domenica 16 dicembre 2018

PROMOZIONE – Presentazione letteraria (video)

“I casi del commissario Grammatikus” è stato presentato alla biblioteca di Alvik (Stoccolma) il 24 novembre del 2018. È stata una giornata molto bella e un interessante scambio culturale tra me e il pubblico. Colgo ancora l’occasione per ringraziare i tanti che sono venuti a vedermi e a discutere con me di Grammatikus. Un grazie particolare va ovviamente anche a Simone Codeluppi che ha egregiamente condotto la giornata come un navigato presentatore, alle bellissime musiche di Federico Persson e della sua band (si può chiamare così?) e a Iliana Fotiadis che ha deliziato i nostri palati con il rinfresco finale.
Come? Vi siete persi l’evento?
Niente paura, qui sotto trovate alcuni link per rifarvi.

Gli highlight della giornata: https://youtu.be/cZ0EiwT6x9A
Le musiche di Federico Persson: https://youtu.be/ZqfLeKOps3s
E se proprio non avete niente da fare per la prossima ora, ecco tutta la presentazione: https://youtu.be/KXx4PifQzAs

Comprate il libro “I casi del commissario Grammatikus” qui su Amazon, sia in formato e-book sia in formato cartaceo.

Vi aspetto a Cittadella il 4 gennaio 2019 per una nuova presentazione!

Sì, lo so, questo pezzo potrebbe tranquillamente stare nella rubrica “Kissenefrega”… prendetelo come una sottocategoria letteraria!

venerdì 14 dicembre 2018

LATTEPAPPA – Episodio 14 e 15

Lattepappa è una mini web-serie di 15 episodi dedicata a tutti i papà come me e contiene sketch, battute, situazioni surreali… e anche una buona dose di verità. È una raccolta di spaccati di vita quotidiana che racconta ironicamente i miei sette mesi di paternità in Svezia. È soprattutto, però, il riassunto del mio incontro ravvicinato del terzo tipo con una persona straordinaria: mio figlio!
Nella realizzazione di questo progetto non posso fare a meno di ringraziare proprio lui, mio figlio, per la grande collaborazione, ma anche mia moglie Paola, per la pazienza, il supporto emotivo e l’aiuto artistico.

Ecco gli ultimi due episodi della serie.
14) Ninna nanna.
Epici tentativi… finiti male.


15) Finale.
Tutto ha un inizio e una fine (?)


Buona visione e forse a presto per Lattepappa 2!

mercoledì 28 novembre 2018

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il web designer

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   <link rel="stylesheet" type="text/css" href="style.css">
   <title>Breve storia del web designer</title>
</head>
   <body>
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<h1> EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il web designer.</h1>
<div id=”paragraph”>
<p>Per il web designer le altre persone sono utenti. Ogni volta che interagisce con gli utenti pronuncia sempre (sempre!) l’acronimo accatiellemme, che non è una parolaccia, ma un segno di riconoscimento e un saluto amichevole. <br>
Usa sempre la <head> prima di compiere le sue azioni e ci mette sempre anima e <body> in tutto quello che fa. I suoi titoli (di studio), infatti, iniziano con l’<h> di high school, seguiti poi da numeri di grandezza inversamente proporzionale alla loro importanza.<br>
I suoi discorsi sono paragrafi con la <p>, non maiuscola, ma tra minore e maggiore. È sempre un po’ frustrato perché nei suoi <p> deve dire un sacco di cose, ma solo una parte di esse sarà visibile agli utenti. Inoltre, usa termini un po’ particolari nei suoi <p> e a volte non è facile stargli dietro.<br>
Per esempio, per mostrare le sue cose, fa un sacco di riferimenti <a> oggetti, persone, fatti e siti internet nei suoi <p> perché ci tiene sempre a fare bella <img> di fronte agli altri. È  molto preciso e ci tiene molto a inscatolare tutto in <div>ersi contenitori che raccolgono tutti i suoi <h> di studio, le sue <a> e i suoi bei <p>.<br>
Come avrete notato, è molto <br>avo ad avvisare tutti quando ritiene sia importante andare a capo nei suoi <p>,<br>
anche se nessuno dei suoi utenti gliel’ha chiesto. <br>
Infine ha sempre questo maledetto vizio di finire tutto ciò che dice o fa con una barra obliqua /. </p></div>
<h2>Questo pezzo vi è sembrato strano, incomprensibile e soprattutto noioso?</h2>
<p>Non lamentatevi qui, ma aspettate la parte sul CSS dove vi racconterò dello stile del web designer!</p></div>
<footer>Temi: Titanessa della legge divina e dell'ordine.</footer>
   </body>
</html>

mercoledì 14 novembre 2018

KISSENEFREGA – Lavori in casa

Oggi ho un incarico importante. Devo superare un’ardua impresa: andare oltre i (miei) limiti della (mia) umanità. Oggi devo fare dei lavori in casa! Terrore e stridore di denti! Come fare? Niente panico, la lista di cose da fare è semplice: fissare al muro la libreria, stuccare alcuni buchi del muro e appendere dei quadri nuovi. Semplicissimo, che ci vuole? Ci vuole un manuale. Un manuale per attrezzistica e lavori in casa? No, un manuale di psichiatria e più precisamente IL manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (abbreviato DSM).
Procedendo dunque per ordine: s’inizia con la libreria…
(309.81) DPTS, Disturbo Post-Trapanatico da Stress: avrò fatto il buco giusto? Poco profondo? Troppo largo per il Fischer? Non voglio riguardare. Me lo sognerò la notte. Che trauma!
(300.02) DAG, Disturbo d’Ansia da Giravite: ora che ho messo il Fischer, devo metterci la vite adatta con il cacciavite. E se non ho lo strumento giusto? Se poi la vite non regge? Se gira a vuoto? Se spingo il Fischer dentro il buco? Se giro troppo e spano la vite? Che ne sarà della mia vita?
Per poi passare allo stucco…
(296.60) Disturbo bipiallare: ho tappato il buco, ho fatto un lavoro perfetto, sono un grande! No, ho messo troppo stucco, sono una merda! Ne ho piallato via un po’ in modo perfetto! Oh no, ne ho tolto troppo e ora fa schifo! Forse devo aggiungere dell’altro stucco… o forse no.
Infine, appendere i quadri…
(300.03) DOC: Disturbo Ossessivo da Chiodi: ho calcolato la posizione giusta al centro della parete. Ho misurato trecento volte. Siamo sicuri che sia centrale? Meglio misurare di nuovo. Ecco fatto! Ma ho contato anche i battiscopa nella misurazione? Calcolo altre cento volte per sicurezza. Oddio, ho sbagliato, come ho fatto? Nooo!
(300.01) DAP: Disturbo d’Attacco di Pinza: ora devo togliere il chiodo! Piano, non ti agitare… se tiro poco, il chiodo non esce, se tiro troppo, viene via anche il calcestruzzo e piego il chiodo. Calma, non ansimare così che vai in iperventilazione. Tranquillo! Non puoi sbagliare! Difficile, però, quando ti sudano le mani e il cuore va a mille. Calma.
Alla fine la libreria tiene, i buchi sono stuccati e i quadri stanno appesi... incredibile!
Un momento, però, c’è un’altra pagina nel manuale DSM: (300.21) DAP con agorafobia… oh no, ho stuccato anche la porta e mi sono chiuso dentro. Aiuto!

E voi direte: e chi se ne frega dei tuoi lavori in casa? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete il titolo della rubrica, per piacere!

mercoledì 31 ottobre 2018

PROMOZIONE – Parlano di me

Un paio di mesi fa ho avuto la fortuna e l’onore di conoscere Alberto Macchi: attore, regista, drammaturgo italiano, formatosi all'Avanguardia Teatrale Italiana di Scuola Romana. Durante la sua carriera, oltre che come drammaturgo, Alberto è molto attivo con seminari, laboratori teatrali, esperienze televisive e cinematografiche principalmente a Roma e Varsavia, dove ora risiede. Particolarmente rilevanti sono il Laboratorio Teatrale Permanente insieme alla Compagnia "Teatro 84" e la creazione e sperimentazione della formula del "Teatro al Ristorante" (rappresentazioni di spettacoli teatrali tra i tavoli). Leggete qui per maggiori informazioni su Alberto Macchi.
Durante il nostro incontro ho avuto la possibilità di presentargli il mio libro “I casi del commissario Grammatikus”. Non solo lui è stato molto gentile da leggerlo esprimendo un’opinione molto positiva sulla mia raccolta di gialli nel suo blog, ma l’ha anche presentata ai suoi incontri conviviali. Citando dal suo blog: “Proposta assolutamente originale. Unica! Da adattare per il teatro e da sfruttare sulla scena come rassegna di brevi pièces. Un umorismo, una trovata geniale. Una scrittura chiara ed illuminante. E questa unicità risulta particolarmente sorprendente, perché emerge in un periodo, come il nostro, dove ormai tutti scrivono e dove tutti scrivono di tutto.” Grazie infinite Alberto!
Un mesetto dopo ho avuto anche la fortuna di incontrare Valerio De Paolis, direttore della rivista mensile degli italiani a Stoccolma “Il lavoratore”. Ne è uscita una piacevole chiacchierata e un’intervista su di me, le mie attività teatrali con il gruppo teatrale italiano “Varför inte” e il mio libro ”I casi del commissario Grammaikus”. Qui trovate le foto dell’articolo. Grazie mille anche a Valerio!




Sì, lo so, questo pezzo potrebbe tranquillamente stare nella rubrica “Kissenefrega”… prendetelo come una sottocategoria letteraria!

martedì 23 ottobre 2018

HORROR ALL’ITALIANA – 4891

È notte. Fuori fa freddo. Fulmini squarciano il cielo. I lampi illuminano la città e i tuoni spaccano i timpani. La pioggia cade fitta e bagna le coscienze della gente. A parte il temporale tutto tace.
La mattina seguente, come previsto, la sveglia suona. Sono le otto. Schiaccio il tasto e la pospongo di dieci minuti. La sveglia suona di nuovo. La spengo e torno a dormire: in fondo è il mio quarantacinquesimo compleanno, me lo merito. Sto per riprendere sonno quando un monitor ai piedi del letto si accede di colpo e una nota voce femminile mi ordina di alzarmi. Era inevitabile. Speravo di poter dormire, ma il monitor di sorveglianza non lascia mai scampo. Non dà mai tregua. Allora mi alzo e a piedi nudi vado verso il bagno. A metà strada il monitor parla di nuovo: «con le pantofole!» Torno indietro ed eseguo. «Prima fai il letto.» Non ho scampo. Il monitor vede tutto. Sbuffo infastidito e sussurro «che palle» a denti stretti. «Ti ho sentito, sai!» Il monitor vede e ascolta tutto. Finito di rassettare il letto, posso finalmente andare a fare pipì e sciacquarmi il viso. Scendo le scale e arrivo in cucina dove mi aspetta la colazione. Inizio a mangiare ma a metà lascio perché non ho appetito. «Finisci tutto!» Il monitor dei fornelli non aspetta un secondo di più. «Non ho fame…» «Hai bevuto ieri, vero?» «No.» «Bugiardo. Barcollavi ieri notte… e sei anche rientrato più tardi del previsto» «C’era traffico.» «Alle quattro del mattino?» Non rispondo e mi alzo per uscire. Il monitor dell’ingresso parte con la solita lista di domande «Vai fuori? Hai preso il pranzo che ti ho preparato? Ti sei messo la maglia di lana sotto la camicia che ti ho stirato? Guarda che fuori piove, hai preso l’ombrello? Fuori fa freddo, ti sei coperto bene?» Rispondo di sì a tutte le domande. Ad alcune ho mentito. Prendo la giaccia e finalmente esco. Il monitor dell’uscio mi urla: «hai dimenticato la sciarpa e il berretto… ti ho detto che fa freddo!» Rientro in fretta, predo gli indumenti e saluto. «Fai il bravo, mi raccomando.» Cammino in fretta. Ormai la casa dei miei genitori è lontana. No, non l’ho ereditata. È ancora casa loro. Sì, vivo ancora con loro. Ora però sono fuori. No, non vado al lavoro. Non ho un lavoro. Vado al bar dell’università. Lì trovo tutti gli altri miei coetanei studenti fuori corso che chiacchierano beatamente tra di loro, bevono tre caffè all’ora, leggono almeno due volte tutti i giornali sportivi a disposizione. Questo è il nostro lavoro. Così ogni santo giorno, tranne il sabato e la domenica, quando si fa il tour dei parenti. A tutti va bene così. No, non a tutti: a me no. Non posso però dirlo a nessuno. Il monitor ha occhi e orecchie dappertutto. Il monitor ha alleati e spie ovunque. Devo stare attento. Così recito la mia parte: scambio pacche sulle spalle ai miei compari, ordino un macchiato, fingo di leggere le notizie sportive mentre penso alla mia prossima mossa. Poi la vedo. Oh, finalmente è arrivata: è la mia ragazza. Le lancio uno sguardo complice. Lei risponde. Nessuno ci vede. Allora lei si alza ed esce nei corridoi dell’università. Dopo una decina di minuti mi alzo anch’io. Ordino e bevo un altro caffè. Dico agli amici che devo andare in bagno. Prendo il corridoio, mi guardo attorno velocemente e invece di entrare nella toilette, giro a sinistra e m’infilo nel buio sottoscala. Ad attendermi c’è la mia ragazza. Ci baciamo in silenzio. Lei cerca di dirmi qualcosa, ma io sento qualcuno scendere le scale, così la zittisco con un altro bacio. «Per quanto dovremo stare nella clandestinità?» la mia ragazza bisbiglia preoccupata. «Te l’ho detto, manca ancora poco. È quasi tutto pronto.» «Me lo dici ogni volta…» Alzo gli occhi al cielo sapendo che lei non mi vede perché siamo al buio. «Fidati di me. Sto sistemando gli ultimi dettagli. Sta andando un po’ a rilento perché il monitor non mi lascia respirare.» «Ma perché non puoi semplicemente presentarmi a casa?» «Ancora con questa storia?» Alzo un po’ troppo la voce e mi zittisco da solo «Il monitor non approverebbe: ha un giudizio molto severo.» «Stiamo assieme da quindici anni… che cosa dobbiamo ancora aspettare?» «Lo so. Abbi pazienza. Fidati, bisogna fare come dico io: nel pomeriggio incontrerò una persona che ci aiuterà… ora però devo andare. Sono stato via troppo tempo, potrebbero sospettare. Ci vediamo domani.» Ci baciamo di nuovo e poi usciamo dal sottoscala in tempi diversi. Nessuno nota niente. Di sera torno a casa. Il monitor del salotto mi saluta e attacca con la solita solfa: «come è andata a scuola? Hai passato gli ultimi esami? Ti vedo sciupato, hai mangiato a pranzo? Mangi le lasagne per cena? Non penserai mica di uscire anche stasera, vero?» La voce non sembra voler sentire una risposta, quindi ne farfuglio una quasi incomprensibile e vado di sopra a cambiarmi. Quando scendo di nuovo alle sette, con mia grande sorpresa, la tavola non è preparata. Il monitor della cucina mi fissa. «Che succede?» Chiedo preoccupato. «Tranquillo, non ti faccio niente.» Questa risposta m’inquieta ancora di più. «Dove sei stato oggi pomeriggio?» «In biblioteca a studiare.» Rispondo il più tranquillamente possibile. «Balle! Sì, eri in biblioteca, ma non tutto il tempo.» «Non capisco...» Il monitor non mi dà il tempo di spiegare. «E quanto sei stato in bagno stamattina al bar?» «Oh andiamo, ora cronometri anche i minuti per fare pipì?» «No, non lo faccio, perché non hai fatto la pipì stamattina al bar!» Il monitor fa una pausa poi riprende. «Come lo so? Me l’ha detto la mia amica, la cameriera.» Maledetta Concetta, avrei dovuto fare più attenzione. «E come so che non eri tutto il tempo in biblioteca? Perché so che eri in banca!» Deglutisco nervosamente e resto in silenzio. Il monitor si avvicina e punta il dito contro di me. «E cosa facevi in banca? Cercavi di ritirare contante per pagare l’affitto di un appartamento in periferia.» Come diavolo fa a saperlo? Quello stronzo allo sportello deve aver fatto la spia in cambio di una crostata alle albicocche. Non dovevo fidarmi di lui. «E a cosa ti serviva l’appartamento? Per andarci a vivere con la tua fidanzatina! Con quella poco di buono…» Sono spalle al muro ma provo l’ultima difesa: «Sono grande ormai, posso decidere da solo…» «Zitto! Non provare a giustificarti… mi hai deluso! Ho già provveduto a bloccarti il conto in banca. Questo però non basta, ovviamente. Per punizione vai subito in camera tua, a letto senza cena… e guai a te se scopro ancora che parli con quella ragazzaccia. Non la vedrai più. Ho parlato anche con i suoi genitori e sono d’accordo. Fila di sopra!» A testa bassa salgo le scale. Il monitor della camera mi ordina di entrare e poi chiude la porta alle mie spalle. Da solo e al buio, piango silenziosamente rannicchiato sul letto. La Grande Mamma sente e vede tutto. La Grande Mamma non perdona.

martedì 16 ottobre 2018

PROMOZIONE – Concorso a premi, “I casi del commissario Grammatikus” di Roberto Riva

- Metti mi piace e condividi l’immagine su Facebook.

- Rispondi a 3 domande sul commissario Grammatikus nei commenti su Facebook:
1. Quale caratteristica ha il suo modo di parlare?
                        a. Sbaglia tutti i congiuntivi
                        b. Parla sempre ad alta voce
                        c. Sputacchia parlando
2. Come si chiama la sua assistente?
                        a. Monika Juventini
                        b. Annika Pensierini
                        c. Veronika Sapientini
3. Quale modo di dire ricorre spesso nei sui casi?
                        a. La lingua è la penna dell’anima
                        b. Ne uccide più la penna della spada
                        c. Per la penna ci vorrebbe il porto d’armi

- Tra coloro che condividono l’immagine e rispondono correttamente alle domande verrà estratto a sorte un vincitore, il quale riceverà in omaggio una copia autografata del libro “I casi del commissario Grammatikus”.

Vi aspetto alle presentazione del libro il 24 novembre (ore 13.00) alla biblioteca di Alvik.

venerdì 12 ottobre 2018

PROMOZIONE – Presentazione letteraria


I casi del commissario Grammatikus
di Roberto Riva
– una serie di sei racconti gialli in chiave umoristica dove uccide più la penna della spada –

24 novembre 2018
ore 13.00
Alviks bibliotek (T-bana Alvik)

INGRESSO LIBERO
RINFRESCO GRATUITO

Presenta: Simone Codeluppi
Musica dal vivo (chitarra classica): Federico Persson

Comprate il libro “I casi del commissario Grammatikus” qui su Amazon, sia in formato e-book sia in formato cartaceo.


Sì, lo so, questo pezzo potrebbe tranquillamente stare nella rubrica “Kissenefrega”… prendetelo come una sottocategoria letteraria!



mercoledì 3 ottobre 2018

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il petomane


Questo personaggio è anche detto, volgarmente, lo scorreggione. Questo personaggio rilascia con impeto dei peti ovunque si trovi e in qualsiasi momento. È un attento osservatore dell’ambiente esterno ed è sempre in agguato, pronto a piazzare una flatulenza nel punto e al momento giusto. Ogni scusa è buona per mollarla, passando inosservato, senza che nessuno sappia chi sia il colpevole. Per farlo sfrutta moltissimi stratagemmi saggiamente sviluppati e ampiamente sperimentati sul campo. Approfitta, dunque, della folla in metro, quando la puzza si diffonde a macchia d’olio e ci sono troppi sospettati per risalire al responsabile. C’è poca gente e si trova in un luogo chiuso quali uffici e/o classi scolastiche? Aspetterà che qualcuno pulisca i vetri o lo stridere di un gesso alla lavagna per mascherare il rumore prodotto dal peto. Si trova invece all’aria aperta con della gente vicino? Se fosse solo, non avrebbe alcuna remora, ma con altri vicino è costretto a usare altre tecniche sopraffine: aspetta di passare vicino a un cantiere di lavori in corso, preferibilmente dove stanno usando un martello pneumatico o meglio ancora se i lavori riguardano il rifacimento di una fogna cittadina. In mancanza di cantieri chiassosi, trova il timing perfetto per coordinare il rumore del suo scarico con quello di una moto di passaggio. Se pensate che l’arrivo di figli piccoli lo porti ad assumersi le sue responsabilità e comportarsi da adulto, vi sbagliate. Non c’è niente di meglio per un petomane professionista che avere figli ancora in età da pannolino per scaricare a loro tutte le colpe per eventuali odori sgradevoli rilasciati nell’ambiente circostante. A questo punto della narrazione è bene far notare che a un lettore superficiale potrà sembrare che io scriva questo pezzo per esperienza e conoscenza personale diretta e, in effetti, non avrebbe tutti i torti… ma (il più delle volte) come vittima più che carnefice, quando giro per la città. Questo mi ricorda un’altra tecnica, quella di incolpare gli altri: dopo avere strombazzato, basterà agitare la mano davanti al naso, indicare il vicino di posto e ridacchiare divertiti per attirare la complicità degli altri (ricordate però che potrete smascherarlo citando il vecchio motto “la prima gallina che canta ha fatto l’uovo”). Infine, il petomane ha sempre la carta della faccia tosta: mollarla e con non-chalance far finta di niente. Insomma, come avrete capito, il personaggio di oggi lascia sempre il segno: è un ninja del meteorismo che passa silenzioso e non si fa vedere… ma si fa decisamente sentire.

Arpie: spiriti alati che comandano i colpi di vento e le folate improvvise.

martedì 18 settembre 2018

LATTEPAPPA – Episodio 12 e 13

Lattepappa è una mini web-serie di 15 episodi dedicata a tutti i papà come me e contiene sketch, battute, situazioni surreali… e anche una buona dose di verità. È una raccolta di spaccati di vita quotidiana che racconta ironicamente i miei sette mesi di paternità in Svezia. È soprattutto, però, il riassunto del mio incontro ravvicinato del terzo tipo con una persona straordinaria: mio figlio!
Nella realizzazione di questo progetto non posso fare a meno di ringraziare proprio lui, mio figlio, per la grande collaborazione, ma anche mia moglie Paola, per la pazienza, il supporto emotivo e l’aiuto artistico.

Ecco altri due episodi della serie.
12) Öppna förskolan.
Che cos’è? Guardate per scoprirlo!


13) Papà modello.
E io modestamente lo fossi.


Buona visione e a presto per le prossime puntate!

martedì 4 settembre 2018

KISSENEFREGA – Gita all’IKEA

Il compito è semplice: provare alcuni materassi e decidere quale letto comprare (e in seguito acquistare il prodotto on-line dal sito). L’operazione ha tre semplici fasi: entrare, provare i letti, uscire. Facile. Tutto inizia dall’ultimo piano. I machiavellici ideatori dell’IKEA ti fanno entrare dal piano più lontano, quello più in alto, in modo tale che per uscire, devi scendere e passare tutti i piani, come nell’Inferno dantesco (spoiler alert: mai paragone più azzeccato). Ovvio. Tutto inizia dunque dal piano dei divani e poi quello dei letti. Io e mia moglie abbiamo la magnifica idea di liberare nostro figlio. Lui ne approfitta saltellando da divano a divano e da letto a letto (neanche fosse Casanova). Io mi lancio al suo inseguimento e contenimento. Questa è la parte più divertente della gita. Mio figlio pensa sia un paradiso, ma da grande capirà che è invece un inferno. Sorrido nel vederlo così allegro, ma la gioia si spegne subito nell’osservare le tipiche scenette da IKEA che anch’io ho vissuto in prima persona almeno una volta nella vita: uomini disperati, trascinati a forza tra i reparti dalle loro compagne; donne in preda alle convulsioni alla ricerca della tenda perfetta per il salotto; persone affannate a misurare minuziosamente la larghezza del comodino nella speranza che ci stia in camera; coppie che litigano per scegliere il colore di un mobile, indecisi tra grigio topo e grigio elefante. Non ti curar di lor, ma guarda e passa. Così scendo i vari piani, concentrato sul mio obiettivo: provare i materassi. Mio figlio s’è addormentato e quindi posso provare con calma i letti. Sono tutti uguali. Non c’è modo di capire la differenza. Dopo tre quarti d’ora che provo e riprovo quelli che esteticamente mi sono piaciuti di più, mi autoconvinco che uno è troppo duro, l’altro e troppo soffice, uno è troppo stretto, l’altro è troppo alto. Tutta quest’operazione mi risucchia sempre più energie. Infine, quando sto per decidere, un altro bambino urla qualcosa vicino al passeggino, dove mio figlio sta dormendo. Mio figlio si sveglia, comincia a piangere e a ribellarsi, chiedendo di uscire dalla sua momentanea tana: la pace è finita. Non mi resta che posticipare la decisione del letto e dirigermi verso l’uscita. Prima di uscire dall’IKEA devi passare per il labirinto finale del piano terra. È un luogo mistico dal quale non potrai uscire se prima non avrai comprato una serie di cose inutili quali, per esempio, una lampada a muro, una coperta di plaid, una cornice e una candela. I quattro oggetti possono anche essere diversi, non importa quali siano, ma non puoi opporti. Infatti, appena poso nel carrello l’ultimo oggetto, il personale IKEA, che probabilmente mi stava monitorando sin dal mio ingresso, mi indica la strada per le casse: quella più lunga ovviamente. Di tutta questa gita all’IKEA mi resta però un’unica certezza: ho comprato tutto, tranne quello che mi serviva!

E voi direte: e chi se ne frega della tua gita all’IKEA? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete il titolo della rubrica, per piacere!

martedì 24 luglio 2018

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: ringraziamenti

Dopo ventuno puntate (compreso l’episodio pilota) finisce la grande avventura di Soup Opera – un minestrone di emozioni. È stato un lungo viaggio (iniziato il 19 ottobre 2016 e finito il 12 luglio 2018) pieno di colpi di scena e di sorprese. Un percorso ad ostacoli fatto di tanti (troppi?) personaggi e molte trame e sottotrame. È soprattutto un’avventura che non avrei mai potuto portare avanti senza l’elemento fondamentale: voi, miei cari lettori e pubblico. Colgo dunque l’occasione per ringraziarvi di cuore per il vostro apporto alla storia: dal primo all’ultimo, da chi mi ha seguito in tutte le puntate a chi ha commentato una volta sola. Come scrivo sempre, senza di voi io non sono niente! Per premiare la vostra fedeltà, vi ripropongo il finale vincitore (avete ragione, l’amore deve vincere sempre!) e vi darò ancora la possibilità di scegliere. Si chiude dunque il sipario, Soup opera finisce qui.

A. Grazie a te che piangerai per mesi dopo l’ultima puntata.
B. Grazie a te che tiri un gran sospiro di sollievo per la fine di quest’agonia.
C. Grazie a te che sei completamente indifferente a questa pagliacciata che ho messo in piedi.

NELLE PRECEDENTI PUNTATE. Giuseppe Maccheroni ha sfasciato la ditta Sanide in preda all’ira. Quando sta per colpire Thilde si blocca perché vede suo padre Mario senior, che credeva morto, ma la polizia arresta il vecchio Maccheroni. L’amore proibito e segreto tra Giorgia Maccheroni e Stefan Krauten nasce e continua, anche se vengono scoperti da Beate, la mamma di Stefan. Mario senior è in carcere e racconta alla famiglia il suo passato burrascoso. Maria arriva, vomita perché è incinta e lo comunica al marito Carlo, il quale non capisce di essere stato tradito e vaga pensieroso per un paio di giorni finché giunge all’ufficio di Giuseppe. Giuseppe ha deciso di vendere una parte delle sue quote Sanit alla Sanide per pagare la multa. Maria esce dal bagno con un depliant della mostra d’arte di Toulouse Lautrec e interrompe la conversazione. In seguito arrivano Klaus, Beate e Kristen che cercano Stefan Krauten. Poi Teresa e Edoardo, che si rompe il braccio sinistro, entrano e cercano Giorgia Maccheroni. Infine arrivano anche Mario Maccheroni junior e sua madre Rosa. Tutti parlano uno sopra l’altro e fanno un gran baccano.

HA VINTO IL FINALE C____________________
Tutti cominciano a parlare in contemporanea facendo un gran baccano. A quel punto Martha Fischer non ce la fa più e decide di andare in bagno per prendersi una pausa da tutta quella confusione. Apre la porta sbuffando e vede Giorgia e suo nipote Stefan che si stanno baciando. È molto sorpresa e richiude la porta incredula. Respira affannosamente e ripensa a quello che ha visto. «Non può ezzere!» Deve riguardare. Apre allora lentamente e sbircia dalla fessura. La scena è la stessa: i due giovani che continuano a baciarsi appassionatamente fregandosene del resto del mondo. «Allora è proprio fero: un Krauten e un Makkeroni!». Il cuore le batte fortissimo. Una persona della sua età non dovrebbe subire certi traumi. Martha cerca di calmarsi e ora respira profondamente mentre riflette. Inspira ancora un paio di volte e poi urla a squarciagola. «Skantalo! Disonore! Fercogna!» Tutti smettono improvvisamente di parlare e si fanno muti «Qvuesto è uno scempio, è un’intecenza!»
«Ke succete mamma?» Thilde Krauten chiede preoccupata.
Martha non dice niente, scuote la testa e apre la porta facendo vedere a tutti il bacio proibito. Un grido di stupore generale pervade la stanza. I due innamorati però rimangono avvinghiati. Passa un minuto di borbottii e parole di stupore dei presenti ma i due non si smuovono. Alla fine Martha prende l’iniziativa e picchietta sulla spalla del nipote. «Hm, racazzi… stiamo parlanto di foi.» Solo in quel momento Giorgia si vede tutti gli sguardi puntati addosso ed emette un gridolino isterico e d’istinto fa mezzo passo indietro. Stefan si mette davanti per proteggerla.
Martha incalza. «Qvuesto è un grosso skantalo. Un Krauten e una Makkeroni… inzieme: inaccettabile!» Altri mormorii dalla sala. Dopo qualche secondo Martha continua. «Io proponco ke i racazzi fenkano separati per impetire ke qvuesto oltraccio fata oltre oghni limite!»
«Giusto!» Giuseppe le fa eco «Tutto questo è inammissibile. Come hai potuto, Giorgia?» Giorgia tace costernata.
«E tirò ti più: Stefan ferrà rinkiuso…» Thilde è spietata «nel nostro castello di famighlia in Westfalen.»
«Nein, il kastello in Westfalen no, ti preco zia, no!» Il giovane Stefan protesta.
«E Giorgia nella residenza estiva nell’isola di Montecristo!» Giuseppe segue a ruota.
Giorgia scoppia a piangere disperata. Thilde e Giuseppe Ghignano soddisfatti, per una volta complici. C’è un attimo di silenzio dopo queste affermazioni così decise: un silenzio complice per tutti i presenti. Nessuno osa controbattere e quasi tutti annuiscono chi più, chi meno convinto. Solo una persona però si morde il labbro nervosamente. Vorrebbe parlare, ma ha paura perché nessun altro osa contraddire la sentenza. I Krauten strattonano Stefan da una parte separandolo da Giorgia. Teresa prova a consolare la figlia, ma non va contro la decisione del marito. Stefan sta per essere portato fuori. I due giovani si scambiano un ultimo sguardo d’amore struggente a distanza.
«Fermi tutti! Io sapefo… io sapefo di qvuesta storia. Sapefo e non ho detto nulla» Tutti i Krauten si girano di scatto verso Beate con un’espressione di stupore e di rimprovero, ma lei non si ferma «Sono stata zitta perkè qvuesta storia tra Ciorcia e Stefan… è una storia t’amore profonta, t'amore zincero, t'amore puro. Anke la mia prima reazione appena li ho fisti ke si paciafano è stata ti rappia e intigniazione… ma poi ho kapito e mi zono commossa. Ci ho penzato e ripenzato e alla fine sono stata in silenzio perkè creto ancora in una cosa, una cosa importante: l’amore defe fincere… sempre!»
Durante il breve discorso, qualcuno piange commosso, qualcuno è invece contrariato. Thilde prende la parola. «Io proponco ti metterla ai foti.» Inizialmente sembrano tutti in imbarazzo per questa proposta assurda ma poco alla volta tutti sembrano convincersi che sia la cosa migliore. «Alzi la mano ki fuole ke i tue ciofani si separino.»
Thilde, Giuseppe, Martha, Kristen (a lei interessa Giorgia) e Maria (lei sa che non funzionano le coppie Krauten-Maccheroni) esprimono il loro voto: cinque persone.
«Ora alzi la mano ki fuole infece ke i giofani restino azzieme.»
Giorgia, Stefan, Mario junior, Rosa, Teresa, Beate e Klaus votano a favore: sette persone.
«Il foto di Ciorcia e Stefan offiamente non fale!» I due ragazzi abbassano mestamente il braccio: rimangono dunque in cinque. Sono pari. Edoardo avrebbe voluto alzando la mano, ma col braccio rotto non ce l’ha fatta (la destra è occupata a chattare sul cellulare). Ralf non ha votato perché non ha capito cosa sta succedendo. Martha gli sussurra all’orecchio e sta per convincerlo a votare contro, ma Ralf continua a non capire. Edoardo, invece, decide di votare on-line… e lui è favorevole. Non c’è più tempo, la votazione è finita. I due giovani dunque si riabbracciano felici: l’amore vince ancora!

FINE… (?)


giovedì 12 luglio 2018

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: episodio 20 – Grand finale

NELLE PRECEDENTI PUNTATE. Giuseppe Maccheroni ha sfasciato la ditta Sanide in preda all’ira. Quando sta per colpire Thilde si blocca perché vede suo padre Mario senior, che credeva morto, ma la polizia arresta il vecchio Maccheroni. L’amore proibito e segreto tra Giorgia Maccheroni e Stefan Krauten nasce e continua, anche se vengono scoperti da Beate, la mamma di Stefan. Mario senior è in carcere e racconta alla famiglia il suo passato burrascoso. Maria arriva, vomita perché è incinta e lo comunica al marito Carlo, il quale non capisce di essere stato tradito e vaga pensieroso per un paio di giorni finché giunge all’ufficio di Giuseppe. Giuseppe ha deciso di vendere una parte delle sue quote Sanit alla Sanide per pagare la multa. Qualcuno lo fermerà? [Ha vinto la scelta C]

Maria Maccheroni, nel bagno della Sanide, si lava le mani e per un istante ha istintivamente la tentazione di asciugarsele con il depliant, ma si trattiene. Lo guarda ancora una volta e si compiace di averlo trovato: finalmente una bella notizia. È talmente presa dal suo depliant dal non accorgersi che sua nipote Giorgia Maccheroni si sta ancora baciando con Stefan Krauten dietro la porta del bagno e che nella stanza vicino c’è suo fratello Giuseppe. Osserva attentamente le date riportate nel depliant, non ci stacca gli occhi dalla gioia. A tentoni cerca la maniglia della porta e la gira. Fa qualche passo in avanti, sempre concentrata sul depliant, ed entra nella sala riunioni, dove Giuseppe e alcuni Krauten stanno discutendo. Sospira felice. Poi di scatto, interrompendo chi stava parlando, esclama ad alta voce continuando a fissare il foglio. «Incredibile Thilde: tra qualche giorno in città ci sarà la mostra di Toulouse e Lautrec… i miei artisti preferiti!» Poi alza lo sguardo impietrita «Un momento… o è solo la mostra di Lautrec a Toulouse, nel sud della Francia?»
Tutti la guardano esterrefatti. Maria non si accorge ancora di niente. Thilde si schiarisce la gola e sveglia Maria dal suo mondo. «Giuseppe! Che ci fa qui? Sei venuto per avere informazioni sulla mostra d’arte in città?»
Giuseppe non dice niente e rimane a bocca aperta. Thilde scuote invece la testa e comincia a redarguire Maria. «Ti afefo tetto ke afresti potuto cominciare a laforare tomani…»
Non fa in tempo a finire che viene interrotta dall’ingresso di tre persone che parlano a turno. «Dofe diafolo è antato?»«Appiamo cercato dappertutto…»«Un paio di ciorni fa era a skuola con me». Sono Klaus Krauten, sua moglie Beate e loro figlia Kristen. Thilde sta per chiedere, ma loro rispondono in coro. «Afete fisto Stefan?»
I Krauten e i Maccheroni presenti scuotono la testa. In quel momento però entrano di corsa Teresa la moglie di Giuseppe e il figlio Edoardo, il quale, scrivendo messaggi sul cellulare, non vede lo scalino d’ingresso, cade e si rompe il braccio… quello sinistro questa volta. «Ahia!» scrive su Facebook. Gli altri non se ne accorgono e Teresa prende la parola. «Dove diavolo è andata? L’abbiamo cercata dappertutto… eppure un paio di giorni fa era a scuola!»
«Di chi stai parlando, tesoro?» Giuseppe chiede incuriosito.
«Di tua figlia Giorgia… io sono appena arrivata dall’aeroporto, ero in Italia a trovare Andrea, ed Edoardo mi ha detto che Giorgia non si fa viva da un po’.»
Maria interviene «Hai provato alla mostra d’arte di Toulouse e Lautrec?»
Maria è fulminata con lo sguardo da tutti i presenti e in quel momento entra un’altra persona che non sembra accorgersi di tutti i presenti ma si focalizza solo su Maria. «Oh eccoti! Sapevo di trovarti qui.» È suo fratello Mario junior.
«Che ci fai qui?» Gli chiede Maria.
La domanda rimane in sospeso perché c’è un’altra persona in arrivo. È Rosa, la madre di Giuseppe, Maria e Mario junior. «Giuseppe, ti cercavo. Ho incontrato per strada tuo cognato Carlo in semi stato catalettico che mi ha detto che eri qui!».
Tutti cominciano a parlare in contemporanea facendo un gran baccano. A quel punto…



Ora leggete i tre finali alternativi.
FINALE A____________________
Giuseppe è confuso da tutte le persone che sono entrate e irritato dalla confusione. Inoltre è esasperato perché non ha ancora concluso il motivo della sua sgradita visita nella sede Sanide dei Krauten. Si mette le mani tra i capelli ed esplode urlando. «Allora me le volete comprare o no queste quote Sanit?»
Tutti ammutoliscono. Dopo qualche secondo sua madre Rosa chiede timidamente. «Tesoro, volevi vendere le quote di famiglia?»
«Sì, mamma» risponde un po’ in imbarazzo «ma solo per pagare il debito e non finire in prigione come papà…» Rosa si commuove e lo abbraccia.
Klaus Krauten ha ascoltato interessato la proposta di Giuseppe, riflette e poi bisbiglia qualcosa all’orecchio di Thilde, la quale ghigna beffarda, annuisce e dice. «Fa pene, io compro le tue qvuote, ma…» qui fa una pausa lunga e perfida «solo se acciuncete altre qvuote… anche mio fratello Klaus ne fuole qvualkuna. In campio noi tella Sanide ci impeghniamo a non proturre più bidet, lascianto a foi il monopolio in Schwezia!»
I Maccheroni si riuniscono in cerchio per qualche minuto gesticolando concitatamente. Qualcuno non è d’accordo ma c’è una maggioranza. Teresa si schiarisce la voce. «Accettiamo l’offerta!» Esclama a sorpresa. «Potete prendere le mie quote: mi servono soldi per andare a trovare mio figlio Andrea ogni fine settimana in Italia».
Thilde ride sotto i baffi. Non solo perché ora lei, suo fratello e suo padre detengono la maggioranza delle quote Sanit, ma anche perché sa che Andrea Maccheroni non vive in Italia, ma fa il pittore in Svezia sotto il falso nome di Andreas Falukorv.
Giuseppe è deluso. Maria allora lo consola e gli fa una proposta. «Perché non vieni ad aiutarmi nel mio nuovo progetto?»
Giuseppe sta per rispondere ma suo fratello Mario junior interviene entusiasta. «Sì, perché no? Tutti insieme in un nuovo progetto. Io infatti ero venuto qua per dire che ho deciso di aiutare Maria nel suo nuovo progetto sottoscrivendo il contratto! Contenti?»
Giuseppe è sbalordito. «Quindi anche tu hai firmato per i Krauten?»
Mario junior risponde pacato. «No, ho firmato un contratto per aiutare Maria nel suo prossimo progetto…» Poi ci pensa e si accorge dell’errore «non sapendo che fosse un progetto per la Sanide!» È sconvolto. «Oh mio dio, no! Non ho letto bene tutte le clausole!»
Giuseppe sospira e alla fine cede. «A questo punto non mi resta altro che prendere parte anch’io al progetto di Maria!»
La famiglia Maccheroni si abbraccia, mentre Thilde Krauten se la ride. Ride anche suo padre Ralf, in ritardo perché ha capito dopo qualche minuto quello che è successo.
I ruoli si sono capovolti: ora i Krauten disegneranno water per la Sanit e i Maccheroni faranno lo stesso per la Sanide.


FINALE B____________________
Tutti cominciano a parlare in contemporanea facendo un gran baccano. A quel punto Edoardo si alza con braccio sinistro rotto a penzoloni. Cerca di attirare l’attenzione per avere aiuto, ma non riesce a parlare: ormai riesce solo a comunicare via etere, quindi manda e-mail ai genitori, scrive messaggi a sua sorella e scrive su Facebook “Aiuto”, ricevendo solo molti “like” ma nessuna risposta. Tutti continuano a parlare a voce sempre più alta. Infine Edoardo è disperato, il braccio gli fa male e prova a chiamare al cellulare sua nonna Rosa, anche lei presente in sala. Rosa aveva lasciato sbadatamente sul bancone d’ingresso della hall il telefono che comincia a vibrare per la chiamata. Il cellulare vibra e si sposta leggermente a ogni vibrazione. Spostandosi si avvicina a una candela accesa, la urta e la fa cadere. La candela cade nel cestino della carta da riciclare e il fuoco avvampa subito. Le fiamme si alzano dal cesto e lambiscono i fogli della stampante appena usciti. Il fuoco prende piede e anche la stampante comincia a bruciare. Il cellulare di Rosa continua a vibrare e poco dopo cade finendo contro il cestino in fiamme, rovesciandolo. Ora il fuoco è sparpagliato sul pavimento e raggiunge una bottiglietta di alcol per la pulizia del pavimento. In men che non si dica prende subito fuoco e con essa anche il mocio, il tappeto d’ingresso e un poster appeso alla parete. L’incendio si propaga rapidamente ora: ha raggiunto il divanetto della sala d’attesa, la carta da parati delle pareti, il banco dell’accettazione e si sta dirigendo minaccioso verso il guardaroba con le giacche.
Nella stanza a fianco la situazione è sempre nel caos: Edoardo cerca aiuto senza riceverlo e i Maccheroni litigano con i Krauten lanciandosi insulti e improperi da una parte all’altra. Nel bagno Giorgia e Stefan continuano a baciarsi. Nessuno si accorge dell’incendio che nel frattempo avanza a passo spedito. Ora ha preso fuoco i guardaroba, tutto il bancone e il fumo sta passando sotto la porta della sala dove ci sono tutti gli altri.
«Kos’è qvesta puzza?» Chiede Thilde.
«Skusate… ero acitato per qvesta confusione e mi è skappata!»
«Ma no papà… non qvella puzza… intento la puzza di fumo!»
In quell’istante tutti si fermano e si girano a guardare l’ingresso. Klaus Krauten apre la porta e una vampata di calore quasi lo spinge all’indietro. L’immagine dell’incendio è spaventosa. Per qualche strano motivo l’impianto antincendio non ha funzionato. Nell’attimo successivo si scatena il panico. Tutti si agitano e cominciano a scappare. Per fortuna le fiamme hanno lasciato un corridoio libero e tutti riescono a uscire indenni… anche Edoardo è trascinato fuori per il braccio (quello buono). Proprio tutti? Purtroppo no. Nella foga i Krauten hanno dimenticato di spingere fuori Ralf con la carrozzina. Il vecchio ora urla chiedendo aiuto, ma nessuno lo sente e nessuno si accorge della sua mancanza. Ormai le fiamme hanno quasi cinto la stanza chiudendo il passaggio per l’uscita. Ralf urla invano ancora un paio di volte ma non c’è niente da fare. A quel punto Ralf fa l’impensabile: si alza a sorpresa dalla sedia a rotelle e corre come un matto verso l’uscita. La forza della disperazione? Era tutta una finta? Nessuno lo saprà mai. Ora sono davvero tutti salvi. Davvero tutti? No: Giorgia e Stefan sono ancora in bagno a baciarsi senza accorgersi di nulla. Le fiamme sono quasi giunte anche lì. Non c’è più scampo per loro, anche perché nessuno potrà andare a salvarli non sapendo che sono lì. Moriranno dunque così, arsi nel loro amore?
«Nooo!»
Andrea Maccheroni urla e apre gli occhi all’improvviso in quella stanza di terapia intensiva dell’ospedale Danderyd di Stoccolma, dove è stato ricoverato in seguito all’incidente d’auto con la sua famiglia. I Maccheroni gli sono stati vicino da qualche giorno e ora un boato di gioia accoglie il suo risveglio dal coma. I Krauten non sono mai arrivati in Svezia. Giorgia e Stefan non rischiano la morte. Era tutto incubo di Andrea indotto dalla morfina. I Maccheroni e la Sanit sono ancora il leader mondiale nel settore dei sanitari.



FINALE C____________________
Tutti cominciano a parlare in contemporanea facendo un gran baccano. A quel punto Martha Fischer non ce la fa più e decide di andare in bagno per prendersi una pausa da tutta quella confusione. Apre la porta sbuffando e vede Giorgia e suo nipote Stefan che si stanno baciando. È molto sorpresa e richiude la porta incredula. Respira affannosamente e ripensa a quello che ha visto. «Non può ezzere!» Deve riguardare. Apre allora lentamente e sbircia dalla fessura. La scena è la stessa: i due giovani che continuano a baciarsi appassionatamente fregandosene del resto del mondo. «Allora è proprio fero: un Krauten e un Makkeroni!». Il cuore le batte fortissimo. Una persona della sua età non dovrebbe subire certi traumi. Martha cerca di calmarsi e ora respira profondamente mentre riflette. Inspira ancora un paio di volte e poi urla a squarciagola. «Skantalo! Disonore! Fercogna!» Tutti smettono improvvisamente di parlare e si fanno muti «Qvuesto è uno scempio, è un’intecenza!»
«Ke succete mamma?» Thilde Krauten chiede preoccupata.
Martha non dice niente, scuote la testa e apre la porta facendo vedere a tutti il bacio proibito. Un grido di stupore generale pervade la stanza. I due innamorati però rimangono avvinghiati. Passa un minuto di borbottii e parole di stupore dei presenti ma i due non si smuovono. Alla fine Martha prende l’iniziativa e picchietta sulla spalla del nipote. «Hm, racazzi… stiamo parlanto di foi.» Solo in quel momento Giorgia si vede tutti gli sguardi puntati addosso ed emette un gridolino isterico e d’istinto fa mezzo passo indietro. Stefan si mette davanti per proteggerla.
Martha incalza. «Qvuesto è un grosso skantalo. Un Krauten e una Makkeroni… inzieme: inaccettabile!» Altri mormorii dalla sala. Dopo qualche secondo Martha continua. «Io proponco ke i racazzi fenkano separati per impetire ke qvuesto oltraccio fata oltre oghni limite!»
«Giusto!» Giuseppe le fa eco «Tutto questo è inammissibile. Come hai potuto, Giorgia?» Giorgia tace costernata.
«E tirò ti più: Stefan ferrà rinkiuso…» Thilde è spietata «nel nostro castello di famighlia in Westfalen.»
«Nein, il kastello in Westfalen no, ti preco zia, no!» Il giovane Stefan protesta.
«E Giorgia nella residenza estiva nell’isola di Montecristo!» Giuseppe segue a ruota.
Giorgia scoppia a piangere disperata. Thilde e Giuseppe Ghignano soddisfatti, per una volta complici. C’è un attimo di silenzio dopo queste affermazioni così decise: un silenzio complice per tutti i presenti. Nessuno osa controbattere e quasi tutti annuiscono chi più, chi meno convinto. Solo una persona però si morde il labbro nervosamente. Vorrebbe parlare, ma ha paura perché nessun altro osa contraddire la sentenza. I Krauten strattonano Stefan da una parte separandolo da Giorgia. Teresa prova a consolare la figlia, ma non va contro la decisione del marito. Stefan sta per essere portato fuori. I due giovani si scambiano un ultimo sguardo d’amore struggente a distanza.
«Fermi tutti! Io sapefo… io sapefo di qvuesta storia. Sapefo e non ho detto nulla» Tutti i Krauten si girano di scatto verso Beate con un’espressione di stupore e di rimprovero, ma lei non si ferma «Sono stata zitta perkè qvuesta storia tra Ciorcia e Stefan… è una storia t’amore profonta, t'amore zincero, t'amore puro. Anke la mia prima reazione appena li ho fisti ke si paciafano è stata ti rappia e intigniazione… ma poi ho kapito e mi zono commossa. Ci ho penzato e ripenzato e alla fine sono stata in silenzio perkè creto ancora in una cosa, una cosa importante: l’amore defe fincere… sempre!»
Durante il breve discorso, qualcuno piange commosso, qualcuno è invece contrariato. Thilde prende la parola. «Io proponco ti metterla ai foti.» Inizialmente sembrano tutti in imbarazzo per questa proposta assurda ma poco alla volta tutti sembrano convincersi che sia la cosa migliore. «Alzi la mano ki fuole ke i tue ciofani si separino.»
Thilde, Giuseppe, Martha, Kristen (a lei interessa Giorgia) e Maria (lei sa che non funzionano le coppie Krauten-Maccheroni) esprimono il loro voto: cinque persone.
«Ora alzi la mano ki fuole infece ke i giofani restino azzieme.»
Giorgia, Stefan, Mario junior, Rosa, Teresa, Beate e Klaus votano a favore: sette persone.
«Il foto di Ciorcia e Stefan offiamente non fale!» I due ragazzi abbassano mestamente il braccio: rimangono dunque in cinque. Sono pari. Edoardo avrebbe voluto alzando la mano, ma col braccio rotto non ce l’ha fatta (la destra è occupata a chattare sul cellulare). Ralf non ha votato perché non ha capito cosa sta succedendo. Martha gli sussurra all’orecchio e sta per convincerlo a votare contro, ma Ralf continua a non capire. Edoardo, invece, decide di votare on-line… e lui è favorevole. Non c’è più tempo, la votazione è finita. I due giovani dunque si riabbracciano felici: l’amore vince ancora!


Avete una settimana di tempo per votare una delle tre alternative con un commento alla fine di questo episodio sul blog, su Facebook, oppure scrivendomi su Twitter (@robriva82). Vi basterà scrivere “A”, “B” o “C” per votare.



domenica 8 luglio 2018

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: riassuntone

La famiglia Maccheroni è in macchina. Mentre Giuseppe, padre di famiglia e capo dell’azienda di sanitari Sanit, è alla guida, riceve una brutta notizia al telefono. Immerso nei suoi pensieri, non vede che una renna si è fermata in mezzo alla strada. Per evitare l’animale, sterza e l’auto esce di strada. Il primogenito Andrea è in coma farmacologico e il terzogenito Edoardo ha un braccio rotto, gli altri (la moglie Teresa, la secondogenita Giorgia e Giuseppe stesso) sono miracolosamente illesi. Giuseppe era stato distratto dalla notizia che la famiglia tedesca Krauten (e la loro ditta di sanitari Sanide) è appena giunta in città: c’è un segreto tra di loro che nessuno osa raccontare. Qualche giorno dopo l’incidente d’auto il primogenito Andrea Maccheroni è ancora in coma in ospedale e Giuseppe attende la visita di sua sorella Maria. Dopo aver sbagliato ospedale, Maria va a far visita ad Andrea in ritardo proprio mentre lui si risveglia dal coma. Il giorno stesso Maria torna al lavoro nella Sanit, la ditta di sanitari di famiglia, e ci rimane fino a tarda sera. Dopo il lavoro, stanca morta, Maria finisce per sbaglio a casa della famiglia rivale Krauten, appena trasferitisi a Stoccolma nel palazzo di fronte a quello dei Maccheroni. Al buio non si accorge di non essere a casa sua e finisce addirittura a letto con Franz Schneider, marito di Thilde Krauten. Presa dal panico e per non far spargere la voce, Maria è costretta ad accettare il ricatto di Franz: disegnare un progetto di water che Franz presenterà agli altri membri della famiglia Krauten spacciandolo per proprio. I Krauten della ditta Sanide però rifiutano il progetto e lo lanciano fuori dalla finestra in forma di aeroplano di carta. L’aeroplanino finisce nello studio dei Maccheroni che si trova dall’altra parte della strada. Un furioso Giuseppe straccia il progetto e lo getta nella spazzatura. Mario, fratello di Giuseppe e Maria Maccheroni, lo recupera e, riconoscendo lo stile familiare del disegno, chiede a sua moglie Monica che cosa si potrebbe fare. In quel momento sopraggiunge Maria che mal interpretando le parole dei due crede che il suo involontario tradimento con Franz sia stato scoperto e confessa. Mario allora corre furioso da Franz e a sorpresa lo bacia per vendetta. Thilde Krauten, moglie di Franz, vede il bacio e decide di attuare un’altra vendetta presentandosi all’ospedale dove sta per essere dimesso Andrea, primogenito della famiglia Maccheroni. Thilde propone ad Andrea di passare alla ditta rivale, la Sanide. Riaccompagnato a casa da Thilde, Andrea non trova suo padre ad attenderlo perché Giuseppe, deluso dalla brutta giornata lavorativa, è andato a bere al bar, dove gli sembra di vedere di sfuggita suo padre, morto molti anni fa. La sera stessa Andrea litiga con suo padre appena tornato ubriaco dal bar e decide di accettare l’offerta di Thilde, cambiando identità. Andrea comunica la sua decisione anche a sua madre Teresa, che promette di andarlo a trovare ogni fine settimana. Mentre Thilde lancia palle da golf dalla finestra del suo ufficio durante la festa aziendale della Sanide (una pallina rompe la finestra di Giuseppe), Andrea arriva per chiedere aiuto. In quel momento arriva stralunata anche Maria Maccheroni che firma per sbaglio un progetto a contratto per la Sanide. Subito dopo, un furioso Giuseppe giunge alla Sanide con una mazza da baseball. Una volta scoperto ciò che ha fatto sua sorella perde la testa, sfascia tutto e sta per colpire Thilde quando la vista di suo padre, che invece non era morto, lo interrompe. In lacrime la famiglia ritrovata Maccheroni si abbraccia ma arriva la polizia e arresta Mario Maccheroni senior. Mario sta per essere portato via mentre arriva sua moglie, madre di Giuseppe e Maria Maccheroni, Rosa Rosi. Rosa però non riesce a incontrarlo perché rimane bloccata in ascensore. Nel frattempo scoppia l’amore proibito e segreto tra i due giovani delle famiglie rivali, Giorgia Maccheroni e Stefan Krauten (scoperto in seguito solo da Beate, la madre di Stefan). Due giorni dopo Mario senior è in carcere e racconta ai Maccheroni il suo passato burrascoso e la sua morta inscenata. Anche il figlio Giuseppe ha dei problemi: l’economia familiare non è delle migliori e ha appena ricevuto una multa salata. Se non la paga dovrà andare in carcere. Subito dopo arriva Maria che vomita perché è incinta. Corre a casa e lo comunica al marito, Carlo, il quale è incredulo e non capisce di essere stato tradito. Carlo passa alcuni giorni a rimuginare su questa notizia e si ritrova casualmente nell’ufficio di Giuseppe. Anche Giuseppe ha molti pensieri ma alla fine si decide: propone ai Krauten la vendita delle quote della sua azienda, la Sanit, per far cadere le accuse a suo carico (e quindi anche il rischio carcere). Thilde non accetta, ma suo padre Ralf Krauten accetta a sorpresa perché ha già delle quote Sanit (ricevute da Mario senior) e perché ha aiutato Mario senior a fingere la morte. Lì vicino, nel bagno della Sanide, ci sono altre persone: Giorgia Maccheroni e Stefan Krauten che si baciano e Maria Maccheroni che ha in mano un misterioso volantino.


mercoledì 4 luglio 2018

HORROR ALL’ITALIANA – Il mondiale

È notte. Fuori fa freddo. Fulmini squarciano il cielo. I lampi illuminano la città e i tuoni spaccano i timpani. La pioggia cade fitta e bagna le coscienze della gente. A parte il temporale tutto tace.
Un uomo baffuto, in canottiera bianca sporca di sugo e sigaretta in bocca è seduto comodamente davanti alla televisione. Distende comodamente le gambe sul pouf, appoggia abilmente la birra tra i rotoli della pancia e sbocconcella una bella fetta di pizza. Telecomando e posacenere sono a portata di mano. La moglie è fuori con le amiche. Tutto è perfetto per la sua serata. Oggi c’è la partita dell’Italia in tivù. Ci sono gli ottavi di finale contro il Brasile… sì, sempre loro, quelli che ci battono sempre o quasi sempre. Questa volta però non perderemo. L’uomo ne è convinto… e invece perdiamo: 3-0, senza storia! «Nooo!» L’uomo paffuto si risveglia sul divano in un bagno di sudore. Per fortuna era solo un sogno. In realtà il giorno precedente abbiamo battuto il Suriname ai rigori (ce ne sono voluti dodici… Baggio ha sbagliato il primo ma ha segnato il secondo decisivo) e stasera siamo ai quarti contro la Francia. Quanti ricordi… ricordi di vittorie esaltanti ma soprattutto di cocenti sconfitte. Oggi però è un altro giorno e questa una nuova partita. L’uomo in canottiera bianca sporca di sugo lo sa bene questo. Vinciamo infatti uno a zero con un gioco da calcio champagne. Siamo ormai nell’ultimo dei tre minuti di recupero ma i francesi ci fanno due gol nel quarto minuto di recupero che era stato aggiunto perché Materazzi ha perso troppo tempo fingendo un infortunio al petto. Abbiamo perso. «Nooo!» L’uomo grassottello si risveglia sul divano in un bagno di sudore. Per fortuna era solo un sogno. In realtà il giorno precedente abbiamo vinto contro l’Andorra con un gol in fuorigioco viziato da un fallo enorme non visto dall’arbitro. Siamo dunque in semifinale. Stasera ci tocca l’Argentina. Ci brucia ancora quella sconfitta in casa nel mondiale del ’90. È tempo di vendetta! L’uomo appoggia il pezzo di pizza e si gratta le palle per scaramanzia. No, la vendetta è posticipata: l’Argentina ci batte con due gol di scarto… entrambi di mano. «Nooo!» L’uomo baffuto si risveglia sul divano in un bagno di sudore. Per fortuna era solo un sogno. In realtà il giorno precedente abbiamo sconfitto le Cayman a tavolino e siamo in finale della coppa del Mondo contro l’odiatissima Germania. La battiamo sempre… quasi sempre (e qui parte un’altra toccatina). Ai tedeschi rode sempre… quasi sempre? No, no, a loro rode proprio sempre. L’uomo se la ride compiaciuto. Ora però basta chiacchiere e passiamo alla telecronaca della partita. I tedeschi hanno fatto catenaccio per tutta la gara, mentre l’Italia ha attaccato tutto il tempo. Abbiamo fallito un rigore, colpito due pali, una traversa e ci sono stati tre salvataggi miracolosi sulla linea della porta avversaria. Siamo ancora zero a zero anche dopo i tempi supplementari. Manca un minuto alla fine. La prospettiva di un finale ai calci di rigore è sempre più vicina. L’uomo ha già chiamato l’ambulanza e ha preparato il defibrillatore accanto alle sigarette e alla birra in maniera precauzionale. Ora c’è un lancio lungo della retroguardia crucca, i nostri difensori lisciano la palla che viene agguantata da un attaccante avversario che s’invola in aria. A tu per tu col portiere si butta a pesce e invoca un rigore assolutamente inesistente. Si sente il fischio dell’arbitro. Deve essere sicuramente ammonizione per simulazione, pensa l’uomo ormai alticcio e satollo. L’arbitro invece concede incredibilmente la punizione estrema dagli undici metri. Il portiere è espulso. L’Italia ha terminato i cambi e in porta ci va l’allenatore anzianotto. L’attaccante della Germania va sul dischetto. Prende una lunga rincorsa con passetti piccoli a mo’ di papera e parte col suo tiro… a cucchiaio che beffa l’improvvisato portiere italiano. La partita finisce lì: la Germania è campione del mondo… campione del mondo… campione del mondo! Impietrito, seduto sul divano l’uomo urla disperato: «Nooo!» L’uomo affannato si risveglia sul divano in un bagno di sudore. Per fortuna era solo un sogno. In realtà non è il giorno della finale. Va tutto bene: l’Italia è come sempre in preda allo sbando politico e culturale, alla corruzione in ogni settore professionale, alla squallida polarizzazione dell’opinione pubblica, ai beceri populismi e perbenismi da quattro soldi e ovviamente alla tanto cara prostituzione televisiva legalizzata. L’uomo arrapato tira un sospiro di sollievo: per fortuna è tutto come si aspettava e sperava. È tutto tranquillo e sotto controllo. Oggi è un giorno bellissimo: iniziano i mondiali e subito dopo l’uomo si godrà le meritate vacanze al mare. Oggi è il 14 giugno… 2018. Hm, aspetta un momento… anno 2018? Oddio, quindi l’Italia non si è qualificata per questo mondiale! «Nooo!» 

mercoledì 27 giugno 2018

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il malato

Per il malato le giornate sono lunghe, lunghissime. Si sveglia la mattina presto dopo una notte insonne e il cervello gli rimbalza nella scatola cranica come se fosse una palla da basket. I muscoli gli fanno male come durante una sessione di pesi. Sente le fitte allo stomaco come se fossero dei giavellotti. No, oggi è meglio non fare sport. Il malato, allora, sta a casa e si ributta a letto. Dorme fino alle dieci, poi prova ad alzarsi, ma la gravità è una brutta bestia e lo lascia inerme tra le lenzuola calde. E allora che si fa? Decide che è finalmente arrivato il momento di riprendere il libro che ha da troppo tempo sul comodino: legge duecento pagine, quando di solito ne riusciva a leggere massimo trenta, e incredibilmente finisce il libro. Intanto è già ora di pranzo. Si fa un riso in bianco, pasteggiandolo con acqua di ottima annata, frizzante all’occorrenza, se ci si scioglie dentro un’aspirina. Mentre mangia, gli parte un attacco di tosse ed è costretto ad andare in bagno per sputare il catarro nel lavandino. Si guarda allo specchio: ha una brutta cera e ha la gola in fiamme. Si sente più una candela che una persona. Si misura la febbre: è salita alla vertiginosa soglia dei trentasette e cinque. “Riuscirò a tornare quello di prima?” Pensa disperato. “Sopravvivrò a questa influenza stagionale?” Per evitare il pensiero torna a dormire, non prima di aver letto altre duecento pagine… dello stesso libro di prima perché sdraiandosi a letto, si è dimenticato di prendere un nuovo libro dallo scaffale e ora non ha più la forza di rialzarsi. Legge dunque, poi si stufa, fa le parole crociate, sonnecchia, guarda la televisione, poi legge ancora, ma non ce la fa più ad andare avanti con lo stesso libro di prima e decide di alzarsi. Con un gran mal di testa si avvicina allo scaffale e legge i titoli: tutti quei Libri danno inquietudine, scegliere è un Processo difficile, si sente un Miserabile con molti dolori alle giovani Vertebre a causa dell’ultima Notte in bianco, però, con Orgoglio e giudizio, sceglie di Malavoglia un testo. Lo legge fino a ora di cena. Una minestrina riscaldata gli tiene un’allegra compagnia. Dopo cena si guarda una puntata della sua serie preferita. Ne guarda un’altra, poi un’alta e un’altra ancora. Al dodicesimo episodio stramazza al suolo esausto e si addormenta. Il giorno dopo si sente un po’ meglio, pensa che la malattia sia passata, e allora esce, va al lavoro, ma a metà giornata sta peggio di prima: è la ricaduta, domani sarà un’altra giornata lunga, lunghissima.

Acheso: dea della guarigione delle ferite e della cura delle malattie.

giovedì 21 giugno 2018

PROMOZIONE – Estratto da “I casi del commissario Grammatikus” – parte 3 di 3


Oggi vi propongo un estratto dal mio libro “I casi del commissario Grammatikus”, un giallo comico diviso in sei racconti. Vi presento il terzo e ultimo estratto dal primo caso: “Nominativo”.

Nominativo – parte 3
Mezz’ora dopo sono tutti in piazza. Tutti si guardano perplessi: prete, casalinga e parrucchiera sono seduti, mentre il barista è in piedi. Grammatikus è stizzito.
— Avevo detto che tutti avevano dovuto sedersi sulla panchina.
— Ma commissario, — il barista si giustifica — non c’era spazio per tutti. La panchina è troppo corta.
— Mi sembra di sentire le lamentele di un allenatore di calcio… va bene, non importa. Andremo avanti lo stesso. — fa una pausa scenica per aumentare la tensione — Siete tutti qui perché siete sospettati di aver spedito in stato catatonico Marcello de Vultris con una serie di insinuazioni e insulti basati unicamente sul nome di famiglia che porta e non sulla sua persona. — il pubblico protesta mugugnando — All’inizio io e la mia assistente Veronika Sapientini pensavamo che era colpa di tutto il paese… e non avevamo tutti i torti, perché siete tutti colpevoli per le dicerie a carico del de Vultris, ma poi alcuni indizi e alcune testimonianze ci hanno fatto pensare che ci sarebbe stato qualcuno in particolare dietro una reazione così violenta da indurre il de Vultris in uno stato catatonico… e dunque eccovi qua. — Veronika passa il blocco degli appunti al commissario — Ai piedi della vittima, abbiamo trovato un rosario con le iniziali “D.N.” che ci ha fatto subito pensare al qui presente don Nando. Nella nebbia di ingiurie dove abbiamo trovato la vittima c’era un forte odore di caffè: come non pensare al bar del paese, vero signor Donato?
— Ma tutti bevono caffè!
— Giusta osservazione, signor Donato. Infatti la terremo in considerazione. Inoltre la vittima aveva una macchia rossa sulla camicia, che poteva essere di vino o di sugo, ma le analisi hanno confermato essere salsa di pomodoro… come quella che lei signora Donatella stava facendo bollire in pentola. — il commissario alza subito la voce come per sovrapporsi a quella della donna — Tutti sanno cucinare una pasta al pomodoro… era questo che stava per dire, vero signora? — la casalinga non dice nulla — Poi scopriamo che don Nando ha perso il suo rosario, il che lo pone in cima alla lista dei sospettati, ma non fuma, il che lo scagiona parzialmente, considerato che ci sono dei mozziconi di sigaretta sul corpo di de Vultris. Mozziconi che potrebbe aver messo lui stesso per sviare le indagini. Infine le tasche della vittime erano piene di briciole di pane e penso di nuovo al barista; de Vultris aveva i capelli tagliati da poco e penso alla parrucchiera; c’era una ciocca di capelli lunghi castani e ricci, che mi fa pensare nuovamente alla casalinga e alla parrucchiera, escludendo il barista… non, però, se consideriamo che i due hanno una tresca amorosa!
— Devota! — la voce di don Nando interrompe le grida di stupore — Mi meraviglio di una devota come te!
— Lo so, mi spiace, don, ma la carne è debole! — la parrucchiera è in lacrime, mentre il barista sorride compiaciuto di se stesso — Quanti atti di dolore fanno?
— Non è ancora tempo di confessioni… — il commissario riprende il discorso — Quindi, siete di nuovo tutti in corsa. Poco fa, però, ho ricevuto un’informazione molto interessante dalla domestica di don Nando. — tutti tendono le orecchie — Ricordate il rosario smarrito dal prete? Bene, non è stato perso. È stato prestato: dalla perpetua Perpetua a chi? Donato a Donato, a Donatella, oppure alla devota Devota?
La tensione è allo spasimo e Grammatikus dà il colpo di grazia.

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Sì, lo so, questo pezzo potrebbe tranquillamente stare nella rubrica “Kissenefrega”… prendetelo come una sottocategoria letteraria!