mercoledì 29 marzo 2017

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: episodio 7

NELLE PRECEDENTI PUNTATE. Il progetto di water di Maria Maccheroni della Sanit scritto sotto ricatto da parte di Franz Schneider, viene rifiutato dalla Sanide della famiglia Krauten e lanciato fuori dalla finestra in forma di aeroplano finendo per sbaglio nell’ufficio di Giuseppe Maccheroni. L’aeroplano viene stracciato, ma Mario Maccheroni lo recupera e chiede consiglio sul da farsi a sua moglie Monica. In quel momento giunge Maria Maccheroni, che mal interpretando le parole dei due crede che il suo involontario tradimento sia stato scoperto e… [Ha vinto la scelta A]

Maria non risponde alla domanda di Monica e guarda per terra in imbarazzo. Monica allora ripete. «Sapere cosa?».
«Non c’è niente da sapere sulle corna… no, no… proprio niente… a parte il fatto che sono usati come amuleto contro la sfortuna… oppure usate dai cervidi come arma per sconfiggere un concorrente in amore… oppure ancora come strumenti musicali usati principal…»
«…oppure è anche un modo di dire per indicare il tradimento!» Monica ha un tono incalzante.
«Tradimento? No… che dici? Io parlavo dei corni e delle corna… non ho mai nominato il tradimento. No!» Maria Maccheroni è visibilmente in imbarazzo.
Suo fratello Mario non sembra accorgersi di niente e continua a tenere stretto in tasca il progetto di water e prende la parola. «Ma che cosa stai dicendo, Maria? Ora non abbiamo tempo di parlare di queste cose… e poi, che cosa c’entra adesso? » Poi Mario si decide e si fa ancora più serio. «Ora dobbiamo parlare di un’altra cosa: qualcosa di molto importante!»
Maria deglutisce. «Quindi non parliamo di tradimenti?»
«Ma no! Smettila con questa storia.» Mario estrae il foglio accartocciato con il disegno del vaso sanitario e lo distende sul tavolo. A Maria gela il sangue, ma Mario non nota neanche questo e guarda concentrato il foglio. Poi si passa la mano tra i capelli. «Non so da dove cominciare…»
Maria lo interrompe subito. «Non vorrai mica dirmi che pensi che il progetto sia stato scritto da me?» Mario e sua moglie Monica si guardano smarriti. «No, perché non è mio… sia chiaro!»
Dopo queste affermazioni strampalate di Maria Maccheroni in casa cala il silenzio. Alla fine Mario capisce. «Quindi è vero: questo progetto è tuo!»
Maria è stupita e sconvolta, ma confessa. «Sì, è mio! Ma come hai fatto a scoprirlo?» Mario e Monica si guardano di nuovo smarriti. «Ma non penserai mica che l’ho scritto per Franz Schneider, marito di Thilde Krauten, sotto ricatto dopo essere andata a letto con lui?» I due interlocutori hanno gli occhi sbarrati e Maria cerca di rimediare. «Perché non è affatto vero! Non ho fatto niente del genere… no!»
Monica non crede alle sue orecchie. «Che cosa? Hai tradito Carlo con un Krauten?»
«Oh mio dio… avete capito anche questo? Si vede proprio che sei psicologa Monica…»
Mario non si capacita di questa notizia e chiede chiarimenti. «Ma come è possibile?»
«Non lo so… non volevo… è stato un errore! Io sono felice con Carlo e non volevo andare a letto con Franz. È stato un errore!»
«Un errore? Dicono tutti così… piantala»
«Ma no… è stato davvero un errore: un sera tornavo stanca dal lavoro e… e quei maledetti Krauten hanno comprato casa nel palazzo di fronte al nostro e… sai la mia solita distrazione… così ho sbagliato palazzo. La porta di casa era aperta come al solito, perché Carlo sa che perdo spesso le chiavi e lascia la porta aperta… poi in camera non ho acceso la luce per non disturbare e volevo fare una sorpresa a Carlo… solo che non era Carlo, ma Franz Schneider!»
A Monica e Mario ci vuole un minuto abbondante per digerire lo shock. Poi Monica chiede stupita e balbettando. «Ma… ma come… come hai fatto a non accorgerti quando… quando… sì insomma… quando eravate a letto assieme?»
Maria Maccheroni è imbarazzata. «Beh, sai… è un po’ che io e Carlo non lo facciamo e io… me ne ero dimenticata!»
«E neanche Franz se n’è accorto?»
«Lui non ha opposto resistenza… ha cavalcato l’onda dell’equivoco! Devo ammettere che è bravo. Poi però quello stronzo non si è accontentato del sesso e mi ha ricattato per mantenere il segreto.»
«Maledetto!» Mario Maccheroni esplode d’ira. «Tutto questo è assurdo. Quell’uomo ce la pagherà! Non può passarla liscia.» Mario si alza di colpo e s’infila il progetto di water in tasca.
«Stai calmo Mario!»
«No! Non sto calmo. Quell’uomo è un bastardo! Ora se la vedrà con me!»
«Dove vai? Non fare stupidaggini!»
La preghiera della sorella non fa effetto. Mario ha già sbattuto la porta e se n’è andato.

Mario Maccheroni è al numero 26 di Birger Jarlsgatan. Sale in fretta le scale fino all’ultimo piano. Gira a destra ed è ora ansante di fronte ad una porta. Gli occhi sono ancora rossi di rabbia e l’adrenalina scorre a mille nelle vene. Si ferma un secondo per riprendere fiato e la concentrazione e poi suona il campanello. È impaziente e suona di nuovo… e ancora… e ancora… finché non tiene il dito schiacciato sul campanello. Dopo un paio di secondi arriva qualcuno di corsa e apre di scatto la porta.
«Ma ki diafolo è a fare tutto qvesto pakkano?»
«Lei è Franz Schneider?»
«Zi. Ki mi tesitera?»
«Io mi chiamo Mario Maccheroni… fratello di Maria Maccheroni!»
«Ah… kapizko!» Franz non riesce a trattenere un ghigno che bene presto sparisce.
Mario infatti fa un passo avanti, entrando di prepotenza in casa e senza pensarci su due volte bacia sulla bocca Franz Schneider.
Cosa succederà dopo?

A. Franz reagisce male, si stacca da Mario e gli rifila un pugno nei denti.

B. Franz reagisce bene e non oppone resistenza al bacio di Mario.

C. Franz è sconvolto e non riesce a staccarsi dal bacio. In quel momento arriva sua moglie Thilde Krauten.


Avete una settimana di tempo per votare una delle tre alternative con un commento alla fine di questo episodio sul blog, su Facebook, oppure scrivendomi su Twitter (@robriva82). Vi basterà scrivere “A”, “B” o “C” per votare.

martedì 28 marzo 2017

PROMOZIONE – TEATRO Manca poco

Paura, eccitazione, ansia, gioia, aspettative, ricordi, fatiche, risate, impazienza, tranquillità... tutto questo e altro a solo due settimane dello spettacolo. Tutto per godersi da dietro il sipario calato il pubblico che scalpita e parlotta in attesa dell’inizio, mentre la tua adrenalina sale a mille. Tutto questo solo per un paio d’ore di gloria impareggiabili e magari qualche applauso e complimento. Tutto questo e altro dietro l’angolo di un battito di ciglia. Perché si sa, il tempo vola.
Harvey, dunque… e Harvey sia: commedia di Mary Chase che i “Varför inte”, compagnia teatrale in italiano di cui faccio parte come membro fondatore dal 2009, metteranno in scena il 6, 7 e 8 aprile 2017 al Teater tre di Södermalm a Stoccolma. Esatto, proprio lui, Harvey… proprio a teatro. Come fare per riuscire a vederlo? Beh, intanto cominciate a conoscerlo meglio leggendo la sua descrizione:


Poi magari leggete qui (http://www.varforinte.net/noi) chi cercherà di acchiapparlo o di difenderlo in scena!
A presto!


Sì, lo so, questo pezzo potrebbe tranquillamente stare nella rubrica “Kissenefrega”… prendetelo come una sottocategoria teatrale!

domenica 26 marzo 2017

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: Istruzioni per l’uso e albero genealogico

Più scrivo e più mi rendo conto che senza di voi lettori io scrittore non sono niente. Anche se non mi leggesse nessuno, scriverei lo stesso perché mi piace troppo, ma senza i miei lettori sarebbe tutto più noioso. Ho quindi pensato di coinvolgervi con “Soup opera – un minestrone di emozioni”.

Che cos’è? È una parodia di una Soap opera in forma di brevi racconti, nella quale il pubblico può decidere come far proseguire la storia.
Come? Alla fine dei racconti, presenterò tre possibili alternative (A, B e C) per far continuare la storia nell’episodio successivo.
Dove? Potrete votare una delle tre alternative con commento alla fine di ogni episodio sul blog; commentando il post dell’episodio su Facebook; oppure scrivendomi su Twitter (@robriva82). Vi basterà scrivere “A”, “B” o “C” per votare.

Quando? Avrete una settimana per votare, dopodiché continuerò a scrivere la storia in base all’opzione più votata (in caso di parità sceglierò io).

Qui l'albero genealogico delle due famiglie coinvolte:

giovedì 23 marzo 2017

FAVOLE MALRIUSCITE – La finale

C’era una volta un calciatore con molto talento e tanta passione per il calcio. Negli anni aveva avuto molte possibilità di diventare un grande giocatore ma per colpa d’infortuni e pessimi procuratori che pensavano più ai propri interessi che ai suoi non riuscì mai a fare il salto di qualità che avrebbe meritato. Rimase, dunque, per molte stagioni una grande promessa purtroppo mai esplosa. Arrivò, però, il giorno della riscossa anche per lui. Trovò un procuratore fidato, la salute non gli voltò le spalle e finalmente venne ingaggiato dalla miglior squadra del campionato del suo Paese. La sua stagione andò un po’ ad alti e bassi: partì sempre dalla panchina, fece qualche gol e qualche buona prestazione ma non riuscì mai a convincere del tutto l’allenatore. L’annata andò avanti su questi binari finché si arrivò alla partita più importante della stagione: la finale della Coppa Continentale. La sua squadra si era guadagnata la finale con delle ottime partite contro degli avversari di grande valore. Dopo il primo tempo, la sua squadra era purtroppo in svantaggio per 1 a 0 nonostante avesse giocato meglio. Il nostro calciatore, però, era ancora seduto in panchina ad aspettare la sua occasione. Nel secondo tempo i suoi compagni fecero un grosso sforzo e riuscirono a pareggiare. A dieci minuti dalla fine il risultato era ancora bloccato sull’1 a 1 senza che nessuna delle due squadre spingesse troppo per la vittoria, in attesa dei supplementari. Il nostro calciatore fremeva dalla voglia di entrare in campo e di dimostrare il suo valore all’allenatore, alla squadra e ai tifosi. Chiese più volte di poter entrare e dopo tanta insistenza il mister lo accontentò a cinque minuti dalla fine. Alla prima azione utile ricevette palla sulla trequarti, scartò un avversario e poi ne dribblò un altro fino a ritrovarsi solo davanti alla porta. Quando stava per tirare un difensore gli fece fallo da dietro: rigore! Non c’erano dubbi. Ora mancava un minuto alla fine dei tempi regolamentari. Il capitano goleador della squadra si avvicinò alla palla pronto a calciare il rigore. Il nostro calciatore, però, era sicuro di sé e voleva calciare lui il rigore, visto che se l’era procurato da solo. La sua sicurezza e il suo sguardo deciso convinsero i compagni di squadra: avrebbe tirato lui. Allora mise la palla sul dischetto, diede uno sguardo di sfida al portiere avversario, prese la rincorsa, partì e calciò il rigore spiazzando il portiere. La palla, però, finì clamorosamente alta! Il nostro calciatore aveva sbagliato il rigore. Subito dopo l’arbitro fischiò la fine del secondo tempo. Ai supplementari la sua squadra perse per un gol degli avversari a un minuto dalla fine della partita e perse la finale delle Coppa Continentale. Durante il calciomercato estivo la società cedette il nostro calciatore a una squadra di categoria inferiore e lui finì la carriera senza mai riuscire a esprimere il suo valore.
Fine della storia: ora a letto, figlioli!

martedì 21 marzo 2017

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il custode del cimitero delle facce da culo

Come precedentemente promesso, mi accingo a raccontarvi la leggenda del custode del cimitero delle facce da culo. A differenza del custode del cimitero dei regali inutili che deve correre a prendere un regalo diverso ogni volta, questa creatura mitologica non ha bisogno di fare tutto questo moto per svolgere il suo onesto lavoro perché deve consegnare sempre lo stesso tipo di prodotto che tiene in molteplici copie sotto il suo mantello. Infatti, il suo lavoro consiste nel recapitarvi sempre la stessa espressione: la faccia da culo. Questo personaggio agisce in modo rapido sul vostro sistema neuroendocrino, stimolando ghiandole e sistemi sottocorticali del cervello, inibendo invece i processi cognitivi più alti del lobo frontale, che portano a delle tipiche conseguenze: cali del tono di voce, pause dilatate a dismisura tra una parola e l’altra, ripetuti rumorosi schiarimenti di voce, spreco improprio d’inutili locuzioni quali “eh” e “hm”, corrugamento della fronte, rapidi movimenti oculari in cerca di metaforiche boe di salvataggio dalla situazione incresciosa, copiose sudorazioni ascellari e delle mani, rossore in volto e l’immancabile tachicardia. Letta così sembra una malattia, ma vi assicuro che non lo è. È semplicemente l’ottimo operato del custode del cimitero delle facce da culo che agisce con rapidità e solerzia più spesso di quanto crediate, spesso quando meno ve lo aspettate. Questo personaggio, aggrappato come una carogna sulla vostra schiena, vi porge gentilmente una faccia da culo ogni volta che avete dovuto fingere entusiasmo per un regalo brutto, ogni volta che avete cercato scuse banali per giustificare un ritardo, ogni volta che a scuola vi hanno interrogato impreparati, ogni volta che vi ha fermato la pattuglia dei carabinieri, ogni volta che il vostro partner vi ha beccato a guardare qualcun altro con eccessiva ammirazione, ogni volta che vi siete dimenticati un compleanno o un anniversario, ogni volta che all'estero avete fatto un commento cattivo in italiano pensando erroneamente di non essere capiti, ogni volta che avete detto una stupidaggine e siete stati smascherati, ogni volta che vi hanno preso con le mani in pasta (ma non era un corso di cucina)… la lista potrebbe essere più lunga ma credo che mi abbiate capito. Credo anche che a molti di voi sia successo spesso d’indossare questa maschera. Personalmente a me capita spesso quando mi rivolgono la domanda: perché hai deciso di scrivere così tante boiate in questo blog? Hm… … eh… hm… dunque, dicevo… hm…

Caronte: traghettatore del fiume Acheronte nell'Ade.

giovedì 16 marzo 2017

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il frainteso

Anche quest’estate me ne vado al mare sulle nostre coste adriatiche. Come sempre è pieno di turisti tedeschi che quando sono a casa loro sono perfetti e puliti, poi, però, quando vengono da noi fanno un macello, sporcano e insozzano tutto, lasciando a noi italiani sia l’onere di ripulire sia l’onta dello stereotipo dei maleducati. Non fraintendetemi, io non ce l’ho con i tedeschi, anzi è gente onesta e ordinata, perché loro fanno un po’ di confusione solo durante il fine settimana della Pentecoste e anche perché poi in realtà chi incasina di più il nostro paese sono gli extracomunitari. Questi vengono qua solo a mangiare il kebab per strada, lasciando ovviamente le cartacce per terra. In fondo non è neanche giusto prendersela con loro, non mal interpretate quello che vi scrivo, perché siamo noi italiani che in realtà abbiamo i soldi per mangiarci il kebab e quindi sporcare in giro e anche perché gli extracomunitari arrivano qua da situazioni disperate cercando fortuna. La colpa va invece ricercata nella classe politica incapace di trovare soluzioni efficaci a questi grossi problemi che affliggono il paese. Da anni vige un immobilismo decisionale cronico nella stanza dei bottoni, sia a destra sia a sinistra, col fatto che c’è sempre da mangiare in parlamento. Ora, non voglio dire che sia solo colpa dei politici, non equivocate le mie frasi, perché poi si sfocia in un facile qualunquismo, tipico della frangia più radical chic. Che poi, detto tra noi, sono proprio loro il problema di questo paese: borghesi arricchiti che non guardano al di là del loro naso e dei loro interessi. Sempre col dito carico da puntare verso il responsabile di turno, ovviamente dal punto di vista dei loro occhi immacolati. No, scusate, ora che rileggo, non vorrei essere travisato perché questi “borghesotti” sono spesso quelli che non hanno avuto il coraggio di restare in Italia, ma hanno deciso di emigrare all’estero in cerca di opportunità migliori, come se il loro paese non fosse degno delle loro grandi e nascoste capacità. Come se solo altre nazioni, ovviamente migliori dell’Italia, potessero accoglierli e saperli sfruttare al meglio. C’è da dire, però, che spesso le istituzioni italiane ci hanno messo molto di loro per costringere così tanta gente istruita a cambiare aria. Però scritta così si stravolge un po’ il mio pensiero e non era certo mia intenzione dare la colpa della rovina dell’Italia a chi è stato costretto a lasciarla a malincuore per ottenere i giusti riconoscimenti al proprio duro lavoro. In fondo, dunque la colpa è di tutti noi italiani, non esclusivamente degli stranieri, delle classi governanti, degli opinionisti, degli emigrati all’estero, ma di tutti noi. Oh, io ci ho provato a rimediare, ma a ogni frase sono andato peggio e alla fine, ecco, offendo tutti per non offendere nessuno!

Pandora (vaso di): contenitore di tutti i mali che si riversarono nel mondo dopo la sua apertura.

martedì 7 marzo 2017

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: episodio 6

NELLE PRECEDENTI PUNTATE. Dopo essere andata per sbaglio a letto con Franz della famiglia dei Krauten, Maria Maccheroni della Sanit è ricattata e costretta a disegnare un progetto di water che Franz presenta alla ditta rivale Sanide. I Krauten rifiutano il progetto lanciandolo fuori dalla finestra in forma di aeroplano, che finisce nello studio dei Maccheroni dall’altra parte della strada. Un furioso Giuseppe straccia il progetto e lo getta nella spazzatura… [Ha vinto la scelta B]

Mario Maccheroni, nello studio a fianco a quello di Giuseppe, sta ancora ridendo della sfuriata del fratello, che nel frattempo è uscito. Tutta questa situazione surreale gli ha fatto dimenticare quello che stava per fare. Sa che era qualcosa d’importante, ma non ricorda. Mario allora cerca una distrazione e si siede alla scrivania, chiama il fattorino per far aggiustare la finestra che suo fratello Giuseppe ha rotto quando l’ha sbattuta e quando mette giù il telefono, si ricorda. Giusto, deve andare a fare fika (evento fondamentale in Svezia… più importante del lavoro stesso). Si alza con un sorriso tra le labbra. Per fare spazio a un kanelbulle (un dolce alla cannella… in Svezia si mette cannella ovunque) deve sputare la gomma da masticare che ha in bocca. Cerca una carta straccia, ma a parte i suoi documenti di lavoro, incredibilmente non trova niente. Pensa allora all’aeroplanino di carta appena stracciato nell’ufficio di Giuseppe e va a prenderne un pezzo. Ancora col sorriso sulle labbra, prende la carta dal cestino. L’aeroplano ha delle scritte, non è un semplice foglio bianco. Incuriositosi, Mario apre il foglio e scopre con enorme stupore il progetto di un water.
«Perché i Krauten l’hanno lanciato dal loro studio, privandosi di un ottimo progetto?» Pensa «È l’ennesima provocazione?» il sorriso di Mario diventa ben presto una smorfia «per fortuna che Giuseppe non l’ha visto. Si sarebbe arrabbiato ancora di più.»
In quel momento Giuseppe rientra in sede. Mario si agita e preso dal panico appallottola di nuovo il disegno e nella foga ingoia la gomma.
«Ho dimenticato il cappello… Mario! Che ci fai nel mio studio?»
«Niente… niente! Cercavo della carta per buttare la gomma… l’ho trovata.»
Mario si salva e Giuseppe esce di nuovo. Mario tiene stretto il progetto in tasca e un pensiero lo assale: «Eppure lo stile dei disegni sembra familiare…»
Con una tale preoccupazione non si può lavorare e Mario decide di uscire.

Mario Maccheroni corre a casa, dove lo accoglie sua moglie.
«Monica! Monica! Devi vedere questo.» Mario non aspetta molto per esporre il suo problema e srotola il disegno sulle gambe della moglie «Cosa ne pensi?»
«Direi che è ciò su cui sono seduta ora!»
Nella foga, Mario non si è accorto che Monica è seduta proprio su un water, intenta a fare pipì.
«Ah… scusa. Sì, hai ragione, è un water, ma dimmi di più. Tu che sei psicologa e capisci la gente, chi ti ricorda questo progetto?»
Monica guarda esterrefatta il marito che è perso nei suoi pensieri.
«Se mi stai chiedendo chi mi ricorda un cesso, direi molte persone… ma immagino che tu voglia sapere chi mi fa pensare lo stile di questo disegno?»
«Come? Ah sì, certo.» Mario è distratto e fissa il progetto cercando di scrutarne nuovi segni.
«Direi Maria!»
Mario Maccheroni non sembra averla ascoltata e continua a riflettere a voce alta. «Hm… questo stile… chi è?».
«Maria Maccheroni! Mi stai ascoltando?» Monica Verdi ripete la sua osservazione ma Mario mal interpreta il nome.
«Eh? Ma sì, sì, ti sto ascoltando. Lasciami pensare in pace…»
«Se è lo stile del disegno che cerchi, credo sia quello di Mari…»
«Sì, esatto, vorrei sapere di chi è questo stile inconfondibile… hm, chi sarà…» Mario non ascolta proprio «…giusto! Questo è lo stile di Maria! Come ho fatto a non pensarci prima?»
«Lo sapevo!»
«Lo sapevi? Perché non me lo hai detto allora?»
Monica rimane di stucco e vorrebbe rispondere, ma qualcun altro entra in casa in quel momento. Mario accorre all’ingresso ed esclama sorpreso, mentre accartoccia ancora una volta il progetto: «Maria, che ci fai qui?»
«Claudio! Che ci fai tu qui a casa di mia suocera!»
«Claudio?» A questo punto anche Monica sopraggiunge, dopo aver tirato l’acqua «Mario, perché tua sorella di chiama Claudio?»
«È una storia lunga… dopo te la spiego. Comunque, Maria, questa è casa mia, non di tua suocera… mi sa che ti sei sbagliata!» Mario e Monica ridono divertiti.
«Oh no! Ancora una volta!» Anche Maria Maccheroni accenna un sorriso autoironico.
Mentre sta ancora ridacchiando, a Monica scappa una battuta: «Ad ogni modo, è proprio vero… si parla del diavolo e spuntano le corna!»
Maria, però, si agita inaspettatamente e comincia a guardarsi attorno sospettosa. Poi cerca di dissimulare l’imbarazzo ostentando delle risatine isteriche e una falsa tranquillità nel rivolgersi di nuovo al fratello Mario e alla cognata Monica. «Corna? Eh eh eh… quali corna? Non ci sono corna qua… no, no!»
Mario sta ancora pensando al progetto ma Monica è un po’ confusa dalla reazione di Maria e non fa in tempo a dire niente che Maria conclude la sua scenetta. «E comunque… come fate a saperlo?»
Monica si riprende un attimo. «Sapere cosa?»
Come si risolverà questo momento d’imbarazzo?

A. Mario è troppo preso dal disegno di water che tiene in tasca e non capisce la situazione, così taglia corto e chiede invece a Maria se il progetto le appartiene.

B. Monica ha capito che c’è qualcosa che non va, allora chiede a Mario di lasciarla sola con Maria perché sospetta che Maria sappia che Mario la tradisce.

C. Maria, in preda a una crisi isterica, convinta di essere stata scoperta, si gira di scatto e se ne va scoppiando in lacrime e lasciando lì la sua borsa.

Avete una settimana di tempo per votare una delle tre alternative con un commento alla fine di questo episodio sul blog, su Facebook, oppure scrivendomi su Twitter (@robriva82). Vi basterà scrivere “A”, “B” o “C” per votare.

giovedì 2 marzo 2017

KISSENEFREGA – Mio figlio

Non è facile dire quando inizi la giornata di mio figlio di pochi mesi perché non è facile dire quando finisca. Tutto questo perché non gli piace molto dormire di notte… per grande gioia mia e di mia moglie. Ci sono però altre cose che gli piacciono molto… per grande gioia mia e di mia moglie. A lui piace essere abbracciato, giocare con i pupazzetti appesi alla palestrina, ridere, poppare (sempre), pedalare a vuoto come un ciclista professionista, succhiare il ciuccio, dormire (di giorno… ma non di notte, come precedentemente scritto), fare i suoi versetti perfettamente logici per lui e totalmente incomprensibili per noi decerebrati (dal suo punto di vista), fare le puzzette e soprattutto… e sottolineo soprattutto… fare la cacca e la pipì… per grande gioia mia e di mia moglie! Ed è proprio su quest’ultimo punto che, come avrete già capito, mi soffermerò in questo pezzo odierno. Dunque, quanta cacca e quanta pipì fa mio figlio? Quando il pupo aveva solo due settimane, io e mia moglie abbiamo provato a fare questo calcolo ed ecco a voi questo tanto atteso risultato. Partiamo dal fatto che, nel giro di 24 ore (ho già scritto abbastanza sulla questione temporale qui e non mi soffermerò oltre ora), abbiamo cambiato 12 pannolini! In queste dodici indimenticabili occasioni, per 4 volte il pupo aveva fatto solo la pipì, mentre per le restanti 8 volte cacca e pipì assieme (indistinguibile combo)… per grande gioia mia e di mia moglie. Quanti grammi di cacca fa un bimbo in un giorno? Leggendo qua e là sul mare magnum di internet trovo che un adulto ne produce 200-300 g al giorno di media e quindi immagino che un bimbo ne produca 50-60 g (?) al giorno (media che tiene conto che i grammi di cacca giornaliera potrebbero aumentare col passare dei mesi). Sapendo che i pannolini si cambiano fino a circa 2,5 anni d’età, il calcolo delle quantità di cacca dovrebbe essere all’incirca 55 kg di cacca da spalare… per grande gioia mia e di mia moglie!

E voi direte: e chi se ne frega di quanta cacca fa tuo figlio? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete il titolo della rubrica, per piacere!