martedì 28 marzo 2023

ITALIENAREN – Denti

I denti non sono una parte del corpo.
Sono in molti a sostenerlo, quantomeno in Svezia. Se come primo approccio sembra una frase stramba e azzardata come se si stesse dando aria ai denti, a una seconda riflessione si può comprendere che non sia poi così inappropriata come conclusione. Ne ho convenuto pure io: in Svezia, i denti non sono una parte del corpo. Il discorso non vale solo per tutti quelli che, per un motivo o per l’altro, a fine giornata staccano la dentiera e la appoggiano sul comodino. No, vale per tutti gli adulti. I denti sono quasi considerati alla stregua di un vestito, un optional o un gioiello, un po’ come per alcune star del rap in effetti. I denti sono speciali come d’Artagnan con i tre moschettieri o come Gaia con Qui, Quo e Qua, una parte del gruppo ma ne sono in un certo modo fuori.
Non mi credete? Allora lasciate che vi parli fuori dai denti e seguitemi in questo strampalato ragionamento.
Se devi andare all’ospedale perché ti sei rotto un braccio, seguire un percorso di riabilitazione dal fisioterapista per il ginocchio malconcio, eseguire una serie di analisi e controlli dal medico di base, intraprendere una terapia dallo psicologo per degli attacchi di panico o anche se hai deciso di sfasciarti il fegato bevendo alcol come un ubriacone ogni sera, il sistema sanitario svedese ti facilita la vita. La regione dove vivi ti aiuta economicamente facendoti pagare gli interventi sanitari solo fino ad una certa somma. Si chiama högkostnadsskyddet e per la regione di Stoccolma, per esempio, è fissato a 1200 corone. Oltre a quella cifra spesa, tutte le visite sono gratuite per un anno[1]. Meraviglioso, vero? E lo è. Quel numerino in apice che ho scritto non è un asterisco che rimanda a condizioni nascoste scritte con un carattere minuscolo atte a ingannare l’utente, ma è solo il link al sito in svedese per maggiori informazioni. Non c’è trucco e non c’è inganno.
Se il problema però si presenta in bocca, cari miei, c’è da stringere i denti – bita ihop, come si dice da queste parti – perché la situazione è diversa. Se è vero che fino ai 23 anni d’età tutte le visite e interventi odontoiatrici sono gratuite, per gli adulti più anziani l’agenzia svedese di previdenza sociale (Försäkringskassan) concede alcuni contributi economici annuali ben più modesti, che variano in base alla fascia d’età dalle 300 alle 600 corone all’anno (tandvårdsbidrag). Inoltre, è previsto un högkostnadsskyddet anche per le visite odontoiatriche ma comporta che oltre le 3000 corone si paghi solo il 50% del prezzo e l’85% del prezzo oltre le 15000 corone[2]. Ora non voglio passare per quello che ha il dente avvelenato contro il sistema, anzi ne sono grato, ma va sottolineato come nella sanità in Svezia ci siano figli e figliastri. Non resta quindi che pagare il conto a denti stretti e constatare che i denti non sono una parte del corpo.
A fine giornata mi guardo allo specchio del bagno e sorrido. Non perché oggi sia particolarmente allegro o perché mi goda i miei denti bianchi e belli dopo una devitalizzazione del terzo molare e un’otturazione coi fiocchi al premolare, ma perché almeno in tutta questa storia ho reso felice qualcuno: il mio dentista. Nello specifico, il suo conto corrente bancario.
 
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Ecco il link all’articolo su Il lavoratore:
https://italienaren.org/i-denti-non-sono-una-parte-del-corpo/


[1] https://www.1177.se/Stockholm/sa-fungerar-varden/kostnader-och-ersattningar/hogkostnadsskydd-for-oppenvard/
[2] https://www.forsakringskassan.se/privatperson/tandvard/tandvardsstod

lunedì 20 marzo 2023

ITALIENAREN – Stagioni

Oh, finalmente! Oggi è il primo giorno di primavera! Inspiro profondamente l'aria fresca del mattino e già mi sento megl…
Nej, nej, nej!
Ma come no? Oggi è il 20 marzo 2023, equinozio di primavera e quindi primo giorno della nuova stagione. È così, c'è poco da fare. Niente da discut…
Nej, nej, nej!
Ancora! Oh, ma che cosa stai dicendo?
 
Non so a voi, ma a me è capitato spesso di imbattermi in questa conversazione con gli svedesi, soprattutto nei primi anni di vita a Stoccolma. Se non ricevevo un no secco come in questo caso, quantomeno mi beccavo uno sguardo sbalordito oppure suscitavo l'ilarità di colleghi e amici svedesi che mi deridevano per questa mia affermazione, ai loro occhi, farlocca. Eppure, per me quarantenne nato e cresciuto in Italia, questa è sempre stata la definizione dell'inizio della primavera. Come il solstizio d'estate, l'equinozio d'autunno e il solstizio d'inverno sono sempre stati l'inizio delle rispettive stagioni.
A quanto pare questo non vale per Karl e Marie Svensson. Per gli svedesi, infatti, la determinazione delle stagioni non è basata sulla definizione astronomica bensì su quella calendariale oppure, ancor meglio a detta degli esperti, su quella meteorologica.
La prima è basata semplicemente sull'assegnazione di intervalli trimestrali fissi per ogni stagione: da marzo a maggio per la primavera, da giugno ad agosto per l'estate, da settembre a novembre per l'autunno e da dicembre a febbraio per l'inverno. Questo metodo, però, oltre che a essere una becera approssimazione del metodo astronomico, comporta che tutte le stagioni inizino e finiscano nello stesso giorno sia al sud sia al nord del paese e ciò non corrisponde alla realtà dei fatti. Questo ci porta alla conclusione che il secondo metodo sia più affidabile.
Il metodo meteorologico[1], infatti, è basato sulla temperatura media diurna che è semplicemente la somma della temperatura massima e quella minima diviso due…
Nei, nej, nej!
E te pareva. Non poteva essere così facile. Gli Svensson mi suggeriscono che il calcolo è ben più complesso e segue la formula di Ekholm-Modén, dove non solo si prendono in considerazione la massima e la minima ma anche la temperatura in tre specifici orari (alle 7 alle 13 e alle 19) e diversi metodi di arrotondamento dei decimali[2]. Al solo pensiero mi vengono i sudori freddi e prima che si scaldino gli animi e mi venga una broncopolmonite letteraria è meglio tornare alle nostre belle stagioni.
Allora, una volta che la temperatura media diurna rimane sopra i 10 gradi Celsius (sì, avete letto bene: dieci gradi o più) per ben 5 giorni di fila si può dare inizio all'estate. Se rimane tra i 0 e i 10 gradi Celsius per altri 5 giorni si festeggia l'arrivo dell'autunno. Se rimane sullo zero o meno per cinque giornate, allora accoglieremo l'inverno. Infine, se rimane tra i 0 e i 10 gradi per cinq… no, per 7 giorni di fila si respira aria di primavera. Perché 7 giorni e non 5? Non lo so. Forse perché la primavera è più volatile come i suoi pollini, feromoni, farfalline e rende il mondo più pazzerello e colorito.
Quindi non stupitevi più di trovare venti centimetri di neve sotto casa a marzo. Non strabuzzate gli occhi se in Svezia la Primavera di Botticelli avrà per sfondo una lastra di ghiaccio invece di un prato fiorito. Non sentitevi strampalati o soli se vi sorprendete a chiedervi come sarebbero state scritte Le quattro stagioni di Vivaldi in terra scandinava. Infine, non date solo la colpa alla scarsa qualità dell'impasto se la pizza quattro stagioni in Svezia non è buona come quella che fanno in Italia.
 
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Ecco il link all’articolo su Il lavoratore:
https://italienaren.org/stagioni/

martedì 14 marzo 2023

RACCONTI – Massima sicurezza

Carcere di massima sicurezza di Kumla, Contea di Örebro, Svezia centrale. Ora d’aria per i detenuti che solo durante questo momento di svago possono comunicare tra di loro. Durante il resto della giornata sono tenuti sotto massima sorveglianza per i crimini efferati che hanno commesso.
 
Il primo ad arrivare è un omaccione grande e grosso, dalla barba lunga e incolta e capelli neri come la notte. L’aria fredda della giornata vibra al suo passaggio. Arriva lentamente al muro di cinta del penitenziario. Lo scruta dall’alto al basso come per cercarne una crepa o un appiglio da sfruttare per scappare. Non ne trova e sputa per terra. La saliva si mischia con la sabbia secca del cortile. Mescola bene con la punta della scarpa e poi la spazza via. Lo chiamano il meccanico di quartiere per come sa usare la cinghia quando la situazione si scalda.
— Ciao meccanico, lo saluta il suo vicino di cella con voce roca e un leggero accento dell’Europa dell’est.
— Hey montatore, non ti hanno ancora scarcerato?
— Ancora no. Sono innocente da vent’anni eppure sono ancora qua.
— Fottuto sistema giudiziario! Io ho solo dichiarato al mio cliente che avrei cambiato la batteria della sua auto e poi non l’ho fatto. Che sarà mai? Lo fanno tutti… ma quei bastardi mi hanno sbattuto qui dentro.
— Tsè! — Il montatore di cucine si arrotola le maniche della t-shirt e flette i bicipiti ben scolpiti — Pensa che io ho intascato metà del costo di montaggio di una cucina, ho informato il cliente che avrei fatto il lavoro dopo le vacanze e poi sono sparito per un po’.
— Quali vacanze? Estive, natalizie, pasquali?
— Dopo le vacanze… serve essere così specifici?
Il meccanico sputa di nuovo per terra mentre si accarezza la barba folta e sporca di cibo. Nel frattempo arrivano altri due loschi figuri. Li chiamano i gemelli perché stanno sempre assieme.
— Oh, guarda un po’ chi si vede! Siete tornati dentro, eh?
— Non siamo gli unici a quanto pare, risponde a tono il piastrellista infilandosi sotto la gengiva uno snus, il tabacco in bustine tipico dei paesi scandinavi.
— Sempre un piacere rivedere il meccanico, ridacchia l’elettricista con i denti sporchi di tabacco grezzo.
— Cosa avete fatto questa volta, ragazzi?
— Niente! Non abbiamo fatto niente. Siamo incensurati.
Nel momento di pausa che segue il meccanico guarda in faccia l’elettricista e il piastrellista. Loro guardano il montatore. Il montatore fissa il meccanico aspettando una sua reazione e chiudendo il cerchio di sguardi. Poi scoppiano tutti a ridere.
— Silenzio là in fondo, urla una guardia agitando il fucile.
Le risate attirano l’attenzione di altri due carcerati che si avvicinano incuriositi.
— Sempre pronti a scherzare voi ragazzi. Dai, cosa avete fatto questa volta? Un corto circuito? Chiusa una presa elettrica perché non avevate voglia di mettere la messa a terra?
L’elettricista sputa tabacco nero per terra, poi risponde.
— No, no. Questa volta una cosa piccola: ho installato un interruttore di design.
— E allora?
Chiede una voce forte dal fondo del cortile. È l’idraulico.
— Era spropositatamente costoso… e il cliente non me lo aveva chiesto.
L’elettricista ridacchia mentre s’infila dell’altro tabacco in bocca.
— Però il tuo cliente avrà fatto un figurone con i suoi amici!
— È quello che gli ho detto anch’io, ma quel coglione non capisce.
— Non capiscono mai un cazzo!
Gli fa eco il tatuatissimo idraulico. Gli altri annuiscono e bestemmiano copiosamente.
— Non gli avrai mica sostituito l’interruttore con uno normale quando si è lamentato, vero?
— Ah, ah, ha! Per chi mi hai preso? Per un onesto lavoratore? — Tutti ridono — Una volta installato, è installato!
— Che forti che siete… e tu, invece, che hai fatto? — il meccanico si rivolge al piastrellista.
— Sai, le solite cose: un preventivo esageratamente basso rispetto al prezzo finale…
— Già, un classico. Voi artigiani siete senza fantasia, — il meccanico gli dà una bonaria pacca sulle spalle — siete per le tradizioni. Non come noi meccanici: una volta ho incluso gratuitamente il controllo della carrozzeria nel prezzo della revisione, ma per farlo la macchina doveva essere lavata. E indovinate un po’: io offrivo il lavaggio della macchina a prezzo doppio rispetto al mercato.
— Sei il migliore, meccanico! — Grida l’imbianchino che si era incuriosito del gruppetto — Io al massimo riesco a sparare prezzi altissimi per dipingere una parete e faccio spaventare i clienti che decidono di dipingere i muri da soli.
Il piastrellista gli dà un ceffone sulla nuca.
— Cretino! Così non hai mai lavoro. Prima alza i prezzi e poi li attiri con uno sconto farlocco…
L’idraulico scuote la testa.
— Siete dei principianti! Nessuno è meglio di me: io consegno una lavatrice ma non la installo perché il cliente non mi ha mandato in anticipo l’ordine di installare anche il tubo di scarico… della lavatrice stessa che gli avrei dovuto montare. Come se non avessi un tubo e gli strumenti adatti nel mio furgoncino parcheggiato là fuori!
Il meccanico ride, ma incalza accettando la sfida dell’idraulico.
— Beh, io ho una lista di scuse per aumentare ogni anno il prezzo dell’hotel per le gomme estive e invernali: l’inflazione, i sassetti che rovinano le gomme, gli affitti dei locali, nuovi attrezzi all’avanguardia…
— Io consiglio sempre le piastrelle più costose.
— Quello lo fanno tutti. Non c’è niente di male in quello.
 
Mentre i delinquenti disquisiscono deliziosamente su chi compia le malefatte più grosse, si avvicina a passi lenti un tipo non troppo alto, non troppo basso, con gli occhiali, la barba non rasata da una settimana, senza piercing o tatuaggi, un mezzo intellettualoide con un taglio di capelli fuori moda e spettinato. È un tipo po’ normale, un po’ insicuro, poco avvezzo alle cose pratiche, poco esperto… uno sfigatello insomma. In poche parole: io.
Dopo aver seguito tutta la discussione degli altri carcerati si schiarisce la voce e dice quasi bisbigliando.
— Scusate…
Gli altri riescono misteriosamente a sentirlo e si girano di colpo a guardarlo ficcandogli lo sguardo dritto in faccia.
— E tu chi cazzo sei?
Gli fa con astio il meccanico.
— La vittima.
— Chi? Qua sono tutte vittime.
L’ometto di mezza età con gli occhiali fa una pausa.
— Io sono LA vittima… — gli altri ancora non capiscono — il pollo, il coglione, il fesso!
— Ahhhh!
Esplodono in coro e ridono più di prima.
— Non ti avevamo riconosciuto così mal messo, gli dice il montatore.
Tra una bestemmia e una sigaretta di troppo, però, l’idraulico si rende conto di un dettaglio e chiede incuriosito.
— E allora perché sei qui?
Il pollo si prende il suo tempo per rispondere, si guarda le scarpe sporche di fango e di polvere, poi alza lo sguardo verso gli altri reclusi ed esclama sicuro di sé.
— Vi ho pagato con banconote false… e ora mi hanno beccato!
Il meccanico, l’elettricista, il piastrellista, il montatore, l’imbianchino e l’idraulico si fermano di colpo. Non ridono più. Nessuno fiata più. Non sanno più cosa dire. Mentre cercano di riprendersi dallo shock, le guardie fischiano la fine dell’ora d’aria e io mi risveglio dal mio incubo a occhi aperti.
 
Peccato che fosse tutta immaginazione. Beh, non propria tutta. Qualcosa di vero c’era: il conto che ho dovuto pagare a quei disgraziati.


mercoledì 8 marzo 2023

RACCONTI – La crisi

Abbraccia la crisi. Accoglila. Non scappare. Non voltarle le spalle. Affrontala a viso aperto, anche se è brutta e fa male.
L'ho detto tante volte ai miei pazienti al lavoro, ma non ho mai spiegato loro come si fa. Non perché non sia un bravo psicologo ma perché non so come si fa. Nessuno lo sa veramente. Ognuno deve trovare la propria strada. A volte hai bisogno che qualcuno ti affianchi, come un buon amico, un partner, una figura religiosa o appunto uno psicologo. Qualcuno che ti indirizzi, che ti consigli, che ti guidi. Ecco, quello lo so fare. Per gli altri, ma quando si tratta di farlo per me stesso la situazione cambia. Cambia come ogni crisi, che è diversa da quella precedente e da quella successiva. Nel momento in cui trovo il metodo giusto, il sistema non funziona più e devo cercarne uno nuovo.
Questa volta ho provato il metodo letterario. No, non è basato sul mettersi al computer e scrivere. Quello l'ho già usato più volte con fortune alterne. Questa volta abbraccerò letteralmente la crisi.
Negli ultimi mesi ho lottato con la carenza d'ispirazione. Ho guardato allo schermo del portatile con odio e paura come fosse un oggetto estraneo e ingiusto nei miei confronti quando invece era solo uno specchio. Così ho deciso di abbracciare il computer, il mouse e tutti i cavi elettrici. È stato uno shock constatare che non abbia funzionato.
Mi sono torturato coi pensieri di non essere un buon padre e di passare poco tempo coi miei figli. Così ho cercato l'influenza positiva dei loro abbracci dolci e calorosi. È stato bello, ma sono rimasto influenzato dal loro moccolo e sono rimasto a casa per due giorni.
Ho dormito poco e male. Ho fatto fatica a prendere sonno e mi sono svegliato spesso nel cuore della notte. Così ho abbracciato il letto per prendermi solo cinque minuti di pausa da tutto e tutti… e dopo un'ora e mezza mi sono rialzato.
Sono rimasto deluso dalla politica in Svezia che mi porterà a dover cambiare lavoro anche se non voglio. Così ho abbracciato una bella svedese dai capelli gialli come l'oro. Mia moglie però non ha gradito e mi sono ritrovato con un occhio nero come la notte e tanto dolore. Allora ho provato ad abbracciare anche la mia compagna di vita per cercare di rimediare al precedente misfatto, ma anche qui ne sono uscito con un niente di fatto.
Non sono stato in sintonia con il mio corpo e la natura circostante. Ho trascurato gli allenamenti e non sono stato abbastanza fuori all'aria aperta. Così ho abbracciato gli alberi in cerca di pace, ma sono solo rimasto cosparso di pece.
Alla fine mi sono accorto che tra tutte le cose che ho fatto, l'unico che non ho abbracciato, accudito e coccolato è stato me stesso. Così mi sono fatto spedire dall'Italia un pacco di biscotti. Quali? Gli Abbracci ovviamente.

mercoledì 1 marzo 2023

KISSENEFREGA – La relatività del tempo

Come diceva Albert Einstein?
“Da quando i matematici hanno invaso la mia teoria della relatività nemmeno io la capisco più.”
No, non quella. Quell’altra: “Il tempo è relativo, il suo unico valore è dato da ciò che noi facciamo mentre sta passando.” Ecco sì, questa.
L’ho sperimentata più volte nella mia vita quotidiana e lo dimostrerò con questi esempi.
Tempo libero dopo aver messo a letto i bambini di sera. Effettivo: 2 ore. Percepito: 5 minuti.
Al parco coi bambini a cinque gradi sottozero e nevischio. Effettivo: 5 minuti. Percepito: 2 ore.
Vacanze in Italia. Effettivo: 30 giorni. Percepito: 3,0 giorni.
Viaggio in macchina con due bambini piccoli. Effettivo: 1,5 ore. Percepito: 1,5 gironi infernali danteschi.
Moglie fuori casa per una conferenza lavorativa e io sono solo con i bambini. Effettivo: 2 giorni. Percepito: 2 rughe in più sotto i miei occhi, 1 ulcera in più e un ciuffo di capelli persi.
Visita all’IKEA con la propria compagna. Effettivo: 6 ore. Percepito: non ne sono ancora uscito.
L’Italia del calcio è sotto di un gol ai Mondiali (ipotetico, visto che di nuovo non ci siamo qualificati). Effettivo: mancano 20 minuti alla fine. Percepito: 2 minuti.
L’Italia del calcio è in vantaggio di un gol ai Mondiali (ipotetico, visto che anche se ci qualifichiamo non vinciamo neanche una partita). Effettivo: 20 minuti alla fine. Percepito: 200 minuti.
Bionda svedese bellissima che mi guarda in metro. Effettivo: 1 secondo. Percepito: 1 minuto (si è innamorata di me).
Rivedere un buon vecchio amico. Effettivo: è passato 1 anno. Percepito: è passato un giorno?
Aspettare l’autobus fuori dalla scuola negli anni ’90 (no smartphone). Effettivo: 20 minuti. Percepito: 40 minuti e un libro degli appunti pieno d’idee per i miei racconti.
Aspettare l’autobus fuori dal lavoro nel 2022 (smartphone). Effettivo: 20 minuti. Percepito: 20 minuti ma meno fantasia e più rincoglionimento.
Tempo di lettura di questo pezzo. Effettivo: circa 2 minuti. Percepito se ti è piaciuto: circa 0,2 minuti (come passa il tempo quando ci si diverte). Percepito se non ti è piaciuto: circa 0,2 minuti (perché hai letto solo le prime frasi e sei andato oltre).
 
E voi direte: e chi se ne frega della relatività del tempo? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete il titolo della rubrica, per piacere!