Per andare al lavoro mi alzo alle 6.30… no, dai,
scherzo, a essere onesto, mi sveglio alle 6.40, a volte anche 6.50, perché sono
un po’ pigro e faccio suonare la sveglia almeno una volta prima di alzarmi dal
letto. Dopo aver fatto colazione con latte e cereali (lo so, hanno troppi
zuccheri e si dovrebbe mangiare salato, ma le abitudini sono dure da cambiare)
mi lavo i denti e prendo il pranzo nella gavetta (cioè, la scatola di plastica)
che avevo già preparato la sera precedente. Saluto mia moglie e mio figlio e,
se è estate, prendo la bici, mentre se è inverno, vado in metropolitana fino a
Slussen (una fermata a sud del centro di Stoccolma). Poi prendo l’autobus per
Nacka (un posto a ovest di Stoccolma). Inizio a lavorare alle 8: incontro dai
due ai sei pazienti al giorno, scrivo le cartelle cliniche elettroniche,
amministro test neuropsicologici ai pazienti, scrivo valutazioni psicologiche e
faccio molte riunioni (a volte da dieci, a volte da sessanta rotture di maroni…
hm, volevo dire minuti) con i miei colleghi e soprattutto (non) leggo nella
mente delle altre persone. Tra le 12 e le 13 faccio un’ora di pausa pranzo (ma
non la uso proprio tutta per mangiare) e finisco la giornata alle 17 quando
riprendo l’autobus (nella direzione opposta della mattina) e poi la
metropolitana. Alcuni giorni vado in palestra (principalmente pesi e spinning)
e poi torno a casa (dopo aver ovviamente fatto la doccia altrimenti mia moglie
non mi ci fa rientrare). Ceno con mia moglie e mio figlio, a volte guardando
qualche serie televisiva sul computer (parlare in famiglia? Scherzi? Non se ne
parla neanche!) Dopo cena mi rilasso scrivendo un po’, leggendo un libro oppure
semplicemente navigando su internet senza uno scopo preciso (va bene, lo
ammetto, quest’ultima opzione è quella più frequente!) Verso le 22.30 vado a
dormire… e alle 22.40 forse mi addormento.
E voi direte: e chi se ne frega della tua giornata?
Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete
il titolo della rubrica, per piacere!
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