martedì 25 aprile 2023

RACCONTI – Lo spazio

Così all’improvviso, come spesso mi capita, mentre sto procrastinando qualsiasi compito mi capiti sotto le mani scorrendo inebetito le pagine di Facebook mi ritrovo nello spazio. No, non finisco sulla pagina di Myspace che forse ormai non esiste più o quantomeno che nessuno usa più da cent’anni, ma vengo scaraventato senza pietà nello spazio vero e proprio, nell’universo ignoto. Non ho ossigeno, soprattutto al cervello, mi pare evidente, ma inspiegabilmente sopravvivo. Non sono morto. Peggio: non sono ancora morto e sono nel vuoto della mia mente.
Mi sento perso come una sonda Voyager che vaga e inevitabilmente, prima o poi, verrà attratta e inghiottita senza rimorso da un qualsiasi buco nero sparso nel cosmo. Mi sento vuoto. Non ho idee. Non so da dove sono arrivato e non so dove sto andando. Manco a pieno il perfetto paradigma dell’uomo di mezza età realizzato e sicuro di sé. Rotolo all’infinito come i miei pensieri senza senso. Alcune volte il passaggio dal buio di una notte insonne al profondo nero dello spazio è rapido e con dolore. Altre volte invece mi sveglio la mattina e, PUFF, eccomi a volteggiare vertiginosamente alla periferia del più grande pianeta del sistema solare. Grande Giove, che nausea! Io non avrei mai voluto essere Io e ora non ci posso fare niente. Io, il satellite del gigante gassoso, intendo… anche se spesso non vorrei neanche essere me stesso per tutti i cliché che butto dentro alla rinfusa in quello che scrivo. Nettuno mi aveva avvisato che sarebbe finita così, ma io non l’ho ascoltato e ho fatto ancora una volta di testa mia e ora mi ritrovo a prenderlo nell’Urano.
Mentre mi vergogno della brutta serie di battute da terza elementare che ho appena scritto, la fascia di asteroidi mi sfreccia a filo del fianco e per fortuna non mi sfascia la faccia, poi fugge lontano. In quel momento mi accorgo di avere un tardigrado davanti agli occhi, così a caso, non c’entra niente con la storia, ma lo metto qui perché ho appena letto un libro sugli animali più resistenti del mondo a mio figlio di sei anni e anche per distrarmi dal patetico tentativo di formulare un’annominazione, una figura retorica che ho dovuto cercare sul dizionario perché non sapevo si chiamasse così e che probabilmente ho anche usato in modo incorretto.
Poi continuo a vagare a caso nel vuoto. Non sono finito in un buco nero come avevo previsto nei miei pensieri più catastrofici, ma neanche attorno a un pianeta maggiore. Gravito invece a tratti nell’orbita di Plutone, il pianeta reietto, l’escluso, che non ha neanche la forza di trattenermi e infatti, dopo qualche piroetta, mi lancia di nuovo nello spazio a fare bungee jumping, senza corda.
Saltello e gironzolo nell’universo smisurato senza sapere come tornare a casa sulla Terra evitando di sfracellarmi al suolo durante l’atterraggio e soprattutto senza sapere come chiudere questo orribile pezzo. Così, dopo aver denigrato le mie capacità di scrittore nella patetica speranza che qualcuno mi conforti solo per ridurre momentaneamente le mie ansie e alimentare i miei circoli viziosi dell’insicurezza rendendomi inconsolabile e logorroico, non aggiungo nient’altro di significativo, lascio tutto così e scrivo la parola.
Fine.

martedì 18 aprile 2023

ITALIENAREN – Arga lappar

Ciao lettore, potresti per cortesia smettere subito di pensare “Oh no, un’altra storiella di Roberto”? Altrimenti la mia autostima scenderà assieme alla mia produttività e poi sarò costretto a essere cattivo verso di te nel mio prossimo racconto. Grazie! :)

Se vivi in un condominio in Svezia ti sarà sicuramente capitato di imbatterti in degli “arga lappar”, foglietti o post-it scritti frettolosamente a mano da un vicino di casa e appiccicati sul portone d’ingresso, nella lavanderia, in ascensore o addirittura sulla porta di casa tua. Il contenuto di solito non è così surreale come nell’incipit di questo pezzo ma può essere lo stesso molto fantasioso e bizzarro. Può variare da semplici richieste di smettere di fumare sul balcone perché poi il fumo finisce nell’areazione condominiale a vere e proprie minacce di spostare l’automobile dal vialetto oppure semplici offese che non richiedono alcun intervento perché per esempio qualcuno si è dimenticato di togliere dall’asciugatrice della lavanderia condominiale i propri vestiti.
Il tono del messaggio può essere cordiale, ironico o passivo-aggressivo con tanto di smiles per addolcire le velate minacce di morte, ma il più delle volte è diretto, brutale e sgarbato, compensando la mancanza di sorrisetti con un’abbondanza di punti esclamativi e segni della penna così marcati da bucare il foglio e far impallidire Mara Maionchi.
Le risposte spesso e soprattutto volentieri non tardano ad arrivare. Dai segni di bruciatura di sigaretta sulla carta a tracce di pneumatico volutamente esagerate lasciate sul cortile con tanto di fango sparato sulle pareti dei vicini oppure semplicemente con altri foglietti attaccati sotto i messaggi originali, altrettanto scortesi, cafoni e scontrosi, che spesso degenerano in catene di insulti a raffica tanto becere da far invidia alla sezione commenti di Facebook.
Molte volte non si limitano solo a banali liti tra vicini circoscritte al raggio d’azione che ogni condomino si concede tenendo ai piedi le ciabatte, ma anche a tutto il quartiere e, perché no se possibile, a tutta la città. In questo caso infatti entrano in gioco gli “insändare”, dei piccoli trafiletti che i cittadini possono mandare (ed eventualmente farsi pubblicare) ai giornali rionali, nei quali ci si può lamentare delle inciviltà cittadine di tutti i giorni, come le cacche dei cani non raccolte, l’immondizia fuori dai cestini, l’invasione di ratti e via dicendo. Questi potrebbero essere definiti come degli “arga lappar” 2.0, un’evoluzione che mira a raggiungere l’approvazione e la simpatia di un pubblico più vasto e garantire all’autore quel famoso quarto d’ora di notorietà (in realtà sono dei testi brevissimi che si leggono in meno di tre minuti). Queste note dettate dalla rabbia sono così radicate nella società svedese che qualcuno ci ha dedicato siti internet e libri per mostrarne esempi e farci qualche risata.
Ma perché gli svedesi lo fanno? Difficile dare una risposta generale senza cadere nello stereotipo, ma si potrebbe dire che spesso si tratta di una tendenza scandinava giallo-blu ad avere paura del confronto diretto con le altre persone. Inoltre, è umanamente più facile esprimere la frustrazione dietro l’anonimato e un foglio di carta o uno schermo del computer (ne sanno qualcosa i tanti leoni da tastiera sui social media) che dire le cose in faccia.
È dunque vero che gli svedesi evitano i conflitti verbali il più possibile oppure è solo un falso luogo comune come sostiene l’analisi di un questionario della Stockholms Kooperativa Bostadsförening, SKB (https://www.mynewsdesk.com/se/skb-org/pressreleases/den-arga-lappen-ett-undantag-3162044)? Parliamone a voce bevendoci un caffè al bar… hm, meglio di no. Scrivi se vuoi un commento qua sotto e poi magari ti rispondo.

---
Ecco il link all’articolo su Italienaren - Il lavoratore:
https://italienaren.org/arga-lappar/

mercoledì 12 aprile 2023

RACCONTI – Da grande

Sono un adulto, sono un adulto, sono un adulto, sono un adulto…
Mi capita spesso di ripetermi questa frase, come un mantra, per ricordarmi che ormai sono maggiorenne da parecchi anni. Per ricordarmi che devo prendere le mie responsabilità. Non solo le mie a dire il vero, ma anche quelle di altre due creature di cinque e sette anni. Molte volte guardo quelle due piccole pesti che mi tengono la mano come ancora di salvezza, che implicitamente mi chiedono certezze e che mi cercano nei momenti di difficoltà. No, non è vero: nell'ultimo caso cercano sempre la mamma. Osservo quei due piccoli scalmanati che scorrazzano per casa, mettendola spesso sottosopra e a volte quasi a ferro e fuoco. Anche questo fa scattare il mio mantra perché mi ricorda che la casa è per metà mia, così come il mutuo da pagare.
Sono un adulto, sono un adulto, sono un adulto, sono un adulto…
Da tempo non posso più ritirarmi sotto l'ala protettrice dei miei genitori. Devo fare le mie scelte. Devo seguire le mie strategie. Devo lavorare per portare a casa il pane, anche se in realtà non lavoro in un panificio e non devo passare al supermercato ogni giorno. Devo ingoiare rospi amari, piegarmi ai compromessi della vita e pagare le tasse.
Sono un adulto, sono un adulto, sono un adulto, sono un adulto…
A volte il mantra non basta e per convincermi che ormai sono grande devo anche comportarmi tale. Oggi infatti vado all'opera a vedere un musical. Il protagonista è un barbiere pieno di rabbia e rancore per aver subito un grosso torto e accecato dalla vendetta sgozza chiunque passi per il suo studio. Grazie a questi omicidi, la coprotagonista risolleva le sorti del suo ristorante trasformandolo in un covo di inconsapevoli cannibali. In due parole: Sweeney Todd. Una storia per niente adatta ai bambini, vero? A leggerla così, non sembrerebbe neanche adatta a qualcuno sano di mente. Io però la trovo geniale e molto profonda. Inoltre mi fa sembrare ancora di più un adulto.
Per andare all'opera serve anche il vestito giusto. Dopo aver cercato sul fondo del mio armadio trovo il necessario: completo con pantaloni, giacca, camicia e cravatta. Nello sgabuzzino ritrovo come un reperto archeologico il cappotto lungo delle grandi occasioni. Tossisco un paio di volte dopo averlo spolverato e me lo infilo. Incredibile, dopo molti anni è ancora come nuovo. Eh certo, perché è nuovo dato che l'avrò usato sì e no due o tre volte, delle quali una nella finzione scenica del teatro. Dalla scatola più nascosta della scarpiera estraggo le scarpe di pelle nere luccicanti. Appena le infilo ai piedi so già che mi verranno i calli, ma è un sacrificio necessario per essere uomini con la U maiuscola.
Ora sono pronto. Credo che andrà tutto bene. Dovrò solo trattenere il respiro per tre orette e cercare di non fare movimenti bruschi per non strappare i pantaloni a livello del cavallo e la giacca sul retro sulle spalle. Mi sento un pinguino ricoperto di cellophane che cammina per la prima volta su una lastra di ghiaccio.
Mi guardo riflesso sullo specchio dell'ascensore e i peli bianchi della barba sembrano ancor più bianchi, i dolori alle ginocchia e alla schiena si manifestano con una smorfia di sofferenza sulle labbra e la postura di tutto il corpo assume le sembianze del bastone della scopa che mi sembra di aver infilato nel sedere. Trattengo le lacrime se penso che di solito mi vesto con i jeans, maglietta, maglione e scarpe da ginnastica. Sarà che sono vestiti anonimi, fuori moda e sciatti, sarà che i miei figli sono più eleganti di me quando vanno a rotolare nel fango a scuola, ma almeno non devo soffrire e sto comodo.
Ributto l'occhio nello specchio e mi spavento. Cazzo, sembro proprio un adulto! Cosa devo fare adesso? D'impulso faccio l'unica cosa che mi sembra adeguata nonostante mia moglie mi dia un ceffone in testa: mi metto un dito nel naso e sorrido come un ebete… così, giusto per compensare e non sembrare troppo adulto.

martedì 4 aprile 2023

ITALIENAREN – Italienaren a Radio Mir

Oggi mi hanno intervistato. Non per chiedermi se mi interessano le offerte speciali e se scambierei due fustini di un detersivo base per uno del mio detersivo preferito fuori da un supermercato affollato, come in una vecchia pubblicità anni '80, ma per farmi un'intervista vera. Hanno scelto me in quanto direttore di "Italienaren – Il lavoratore", giornale della Federazione delle Associazioni Italiane in Svezia, FAIS. Per me è stato un onore e un piacere.
Lunedì 27 marzo 2023, infatti, è andato in onda su Radio Mir, la radio degli italiani nel mondo, in collaborazione con l'osservatorio Sconfinamenti.info, "Rivistando per il mondo", un programma ben curato e molto interessante basato su approfondimenti culturali con i direttori delle testate dei giornali per gli italiani nel mondo. L'obiettivo dell'ambizioso progetto è quello di comprendere meglio i movimenti migratori degli italiani all'estero e del loro sviluppo nel corso dei decenni. Il programma mira a stimolare una riflessione sulle comunità italiane nel mondo e sui loro interessi.
All'interno della trasmissione radiofonica, io e l'intervistatrice Alice Malerba abbiamo piacevolmente chiacchierato per 15-20 minuti sulla storia di "Italienaren – Il lavoratore", sui contenuti e la visione del giornale e sui cambiamenti dell'immigrazione italiana in Svezia negli ultimi anni.
Alla fine posso affermare con certezza che, se mi intervistassero di nuovo all'uscita di un supermercato, non scambierei mai la redazione del "mio" giornale per quella di due altri giornali generici.

È possibile vedere l'intervista sul canale YouTube di Radio Mir qui:
https://youtu.be/eEhMHntVCew

 
---
Ecco il link all’articolo su Il lavoratore:
https://italienaren.org/Italienaren-a-radio-mir/