludendo il barista… non, però, se consideriamo che i due hanno una tresca amorosa!
— Devota! — la voce di don Nando interrompe le grida di stupore — Mi meraviglio di una devota come te!
— Lo so, mi spiace, don, ma la carne è debole! — la parrucchiera è in lacrime, mentre il barista sorride compiaciuto di se stesso — Quanti atti di dolore fanno?
— Non è ancora tempo di confessioni… — il commissario riprende il discorso — Quindi, siete di nuovo tutti in corsa. Poco fa, però, ho ricevuto un’informazione molto interessante dalla domestica di don Nando. — tutti tendono le orecchie — Ricordate il rosario smarrito dal prete? Bene, non è stato perso. È stato prestato: dalla perpetua Perpetua a chi? Donato a Donato, a Donatella, oppure alla devota Devota?
La tensione è allo spasimo e Grammatikus dà il colpo di grazia.

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Sì, lo so, questo pezzo potrebbe tranquillamente stare nella rubrica “Kissenefrega”… prendetelo come una sottocategoria letteraria!

giovedì 14 giugno 2018

PROMOZIONE – Estratto da “I casi del commissario Grammatikus” – parte 2 di 3


Oggi vi propongo un estratto dal mio libro “I casi del commissario Grammatikus”, un giallo comico diviso in sei racconti. Vi presento il secondo estratto dal primo caso: “Nominativo”.

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Sì, lo so, questo pezzo potrebbe tranquillamente stare nella rubrica “Kissenefrega”… prendetelo come una sottocategoria letteraria!

Nominativo – parte 2
La coppia si dirige subito in canonica. Accolti dalla perpetua Perpetua riescono subito ad interrogare il prete.
— Siete qui per confessarvi, cari fedeli?
— No, don Nando. Siamo qui per farla confessare!
— Non capisco… di che cosa state parlando?
— Ci potrebbe mostrare il suo rosario, per cortesia?
— Certo, — il prete si alza e apre un cofanetto che tiene vicino alla scrivania — lo tengo sempr…
— Che cosa c’è, don Nando? Forse non trova più il suo rosario con le iniziali “D.N.”? — il prete annuisce — Forse perché l’ha perso da qualche parte? Magari ieri sera?
— …non capisco, io… io…
— Sto parlando del caso del signor Marcello de Vultris, che da ieri sera è in stato catatonico dopo tutte le chiacchiere di paese piovutegli addosso a causa del suo nome di famiglia.
— Oh, poveretto! Era una pecorella smarrita che andava riportata nell’ovile, ma non certo in questo modo brutale, io non capisco che cosa io poss…
— Non faccia il santarellino. Sappiamo che lei è sempre stato molto attivo contro gli atei. — Don Nando si ammutolisce — Dia la descrizione del suo rosario alla mia assistente, lo confronteremo con quello ritrovato sul luogo del delitto.
Il commissario Grammatikus si liscia i baffi: se le descrizioni dovessero combaciare il caso sarebbe chiuso. Il commissario non indovina un congiuntivo, ma azzecca tutti i casi.
Il cellulare del commissario, però, squilla: è uno della squadra speciale. Grammatikus annuisce, si posa il sigaro sulle labbra e poi riattacca.
— Veronika, lei fuma? — la ragazza scuote la testa — Neanche io… la vittima? — Veronika consulta gli appunti e fa cenno di no — E lei don Nando?
— Mai fumato in vita mia!
Grammatikus annusa la stanza e constata che in effetti non c’è traccia di odore di fumo.
— Questo lo controlleremo… — poi si avvicina all’orecchio di Veronika — credo che c’è un problema: spostando il de Vultris per portarlo alla perizia psichiatrica gli hanno trovato addosso dei mozziconi di sigaretta. Forse non è il prete l’uomo che stavamo cercando.
Il commissario e la sua assistente ritornano in piazza. Veronika Sapientini parla con i colleghi mentre Grammatikus passeggia per riflettere.
— Commissario, la squadra speciale ha raccolto un sacco di notizie utili: Marcello de Vultris aveva in tasca delle briciole di pane, un incarto di caramella, un foglietto con scritto “Astoria”, un bottone attaccato con un filo diverso da quello della sua camicia, una ciocca di capelli lunghi castani e ricci...
— Lui è moro, vero?
Veronika annuisce e conclude la lista.
— Inoltre aveva i capelli tagliati di fresco… probabilmente dal tardo pomeriggio di ieri. Infine, alcuni testimoni dicono di aver visto aggirarsi per la piazza verso le 22.03 di ieri sera le seguenti persone: la casalinga Donatella Narolli, orario insolito per la donna… il barista Donato Nato, lasciando il suo bar incustodito… e la parrucchiera Devota Nunziata, in giro di notte con marito e bimbi a casa.
— Hm, interessante. Andiamo a sentirli.
Girano l’angolo e sono già dentro il bar.
— Buongiorno commissario Grammatikus! — la voce del barista li accoglie.
— Come fa a sapere il mio nome?
— Le chiacchiere girano veloci in un bar di paese… — intanto si toglie il grembiule pieno di briciole e di macchie rosse di vino — e immagino anche che siate qua per de Vultris? Ecco, ieri notte ho lasciato il bar solo per qualche minuto per ritirare una consegna.
— A quell’ora?
— Ormai le consegne le fanno sempre in ritardo… sa, le fanno in treno!
— Ah… ci potrebbe dire di quali merci e di quale treno sta parlando?
— Devo ricontrollare tra i miei registri… comunque non capisco perché dovrei essere sospettato.
— Non abbiamo detto che lei è sospettato.
— E allora perché siete qua?
— Facciamo solo qualche domanda.
— Beh io non ho niente da nascondere e sono disposto a collaborare.
I poliziotti salutano il barista mentre escono dal locale. Con la coda dell’occhio Veronika nota che il barista manda un bacio al volo a una donna riccia seduta al tavolo vicino alla porta. Grammatikus riflette ad alta voce.
— Fin troppo preparato alle domande, vero Veronika? — L’assistente concorda — Certo, la ciocca di capelli nel suo caso — il commissario indica la pelata del barista — non c’entra molto.


Dopo il bar è il turno della casalinga, che abita non lontano dalla piazza. La signora Narolli sta cucendo in cucina, sul tavolo ci sono delle carte da briscola, una rosario di perle bianche, della pasta fatta in casa adagiata con ordine, un fiasco di vino nostrano, una tazzina di caffè appena bevuta e sul fuoco una pentola col sugo bollente. La casalinga riccioluta invita gli ospiti a sedere e si accende una sigaretta.
— Vorremmo farle qualche domanda: immagino lei ha sentito quello che è successo in paese ieri sera?
— Sì, è una cosa terribile!
— Già. Lei cosa ci faceva in giro alle 22.03?
— Ieri sera? — La domanda non sembra coglierla di sorpresa — Aspettavo mia figlia diciottenne che stava tornando in ritardo dal suo primo appuntamento con il suo, diciamo, ragazzo.
— Sembra risentita. Chi è il, diciamo, ragazzo?
— Non lo so, non l’ho ancora conosciuto, ma dalla descrizione di mia figlia non ne ho una bella impressione.
— Capisco. Dov’è sua figlia ora?
— È a scuola, perché?
— Vorremmo fargli delle domande.
Farle delle domande, commissario, — Veronika bisbiglia all’orecchio di Grammatikus — è una ragazza!
— La signora non è così giovane da essere chiamata ragazza!
Dopo aver risposto bisbigliando alla collega, Grammatikus continua a voce alta.
— Dovremo fare ulteriori domande anche a lei. Non lasci il paese oggi. Almeno fino a quando le indagini non saranno concluse.
— E dove vuole che vada? Io vivo qua. Sapete dove trovarmi.
Mentre escono e si dirigono verso il bar del paese, a Veronika scappa un commento.
— Sin troppo tranquilla, vero commissario?
Il commissario riflette e non dice niente. Il negozio della parrucchiera, l’ultima sospettata da tenere sott’occhio, non dista molto da lì. La quarantenne che gestisce l’attività sta spegnendo una sigaretta, ha visto la polizia ma finge di non averla notata, s’infila velocemente nel negozio e gira il cartello con la scritta chiuso, sperando che la polizia non voglia andare proprio da lei. Grammatikus e Veronika si guardano sorpresi, sentendosi un po’ presi in giro. Ora che Veronika ha visto la parrucchiera si è accorta che è la stessa donna riccioluta che riceveva le moine dal barista una mezz’oretta fa. Il commissario fa un passo deciso verso la porta e bussa sul vetro.
— Signora Nunziata, apra. L’abbiamo vista entrare e chiudersi dentro! Apra.
Dopo un minuto la parrucchiera apre timidamente la porta e si scusa.
— Non pensavo foste diretti qui e io devo rifare l’inventario. Sa è una cosa che faccio ogni mese… l’inventario, non il chiudere la porta in faccia alla polizia. Questa era la prima volta che lo facevo… cioè, non che volessi sbattervi la porta in faccia e che ero in pausa… no, dovevo fare l’inventario, come ho detto poco fa e quindi, per fare l’inventario bisogna poter ess…
— Sappiamo che cosa vorrebbe dire fare l’inventario. Conosciamo bene l’italiano. Noi, però, siamo qui proprio per lei. Iniziamo dalla vittima, il signor de Vultris, lo conosceva o lo avev…
— No!
— Non ho ancora finito la domanda. Non sia frettolosa. Allora, dicevo, lei dunque non conosceva la vittima?
— No!
— Quindi non gli ha tagliato i capelli ieri?
— No… cioè sì… cioè no, non lo conoscevo… ma sì gli ho tagliato io i capelli ieri… però questo non vuol dire che lo conoscessi. Perché per quanto farsi tagliare i capelli possa essere considerato un gesto intimo, non lo è così tanto da poter dire di conoscere una persona… o no?
— Va bene… passiamo alla prossima domanda: un vecchietto del bar sostiene di averla vista ieri sera aggirarsi per la piaz…
— Quel vecchietto si sbaglia. Quel vecchietto beve sempre troppo. Quel vecchietto dovrebbe passare più tempo all’ospizio che a giocare a carte al bar con gli altri vecchietti!
— Come fa a sapere di che vecchietto stiamo parlando?
La domanda la coglie impreparata.
— Beh… volete un caffè? Vuole da accendere, commissario?
— No, niente caffè e no, io non fumo, grazie. Risponda alla mia semplice domanda invece.
— Hm… perché… perché… eh… perché è sempre lo stesso vecchietto che s’inventa sempre le solite buffonate.
— Quindi lei non era in giro in paese alle 22.03 di ieri sera? Magari se chiediamo in giro, troviamo qualcun altro che potesse confermare la versione del vecchietto del bar…
— Hm… — la parrucchiera sembra cedere — e va bene! Ieri sera ero in giro per “locali” per cercare ispirazioni e idee per nuove capigliature tra i giovani del paese... considerato che l’unico, per così dire, locale del paese è il bar, ero dunque là, ieri sera.
La parrucchiera è già alla terza sigaretta dall’inizio della conversazione. Il commissario decide di lasciarla così per il momento, anche se non è del tutto convinto. Poi lui e la Sapientini tornano verso la piazza.
— Fin troppo nervosa, vero Commissario?
Il commissario non può far altro che annuire.
— Il caso si fa più complicato di quanto pensai!
— …magari pensassi!
— Vuole insinuare che non penso? Lei mi offende, Veronika… e mi da pure del tu?
— No, commissario, mi ha frainteso — l’assistente si scusa subito balbettando — intendevo dire “più complicato di quanto pensassi” non “pensai”!
— Ah, certo, certo! Fatto sta che non sappiamo ancora chi di loro quattro è stato, perché non ho ancora escluso don Nando.
Appena il commissario finisce la frase, si vede arrivare in lontananza Perpetua, la perpetua del prete paesano. Veronika commenta ironicamente.
— Parli del diavolo e spuntano le corna…
— Buongiorno commissario! Buongiorno agente Sapientini! — i poliziotti contraccambiano il saluto — Ieri ho visto che stavate cercando il rosario in perle bianche del don.
— L’ha trovato?
— No, ma credo di sapere dove sia: al rosario di stamattina c’erano ben sette fedeli presenti, un successo vista la crisi spirituale degli ultimi anni. Il don era talmente felice per tutta quella gente da non accorgersi che io mi ero presa la libertà di prestare il suo rosario a qualcuno in chiesa che lo aveva dimenticato.
— A chi?
— Purtroppo non lo ricordo, c’era troppa confusione e poca luce. Mi spiace non poter aiutare di più.
Il commissario prima sembra deluso poi capisce e il suo sguardo s’illumina.
— Cara Perpetua, lei è stata di grandissimo aiuto invece: sono sicuro che ora non servono più ulteriori indizi! — poi Grammatikus si rivolge a Veronika — Faccia convocare in piazza i quattro sospettati e li faccia sedere sulla panchina incriminata.

CONTINUA NEL PROSSIMO POST…

martedì 12 giugno 2018

PROMOZIONE – Estratto da “I casi del commissario Grammatikus” – parte 1 di 3



Oggi vi propongo un estratto dal mio libro “I casi del commissario Grammatikus”, un giallo comico diviso in sei racconti. Vi presento il primo estratto dal primo caso: “Nominativo”.

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Nominativo – parte 1
Davanti allo specchio, con il mento e le guance spalmate di schiuma da barba, il commissario Grammatikus ha in mano un rasoio. Si mette leggermente di lato e tende il viso mentre avvicina la lama alla pelle. Con quattro colpi precisi per lato della faccia, il commissario si rade tutto il volto ad eccezione dei suoi folti baffi neri. Si ricontrolla osservandosi allo specchio e nota che una piccola parte della barba non è stata rimossa. Riprende in mano il rasoio e prepara la mossa calcolata. La lama è ora a contatto con la pelle. Grammatikus imprime forza sul manico del rasoio e sta per completare il movimento. In quel preciso istante, all’improvviso, si sente lo squillo del suo cellulare. Il commissario perde la concentrazione, il manico del rasoio gli sfugge di mano e la lama gli procura un taglio a livello della mandibola. Quella che Mario Bernotti, l’inquilino del sesto piano, sente molto limpidamente è l’imprecazione del commissario. Grammatikus si ricompone subito e risponde al telefono.
— Chi mi osa disturbarmi mentre mi faccio la barba?
— Mi scusi commissario, sono io, Veronika!
— Ah, è lei Veronika. — la voce del commissario si addolcisce — Beh, insomma, che cosa vuole? — si addolcisce un po’, ma mai troppo.
— Hm… c’è stato un… come dire… qualcosa che non è un omicidio ma che se ne avvicina molto!
— Eh? Di che si tratta?
— Non saprei spiegarglielo… quando l’ho visto sono rimasta senza parole.
— Dove? Arrivo subito al commissariato.
— No, commissario. Non vada in ufficio. Venga a San Genoveffo al Carmo.


Tempo di medicarsi la guancia e Grammatikus è già in auto col suo sigaro in bocca sotto i folti baffi neri, in direzione del piccolo paese di provincia. La campagna è stupenda, immersa nei mille colori autunnali di quella soleggiata giornata d’ottobre. Il commissario sembra, però, non accorgersene, immerso nei suoi pensieri. Dopo una mezz’oretta di viaggio, il cartello di benvenuto a San Genoveffo accoglie il commissario. Il luogo del delitto è in centro. Il commissario esce dalla macchina e si dirige verso i suoi colleghi. Veronika Sapientini lo avvicina in fretta.
— Salve commissario! Deve venire subito in piazza a vedere… — poi s’interrompe osservando Grammatikus — ...cos’è quel cerotto?
Grammatikus si toglie il sigaro di bocca e squadra Veronika compiaciuto.
— Lei è un’ottima osservatrice, Veronika! Sotto il cerotto c’è una ferita che mi sono procurato tagliandomi con il rasoio. Pultroppo non è facile radersi quando qualcuno ti disturba con una telefona all’improvviso…
Un po’ in imbarazzo Veronika suggerisce a bassa voce al commissario.
— Si dice “purtroppo”, non “pultroppo”…
— Oh, che differenza vuole che fa?
— Hm… faccia, non… va beh, lasciamo stare… venga con me, commissario. Deve vedere cosa è successo alla vittima.
I due poliziotti si avvicinano al centro della piazza dove ci sono due metri cubi di fittissima nebbia.
— Nebbia? Con questo sole?
— No, commissario, questa non è semplice nebbia. Deve vedere con i suoi occhi.
Il commissario è perplesso, ma si fa guidare all’interno della nebbia dalla sua assistente. All’interno si trova la vittima di questo singolare incidente: un ragazzo sulla trentina seduto su una panchina. L’uomo è in stato catatonico: non parla, non si muove e fissa il vuoto davanti a sé.
— I paesani l’hanno trovato così stamattina. — chiarisce Veronika — Probabilmente è qui da almeno ieri sera.
— Cosa l’ha indotto in questo stato?
— Le sente queste voci di sottofondo?
Grammatikus aguzza le orecchie e solo in quel momento si rende conto che quel paio di metri cubi non è formato da vapor acqueo, ma da frasi bisbigliate, sparse e diffuse nell’aria in una mescolanza indecifrabile ad orecchio nudo.
— Hm, ne uccide più la lingua che la spada. Avete fatto analizzare il contenuto?
— Abbiamo mandato una registrazione alla centrale e il risultato dovrebbe arrivare a momenti.
— Chi è la vittima? — chiede il commissario mentre i due escono dalla nebbia di parole.
— Si chiama Marcello de Vultris, 32 anni di San Genoveffo al Carmo.
— Cosa sappiamo sul suo conto?
— Che è al verde.
— No, intendevo dire, cosa sappiamo su di lui in generale.
— Che è al verde! La sua famiglia era molto ricca, ma suo padre ha sperperato tutto il patrimonio con il gioco d’azzardo negli ultimi anni. Suo nonno, un partigiano durante la seconda guerra mondiale, ha lasciato la moglie e figli per scappare con una tedesca nazista: doppio tradimento dunque. Sua madre è una fervente atea e ha cresciuto il de Vultris con questi principi.
— Ottimo riassunto!
Mentre Veronika arrossisce e il commissario si riporta il sigaro alla bocca, arriva il collega Lars Svensson, di chiare origini svedesi.
— Buonggiorno Komisario! Buonggiorno Veronica! Ke bela Italia! Kose bele da vedere sempre… gvarda che campania con tuti qvesti…
Il commissario lo interrompe irritato.
— Vai al punto Lars!
L’agente Svensson vede il sigaro del commissario e chiede timidamente.
— Vuole acendere?
— No, grazie, io non fumo! — e si toglie il sigaro spento dalla bocca —Ti ho detto di andare al punto!
— Hm, ja. — rimane un po’ basito ma prosegue — Sono arivate le analysis dalla centrale: sembra ke le frasi konfusse e sparpaliate non siano altro ke cativerie, pettegolezzi, chiaccere, insinuazioni… dicerie di paese insoma.
— Ma chi ci hanno mandato? Uno che non sa neanche l’italiano? Pensano che io sono l’ultimo arrivato?
Grammatikus cerca di dirlo sottovoce alla sua assistente, ma viene sentito chiaramente anche da Lars Svensson che si incupisce. Poi il commissario prosegue a voce alta.
— E qual è il contenuto di queste dicerie?
L’agente Svensson non ha più il coraggio di parlare e schiaccia semplicemente il tasto di un registratore portatile dal quale esce una voce metallica che non dà la possibilità di rintracciare il proprietario: “…è un de Vultris, che cosa ti aspetti da lui? …è un fannullone come suo padre… è un traditore come suo nonno… non andrà da nessuna parte… come ci si può fidare di uno che non crede in Dio… io non lo invito… non fissarlo, girati dall’altra parte… guardalo come beve, sembra un disperato… e con quali soldi si è comprato quella giacca? …ho sentito dire che si droga anche… no, no e poi no: mia figlia non può uscire con uno come lui… con che coraggio si fa ancora vedere in giro? …meglio non frequentare certa gente…”
Veronika scrive tutto sul suo blocco degli appunti ed interviene presa dall’entusiasmo.
— Quindi, se mi permette commissario, ripensando al cognome e alla storia di famiglia che si porta dietro, le dicerie sono state come delle piccole dosi di veleno che hanno, per così dire, ucciso il de Vultris.
— Capisco. Quindi assumo che è colpa di tutto il paese… e non si può accusare tutto il paese, vero? Il caso è dunque chiuso, Veronika! Ottimo lavoro, torniamo alla centrale.
Veronika rimane un attimo in silenzio, ma non molla. Il commissario sta già camminando verso la macchina, ma lei lo ferma.
— Commissario, lei assume bene che la colpa sia di tutto il paese, ma io credo che qualcuno sia più colpevole di altri. — Grammatikus solleva un sopraciglio incuriosito e lei chiarisce — la nostra squadra speciale ha trovato qualche indizio, tra cui…
— …un forte odore di caffè, vero? — l’assistente annuisce — L’ho sentito subito.
— Non solo, commissario, non solo. Per questo il caso non è chiuso. Venga a vedere.
Il commissario e la sua assistente rientrano nella nebbia di parole. La vittima ha una macchia rossa all’altezza del cuore.
— Sangue?
— No, sugo. — sostiene Veronika — Secondo una mia prima analisi.
— Se sarebbe sugo fa pensare a qualcosa di fatto in casa, ma potrebbe anche essere vino rosso… quel tipico vino rosso da osteria, una delle tante che si trovano da queste parti.
Veronika non ci aveva pensato e prende frettolosamente appunti.
— C’è di più… infatti se il de Vultris sarebbe ateo non avesse un rosario di perle turchese con incise le iniziali “D. N.” ai suoi piedi, vero? Ma noi sappiamo con certezza che la vittima è un fervente ateo… quindi il rosario appartiene a qualcun altro. Un prete, ad esempio! “D.N.”… hm, come si chiama il prete del paese?
— Don Nando! — esclama Veronika consultando i suoi appunti.

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