martedì 19 dicembre 2017

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il falso fatalista

Di fronte a molte scelte, specialmente a quelle più difficili, il falso fatalista si affida al caso. Il processo aleatorio nelle scelte importanti della vita di questo personaggio non sempre, però, lo lascia del tutto convinto. Vediamo dunque come questo personaggio stocastico agisce in una difficilissima scelta come quella, per esempio, di abbandonare il suo lavoro sicuro per dedicarsi al cento per cento all’arte della scrittura. Arrovellato nei pensieri, decide di affidarsi al lancio di una monetina. Un lancio solo, secco: se esce testa, si licenzia, croce resta. Lancia la moneta e… testa. Oh… quindi lascerà il lavoro! No, dai, non affrettiamo le conclusioni. Decide per andare al meglio di tre… lancia di nuovo e… testa! Ah, testa di nuovo? Hm… facciamo al meglio di cinque, va'.  Quindi lancia ancora e… croce! Sì! Croce: è uscito croce! Il fato ha voluto che uscisse croce, quindi non si licenzierà e non lascerà il lavoro! Dovrebbe lanciare di nuovo, ma a che cosa servirebbe? Meglio cambiare sistema. Apre allora una pagina a caso del libro che sta leggendo: se esce un numero dispari lascerà il lavoro, se esce un numero pari no. Apre il libro ed esce la pagina 37: è deciso, basta col solito lavoro! Aspetta un momento… ma 3 + 7 è uguale a 10 che è un numero pari, quindi non lo lascerà! Però, 1 + 0 è uguale a 1 che è dispari, quindi lo lascerà. Così è deciso! Mah, davvero? Si licenzierà? È uscito il 37 solo perché ha guardato la pagina destra… e se avesse guardato la pagina sinistra? Sarebbe uscito il 36! Hm, forse è meglio provare sfogliando i petali di un fiore. Sì, decisamente. Il falso fatalista cammina su un prato fiorito (precedentemente chiamato campo minato, probabilmente a causa delle insidie che una tale decisione comporta), raccoglie un fiore e comincia a togliergli un petalo alla volta: si licenzia, non si licenzia, si licenzia, non si licenzia, si licenzia, non si licenzia e… si licenzia! Alla fine andrà così? Non credo: un paio di petali erano attaccati e casualmente il nostro personaggio ha strappato più di un petalo alla volta. Inoltre il fiore scelto era una primula bianca e non una margherita come da tradizione. Quindi la conta non vale. Ormai il prato è lontano e non ha senso tornare indietro per raccogliere un nuovo fiore. Forse è meglio lanciare una monetina. Un lancio solo, secco…

Aisa: personificazione di sorte e destino.

mercoledì 13 dicembre 2017

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: lo stitico

Hmmm… hmmm… niente! Mi sforzo, ma non riesco. Ci riprovo…
Hmmm… no, proprio no! Potrei stare qui delle ore ma non mi esce!
Hey, ma cosa avete capito? Parlavo di questo pezzo, nello specifico di questo primo paragrafo che non mi esce dalla testa, che non riesco a scrivere. Sempre maliziosi voi lettori! E va bene, se proprio ci tenete, parlerò della cacca… o meglio dell’assenza della cacca. Sull’argomento ci hanno scritto numerosi saggi, riferimenti in testi letterari (Milan Kundera ne “L’insostenibile leggerezza dell’essere”), canzoni (“Sogno-B” di Daniele Silvestri), cartoni (il personaggio “Mr. Hankey” in South Park) e opere d’arte (“Merda d’artista” di Piero Manzoni). Inoltre la cultura poop-olare ne ha dedicato parolacce, aforismi, modi di dire, proverbi, metodologie d’invettiva, insulti, esclamazioni di rabbia, stupore e disappunto. Insomma, in poche parole, che si voglia o no, la cacca è sempre sulla bocca di tutti (scusate per l’immagine poco edificante), ma non è, purtroppo, sempre nel water di tutti (o quantomeno non sempre a intervalli regolari). Mi sto ovviamente riferendo allo stitico (N.d.A., questo personaggio non riguarda tutti, ma solo alcuni, per cui sentitevi liberi di saltare questo pezzo o di non cagarlo proprio). Ogni mattina, con un bagaglio carico di prugne, fibre, caffè e mannitolo, il costipato parte per il suo viaggio della speranza. Il suo obiettivo è raggiungere il tanto agognato gabinetto per riuscire a sconfiggere la stipsi. I nemici sul suo percorso sono la rottura delle routine, la sedentarietà, il troppo relax e la lontananza dal proprio bagno di casa. Per batterli e vincere la battaglia finale, lo stitico è sempre pronto a cogliere l’attimo in qualsiasi momento della giornata. Vive in un perenne stato d’allerta e non mancano certo le corse immediate al bagno che si rivelano invece dei deludenti falsi allarmi. La sua dedizione e impegno, però, prima o poi sono premiati e lo stitico alla fine, dopo molti tentativi, dopo giorni d’attesa, ottiene la sua liberazione corporale per raggiungere uno stato celestiale. La vittoria è festeggiata con l’inno alla gioia che parte dalla tavoletta del water e si diffonde in tutto il palazzo, passando sotto le porte e tutti gli interstizi della casa, perfettamente udibile in tutto il vicinato.

p.s.: se questo pezzo non vi è piaciuto o addirittura vi ha fatto cagare, sono contento lo stesso perché almeno avrà avuto il suo scopo!

Moros: spirito del destino inevitabile.

venerdì 8 dicembre 2017

KISSENEFREGA – Il metodo

Non è possibile… non è possibile, eppure è successo di nuovo. Eccomi a casa con la febbre alta per non aver ascoltato i segnali del mio corpo e giocato un’altra volta d’azzardo. Torno a casa dal lavoro in un giorno qualsiasi d’ottobre con mal di testa, dolori muscolari, stanchezza e un leggero capogiro: primi segni di un’influenza stagionale che non è ancora del tutto esplosa. Come si fa per prevenirli e combatterli? Si sta a casa e ci si riposa, vero? Sciocchi sempliciotti che non siete altro! In questo caso si applica il metodo: dentro o fuori… all in… aut aut… o la va o la spacca… chiamatelo come volete, ma il metodo è semplice e funziona. Hm, forse è meglio dire che il metodo funzionava: quando avevo quindici o vent’anni; a venticinque anni dava segni di cedimento e ora a trentacinque anni è già bello che andato. In sostanza il metodo prevede che se sei mezzo malato, sulla via della malattia, ma non ancora febbricitante fai dell’esercizio fisico di media intensità il prima possibile e le conseguenze sono garantite: o guarisci o ne esci steso. Oggi avevo sintomi influenzali e avere in programma la palestra capitava proprio a fagiolo per sperimentare ancora una volta il metodo. Ecco, ancora una volta ne sono uscito steso. Non sono più in grado di reggere certi ritmi… ma sono in grado di prendermi una febbre a trentanove gradi. Quando ripenso al momento in cui stavo facendo esercizio ieri sera, m’immagino i personaggi di “Esplorando il corpo umano” dentro il mio cervello che rimbalza da una parte all’altra della scatola cranica. M’immagino il vecchio maestro barbuto nel centro del controllo che si sveglia di soprassalto dal suo solito riposino e con voce roca si arrabbia: “Ma com’è possibile? Come avete permesso che succedesse tutto questo? Dobbiamo subito intervenire per ripristinare l’equilibrio e riposarci!” Così arrivano gli ordini e i neurotrasmettitori schizzano impazziti e impauriti da tutte le parti, urlando con voce stridula: “Ma che diavolo sta succedendo là sopra?” Nonostante tutto questo io continuo ad allenarmi e arrivo a casa cotto. Oggi dunque sono a casa con la febbre e gli stessi sintomi influenzali di ieri sera, moltiplicati alla decima: i miei muscoli chiedono pietà, la mia gola è in fiamme e il mio cervello è in sciopero. Ecco come si spiega questo pezzo che ho appena finito di scrivere.

E voi direte: e chi se ne frega del tuo metodo? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete il titolo della rubrica, per piacere!

mercoledì 29 novembre 2017

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: episodio 15

NELLE PRECEDENTI PUNTATE. Thilde Krauten propone ad Andrea Maccheroni di passare alla Sanide (la ditta dei Krauten) e lui accetta. Durante la festa aziendale della Sanide, Thilde è euforica e lancia palle da golf dalla finestra (una pallina rompe la finestra di Giuseppe Maccheroni), Andrea è timoroso e chiede aiuto per il trasferimento in Italia, Maria Maccheroni arriva stralunata e firma per sbaglio un progetto a contratto per la Sanide. Giuseppe Maccheroni è invece furioso e arriva anche lui alla Sanide con una mazza da baseball, sfascia tutto e sta per colpire Thilde Krauten quando la vista di suo padre, che credeva morto, lo interrompe. In lacrime la famiglia ritrovata si abbraccia ma arriva la polizia a guastare la festa… [Ha vinto la scelta C]

I poliziotti sono entrati nell’ufficio di Thilde Krauten e ora aspettano in piedi in silenzio. Tutti si chiedono che cosa stiano facendo. Klaus Krauten, fratello di Thilde, rompe gli indugi. «Tunqve? Ke kosa aspettate? Arrestate qvell’uomo fiolento!»
I poliziotti non rispondono. Un attimo dopo entra il commissario della polizia. È un uomo basso, grassottello e poco allenato, uno standard insolito per la Svezia. Il commissario arriva affannato, si sventola un foglio davanti alla faccia per prendere aria e si fa largo tra tutti i membri dei Krauten. Poi si mette davanti ai suoi subalterni, prende fiato e legge dallo stesso foglio di prima. «Tesoro ricordati di comprare le banane quando torni dal lav...»
Un poliziotto interviene sottovoce. «Credo che abbia sbagliato foglio, commissario…»
«Dannazione. È vero, ha ragione!» Il commissario mette via il messaggio di sua moglie e cerca il foglio giusto.
Nel frattempo Giuseppe Maccheroni, ancora in lacrime, chiede chiarimenti al padre Mario. «Raccontami cosa è successo prima che mi portino via.»
«Non è il momento adatto figliolo, non si può raccontare tutto quello che è successo in cinq…»
«Papà, fai quello che ti ha chiesto Giuseppe!» Anche Maria Maccheroni vuole sapere «Ce lo devi!».
Mario sospira e guarda il commissario che intanto sta ancora cercando il comunicato nelle tasche della giacca. «Allora… da dove cominciare. Hm… in quel famoso naufragio non sono morto, sono solo svenuto. Dopo che la mia barca si è rovesciata durante la tempesta ed io sono caduto in mare, ho cercato di nuotare come potevo e sono salito su una zattera di fortuna fatta da pezzi della barca stessa. A quel punto un oggetto mi ha colpito in testa e ho perso i sensi. Quando mi sono risvegliato…»
«Ah, eccolo» Il commissario ha trovato quello che cercava «Mario Maccheroni, sei in arresto per falsità ideologica e materiale ai danni dello stato svedese secondo la legge 1974:15b!» Tutti sono stupiti che la polizia sia lì per il vecchio Maccheroni e non per Giuseppe e per i danni che ha fatto alla sede della Sanide. Non tutti sono stupiti a dire il vero. Il commissario prosegue nel suo comunicato «Mario Maccheroni, lei ha il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirà potrà e sarà usata contro di lei in tribunale. Ha diritto a un avvocato e se non può permetterselo, le sarà assegnato uno d'ufficio.» Il commissario tossisce e mette via il foglio.
Stefan e Kristen Krauten, figli di Klaus, commentano sottovoce tra di loro in contemporanea. «Non trofi ke zia un po’ troppo amerikana qvesta frase?»
Il commissario non li sente e conclude il suo discorso «Bene, portatelo via!»
I poliziotti presenti eseguono. Sollevano il loro uomo prendendolo da sotto le spalle tra le proteste dei Krauten. «Ma kosa diafolo state facendo?»
I poliziotti non vogliono sentire storie. «Andiamo, ha già finto abbastanza… è inutile che finga anche di essere seduto in carrozzella!»
«Ah, ziete fenuti per portarmi finalmente una mozzarella?»
«Ma che sta dicendo. La smetta. Si alzi e si faccia arrestare da uomo vero!»
Thilde Krauten si riprende dallo shock della situazione e alza la voce interrompendo. «Ma ziete pazzi? Qvell’uomo in carrozzella ke afete preso è mio patre: Ralf Krauten, razza ti itioti tella polizei. Qvello è Mario Makkeroni.»
Il commissario è in imbarazzo. «Hm… davvero?» Lo sguardo infuriato di Thilde e degli altri membri della famiglia Krauten parla da solo. «Chiediamo scusa… infinitamente scusa. Agenti, prendete l’uomo giusto!» I poliziotti lasciano Ralf di peso sulla sedia e si avventano su Mario Maccheroni che non oppone resistenza. «Sapevo che prima o poi mi avrebbero trovato...»
Giuseppe e Maria Maccheroni sono sempre più sbalorditi e non sanno cosa dire. Mentre lo ammanettano, Mario cerca di giustificarsi davanti ai figli ritrovati «La situazione è più complicata di quello che sembra… ma un giorno vi spiegherò tutto! Ve lo prometto.» Poi la polizia lo solleva e comincia a portarlo via.
In quel momento però, avvisata da Maria, arriva una ragazza giovane dallo sguardo perso nel nulla, la faccia stanca e gli occhi rossi: è Giorgia Maccheroni, secondogenita di Giuseppe. Entrando in stanza vede suo nonno Mario in manette, ma ovviamente non lo riconosce perché non l’ha mai conosciuto, e quindi rimane impassibile. Reagisce invece diversamente, con un sorriso acceso e ammiccante, quando vede il giovane Stefan Krauten… o era sua sorella Kristen? I due si assomigliano così tanto che è facile confonderli. Giorgia rimane quindi imbambolata a guardare Stefan e subito dietro di lei arriva Edoardo Maccheroni, terzogenito di Giuseppe, ancora con il braccio destro rotto. Edoardo sta guardando le qualificazioni ai mondiali al cellulare con la mano sinistra e appena capisce la situazione, twitta la frase “Non so se gli amici svedesi mi prenderanno più per il culo per l’arresto di mio nonno o per la nazionale! #Russia2018”. I due ragazzi erano a cena dalla nonna, Rosa Rosi, nonché moglie di Mario Maccheroni, la quale sta cercando parcheggio e quindi è un po’ in ritardo. Dopo qualche minuto, Rosa entra di fretta nell’ingresso principale della sede della Sanide a Kungsgatan 3. È sconvolta e paonazza in volto. Nell’atrio non sa se prendere le scale o l’ascensore.

A. Rosa prende l’ascensore, che si blocca a metà, e non incrocia Mario perché la polizia lo sta portando via scendendo le scale.

B. Salendo le scale, Rosa vede suo marito Mario portato via in manette e gli dà uno schiaffo.

C. Rosa e Mario s’incrociano sulle scale ma lei non lo riconosce e lo scambia per il commissario della polizia.

Avete una settimana di tempo per votare una delle tre alternative con un commento alla fine di questo episodio sul blog, su Facebook, oppure scrivendomi su Twitter (@robriva82). Vi basterà scrivere “A”, “B” o “C” per votare.

domenica 26 novembre 2017

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: riassuntone

La famiglia Maccheroni è in macchina. Mentre Giuseppe, padre di famiglia e capo dell’azienda di sanitari Sanit, è alla guida, riceve una brutta notizia al telefono. Immerso nei suoi pensieri, non vede che una renna si è fermata in mezzo alla strada. Per evitare l’animale, sterza e l’auto esce di strada. Il primogenito Andrea è in coma farmacologico e il terzogenito Edoardo ha un braccio rotto, gli altri (la moglie Teresa, la secondogenita Giorgia e Giuseppe stesso) sono miracolosamente illesi. Giuseppe era stato distratto dalla notizia che la famiglia tedesca Krauten (e la loro ditta di sanitari Sanide) è appena giunta in città: c’è un segreto tra di loro che nessuno osa raccontare. Qualche giorno dopo l’incidente d’auto il primogenito Andrea Maccheroni è ancora in coma in ospedale e Giuseppe attende la visita di sua sorella Maria. Dopo aver sbagliato ospedale, Maria va a far visita ad Andrea in ritardo proprio mentre lui si risveglia dal coma. Il giorno stesso Maria torna al lavoro nella Sanit, la ditta di sanitari di famiglia, e ci rimane fino a tarda sera. Dopo il lavoro, stanca morta, Maria finisce per sbaglio a casa della famiglia rivale Krauten, appena trasferitisi a Stoccolma nel palazzo di fronte a quello dei Maccheroni. Al buio non si accorge di non essere a casa sua e finisce addirittura a letto con Franz Schneider, marito di Thilde Krauten. Presa dal panico e per non far spargere la voce, Maria è costretta ad accettare il ricatto di Franz: disegnare un progetto di water che Franz presenterà agli altri membri della famiglia Krauten spacciandolo per proprio. I Krauten della ditta Sanide però rifiutano il progetto e lo lanciano fuori dalla finestra in forma di aeroplano di carta. L’aeroplanino finisce nello studio dei Maccheroni che si trova dall’altra parte della strada. Un furioso Giuseppe straccia il progetto e lo getta nella spazzatura. Mario, fratello di Giuseppe e Maria Maccheroni, lo recupera e, riconoscendo lo stile familiare del disegno, chiede a sua moglie Monica che cosa si potrebbe fare. In quel momento sopraggiunge Maria che mal interpretando le parole dei due crede che il suo involontario tradimento con Franz sia stato scoperto e confessa. Mario allora corre furioso da Franz e a sorpresa lo bacia per vendetta. Thilde Krauten, moglie di Franz, vede il bacio e decide di attuare un’altra vendetta presentandosi all’ospedale dove sta per essere dimesso Andrea, primogenito della famiglia Maccheroni. Thilde propone ad Andrea di passare alla ditta rivale, la Sanide. Riaccompagnato a casa da Thilde, Andrea non trova suo padre ad attenderlo perché Giuseppe, deluso dalla brutta giornata lavorativa, è andato a bere al bar, dove gli sembra di vedere di sfuggita suo padre, morto molti anni fa. La sera stessa Andrea litiga con suo padre appena tornato ubriaco dal bar e decide di accettare l’offerta di Thilde, cambiando identità. Andrea comunica la sua decisione anche a sua madre Teresa, che promette di andarlo a trovare ogni fine settimana. Mentre Thilde lancia palle da golf dalla finestra del suo ufficio durante la festa aziendale della Sanide (una pallina rompe la finestra di Giuseppe), Andrea arriva per chiedere aiuto. In quel momento arriva stralunata anche Maria Maccheroni che firma per sbaglio un progetto a contratto per la Sanide. Subito dopo un furioso Giuseppe giunge alla Sanide con una mazza da baseball. Una volta scoperto ciò che ha fatto sua sorella perde la testa, sfascia tutto e sta per colpire Thilde quando la vista di suo padre, che invece non era morto, lo interrompe. In lacrime la famiglia ritrovata Maccheroni si abbraccia ma arriva la polizia a guastare la festa.



venerdì 24 novembre 2017

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: l’allergico

Attenzione: questo pezzo potrebbe contenere tracce d’ironia.
Questo personaggio mitologico è allergico a tutto. Qualche allergia è purtroppo genetica (e non ci si può fare niente), altre sono acquisite con l’esperienza (e qui qualcosa si può fare). Ma andiamo a sviscerare le viscere di questo personaggio viscerale. L’allergico vede la tavola imbandita come un campo minato a causa delle sue intolleranze alimentari e questo lo incattivisce parecchio nei confronti del mondo che non tiene in considerazione le sue esigenze. Allora che fa? Non diventa più buono come il pane (glutine), la frutta secca lo secca (arachidi e noci), il formaggio gli fa venire il latte alle ginocchia (lattosio), rompere le uova nel paniere può dargli shock anafilattici e prenderebbe volentieri a pesci in faccia tutti i molluschi conchigliati. Come ho scritto sopra, però, il tutto non si ferma alla genetica e questo personaggio, col tempo, si può trasformare anche in una bestia. Non apre un libro a scuola perché è allergico allo studio. Senza un’educazione adeguata diventa allergico all’impegno e sviluppa un’allergia al lavoro. Non fa più palestra, non gioca più a calcio, non corre più perché è diventato allergico all'esercizio fisico. Quindi ozia tutto il giorno e sta seduto sul divano a guardare la televisione. Dopo qualche giorno presenta i primi sintomi di allergia ai programmi italiani (come biasimarlo in questo caso), allergia alla polvere dei mobili e infine, non vedendo nessuno, allergia alle convenzioni sociali. Di conseguenza spacca la tv, butta via tutti i mobili e diventa allergico alle buone maniere e alle pulizie. Ora è dunque solo e non parla più con nessuno. Avrebbe voluto fare molte cose nelle sue giornate ma non può e quindi non fa niente, se ne sta seduto nel vuoto della sua casa e pensa. No, è allergico anche al pensiero! Eee… ciiiiù! Scusate, sono diventato allergico alle stupidaggini che scrivo.

Estia: dea domestica e del focolare, presiedeva alla cottura del pane e all'alimentazione umana.

mercoledì 15 novembre 2017

INCIPIT – Capitolo 1



Ecco l’incipit:
Con il mio biglietto di sola andata in mano, uno zaino strapieno sulle spalle e tanti sogni per la testa, arrivo finalmente alla stazione centrale della mia città, pronto per partire.
Sto per varcare la porta del treno, linea di confine tra passato e futuro quando una voce sembra ergersi da sola dal caos della stazione: "non partire!"
Prima tappa Roma, in cui perdersi tra i tramonti del Vittoriano e le vestigia del passato:recuperare le radici più profonde, e poi...pronto per il mondo, il nuovo, il diverso. Dovevo solo scegliere la destinazione: New York, Dubai, Sidney, Singapore, Ku...si interrompe il flusso impazzito di mete, davanti a me solo la foto folgorante: una città fatta di isole, verde e orizzonte infinito...Stoccolma.
Preso dai pensieri e dalla decisione sulla mia prossima meta, non sento la voce che poco fa si è rivolta a me, così continuo verso i binari.
L´unica obliteratrice della stazione non funziona, quindi ahimè salgo sul treno illegalmente con un biglietto non obliterato. Al passaggio del controllore gli mostro il biglietto mostrando una faccia "pokerface". Lui mi abbozza un sorrisino che ha un po´ del "lo so che tu sai che io so", io inarco leggermente il sopracciglio in un modo che ha un po´ del "sì io so che tu sai che io so". Biglietto convalidato e un ritrovo in vagone ristorante per un mocaccino con sorriso...
Mentre mi rilasso seduto col mio mocaccino e cullo il pensiero di Stoccolma, la mia meta finale, il treno parte e sento l’altoparlante “Benvenuti su questo treno diretto a Istanbul”: oh no, ho sbagliato binario, ma da errori nascono opportunità!

domenica 12 novembre 2017

INCIPIT – Presentazione e Regole

Questo è un mio nuovo esperimento. Un altro progetto dove voi siete di nuovo protagonisti, cari lettori. Talmente protagonisti da trasformarvi da lettori in scrittori! Sì, avete capito bene: siete voi gli autori di questa rubrica.

Io scrivo l’incipit di una storia e voi…

…potete continuare la storia con una frase in italiano che abbia le seguenti caratteristiche:
  • Massimo 40 parole
  • Può (non necessariamente) includere virgole, punti e virgola, due punti, parole tra parentesi tonde e alcune parole in una lingua straniera.
  • Finisce con un punto, tre punti di sospensione, punto esclamativo o un punto di domanda.
  • Deve collegarsi in qualche modo alla frase precedente: può seguire la trama della frase precedente oppure andare in una direzione diversa. La nuova frase quindi non può essere completamente sconnessa dalla frase precedente (ecco un esempio di aggiunta non valida “Mario sta facendo il bagno al mare. Mario ora sta sciando.”) Io sarò il giudice.
  • Non può contenere bestemmie, troppe parolacce, offendere religioni, gruppi etnici o persone portatrici di un qualsiasi handicap (mentale o fisico).
  • Va scritta come commento dello specifico post sul blog (blogdastrapazzo.blogspot.com).

Inoltre:
  • Potete scrivere anche più frasi nello stesso post, ma non una di seguito all’altra (ci dovrà essere almeno la frase di un altro partecipante in mezzo).
  • Anch’io mi riservo la possibilità di aggiungere una frase seguendo ovviamente le regole.
  • Dopo una settimana di tempo, scriverò una conclusione per la storia.

Non ponete limiti alla vostra fantasia. Non sottovalutate le vostre capacità. Stupitemi… e divertiamoci assieme!

mercoledì 8 novembre 2017

KISSENEFREGA – Doppio senso o senso unico?

Chi mi conosce personalmente (e spero ormai anche di fama) sa che sono afflitto da un grave complesso musicale di ottoni, perché se fossi afflitto da un acuto complesso, sarebbe di violini... insomma, ci siamo capiti: io ho la malsana abitudine di vedere doppi sensi ovunque. In questa interessantissima rubrica andrò dunque a stillare un brevissimo e non esaustivo vademecum dei doppi sensi. Inizio dal verso giusto e mi dirigo subito verso un modo di scrivere che assomiglia più a un verso di un anziano ubriaco a fine bevuta in osteria che a una composizione letteraria: una lega lega due elementi distinti (ma anche due elementi volgari vanno bene) per formarne un materiale con proprietà metalliche differenti da quelle dei relativi componenti (famosissima, per esempio, la combinazione tra lo stronzio, un metallo alcalino-terroso, e lo zolfo che insieme formano la Lega Nord). Dato che il testo fila bene, non vi faccio stare in fila per la prossima serie di parole. Quando una tua amica è disperata per pene (non fatemi essere volgare) d’amore e si rivolge a voi per consigli, al massimo potete usare questa massima che funziona sempre: “Se lui ti l’ascia, lo devi accettare!” Se poi non dovesse funzionare neanche la frase sopraccitata, potete provvedere con una fattura per la vostra amica (se siete psicologi o psichiatri) o con una fattura di pregevole fattura per l’ex partner della vostra amica (se siete maghi o streghe). Infine, chiudendo il trittico amoroso e questo pezzo, se la vostra amica non ci vede più dalla rabbia e le circostanze si fanno scure, siate più taglienti nei vostri giudizi e consigliate una scure facendo in modo da recidere la parte da eliminare mettendola accuratamente da parte.

E voi direte: e chi se ne frega dei doppi sensi? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete il titolo della rubrica, per piacere!

martedì 24 ottobre 2017

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: episodio 14

NELLE PRECEDENTI PUNTATE. Thilde Krauten propone ad Andrea Maccheroni di passare alla Sanide (la ditta dei Krauten). Andrea litiga con suo padre e decide di accettare l’offerta di Thilde. Durante la festa aziendale della Sanide, Thilde è euforica e lancia palle da golf dalla finestra (una pallina rompe la finestra di Giuseppe Maccheroni), Andrea è timoroso e chiede aiuto per il trasferimento in Italia, Maria Maccheroni arriva stralunata e firma per sbaglio un progetto a contratto per la Sanide. Giuseppe Maccheroni è invece furioso e arriva anche lui alla Sanide con una mazza da baseball. Una volta scoperto ciò che ha fatto sua sorella perde la testa, sfascia tutto e minaccia Thilde Krauten… [Ha vinto la scelta A]

Giuseppe Maccheroni ha fatto indietreggiare Thilde Krauten nel suo ufficio e ora la affronta. Giuseppe chiude la porta dietro di sé e blocca l’accesso spostando delle poltroncine. Andrea Maccheroni, anche lui in quella stanza, approfitta del momento di distrazione per nascondersi dietro la tenda per non farsi vedere dal padre. Thilde è irritata dall’atteggiamento di Andrea ma in quel momento ha altro cui pensare perché Giuseppe ora ha riportato la sua attenzione su di lei.
«Bene… molto bene! Ora siamo solo tu ed io, Thilde.»
Con la sua mazza da baseball e la sua carica di rabbia, Giuseppe è più minaccioso che mai. Anche Thilde è armata di mazza da golf, ma ha bevuto un po’ troppo ed è molto instabile. Inoltre indietreggiando si rompe il tacco della scarpa destra. Thilde non ha scelta, si toglie le scarpe e le lancia a Giuseppe nel tentativo di difendersi.
«Cosa credi di farmi con le scarpe? Il solletico?» Poi Giuseppe ride.
«Ti konfiene antartene al più presto, prima ke sia troppo tarti, Ciuseppe.» Nel frattempo gli altri Krauten e Maria Maccheroni schiamazzano nell’atrio e cercano di aprire la porta. «Senti come spincono per entrare. La tua parricata di setie non reccerà molto e poi saremo noi la maccioranza. Non afrai più scampo!»
Thilde parla per prendere tempo, ma non è molto convinta e continua a indietreggiare. Giuseppe coglie la sua insicurezza e avanza imperterrito. «Non credo che mi servirà molto tempo per finirti, cara Thilde!»
Intanto, dietro la tenda, Andrea è preoccupato: finirti? Che cosa vuole fare suo padre? Il ragazzo freme indeciso: vorrebbe agire per proteggere Thilde e fermare suo padre ma sa che se uscisse ora rovinerebbe tutti i suoi piani di fuga e i sogni da pittore. L’indecisione lo turba ma l’egoismo vince e continua a stare fermo dietro alla tenda. Suo padre sembra non accorgersi di lui.
«Makkeroni tu stai faneccianto!» Thilde guarda gli occhi spiritati di Giuseppe e ha davvero molta paura «Non fare follie. Te ne potresti pentire… i miei parenti afranno sicuramente cià kiamato la polizei.» Thilde si blocca e per un secondo riflette, poi urla più forte che può verso l’atrio. «Kiamate la polizei, impecilli!»
Gli altri Krauten, dall’altro lato della porta, smettono di spingere, bussare e di sbraitare per un secondo. Poi si sente qualcuno dire, quasi sottovoce «Ciusto, la polizei! Fai a kiamare la polizei al più presto.»
Thilde sussurra tra sé e sé un insulto verso i parenti. Poi riprende coraggio e parla a Giuseppe. «Fermati finché zei in tempo! Non forrai ke la polizei ti trofi in qvesta situazione?»
«Ben venga la polizia, così mostrerò i danni che mi hai fatto alla finestra e spiegherò anche come avete raggirato mia sorella.»
«Nessuno l’ha costretta. Ha acito di sua spontanea folotà… foi Makkeroni afete un talento naturale per cacciarfi nei cuai: proprio come ha fatto tuo fratello!»
«Che c’entra mio fratello adesso? Stai zitta una buona volta, Thilde!» Giuseppe impugna per bene la mazza e si fa sempre più aggressivo. «La devi smettere di intrometterti nella nostra famiglia… ma visto che non lo capisci da sola, dovrò darti una mano…»
Giuseppe avanza ancora mentre Thilde indietreggia. Andrea è sempre nascosto dietro la tenda. Gli altri hanno ripreso a spingere la porta dell’ufficio ma non riescono ad aprirla. La tensione è alta e sono tutti molto nervosi. Giuseppe alza la sua arma, Thilde prova a difendersi stringendo la mazza da golf che tiene ancora dietro la schiena. Giuseppe ghigna invasato dalla rabbia e sta per colpire.
«Fermati Giuseppe!»
In un lampo tutti si bloccano e rimangono in silenzio.
«Chi ha parlato?» Chiedono quasi in contemporanea Thilde e Giuseppe dopo qualche secondo.
«Chi ha parlato?» Pensa Andrea da dietro la tenda.
La figura di un uomo compare quasi dal nulla alle spalle di Giuseppe. Tutti si girano verso di lui e anche Andrea non resiste la tentazione e sbircia da una fessura tra le tende. Chi ha parlato è un signore anziano sulla settantina. Lo stesso vecchietto dalla barba lunga che Giuseppe aveva visto allo Spy bar in centro a Stureplan qualche notte fa. Giuseppe lo guarda di nuovo con la stessa espressione confusa e indecisa che aveva quella notte. Prima era l’alcol a non renderlo lucido, ora è la rabbia. Giuseppe fissa ancora il signore che intanto fa qualche passo in avanti e allarga le braccia in modo accogliente. Poi dice: «Sì, Giuseppe, sono proprio io.»
In quel momento la rabbia e l’annebbiamento lasciano posto allo stupore. Giuseppe mette finalmente a fuoco e non può credere ai suoi occhi. «Papà?»
L’uomo non dice niente, ma comincia a piangere e corre ad abbracciare suo figlio. Giuseppe risponde all’abbraccio e alle lacrime. Non sa cosa dire e dopo qualche attimo di titubanza balbetta qualcosa singhiozzando. «Ma… ma… ti credevamo… morto!»
«È una lunga storia figliolo! Molto lunga… ma sono qui per raccontartela. Ora fermati.»
In quel momento i Krauten riescono a sfondare la porta ed entrano. Arriva anche Maria che ha sentito tutto e, in lacrime, abbraccia il padre e il fratello. Andrea Maccheroni è invece ancora dietro la tenda e trattiene a stento le lacrime, ma non si muove. Nessuno si è mai accorto che i suoi piedi sporgono da sotto la tenda.
Mentre i Krauten cercano di capire che cosa stia succedendo, arriva la polizia dall’ingresso principale. Prima sbaglia e sfonda la porta dell’ufficio sbagliato, quello di Klaus Krauten, poi entra finalmente nell’ufficio giusto.
«Fermi tutti, polizia!» Nessuno si stava muovendo.
«Perkè ci afete messo tanto?»
«Siamo andati prima nella sede della Sanit…» Tutti si guardano stupiti «Per un controllo di routine… non perdiamo però tempo ora!»

A. La polizia arresta Giuseppe, che per pagare la cauzione e i danni morali e fisici ai Krauten sarà costretto a vendere preziose quote della sua azienda, la Sanit.

B. Thilde è ancora molto tesa, ha un mancamento che la fa indietreggiare ancora di più e rischia di cadere dalla finestra.

C. La polizia non è lì per i danni fatti da Giuseppe ma perché segue da anni il padre di Giuseppe e Maria. Ora finalmente l’ha trovato e lo arresta.

Avete una settimana di tempo per votare una delle tre alternative con un commento alla fine di questo episodio sul blog, su Facebook, oppure scrivendomi su Twitter (@robriva82). Vi basterà scrivere “A”, “B” o “C” per votare.

mercoledì 18 ottobre 2017

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il bugiardo

Prima di iniziare, cari amici, vi voglio spiegare il motivo di questo post. Magari lo faccio più tardi… ve lo prometto! Non preoccupatevi questo post non sarà lungo e il bugiardo mantiene sempre la parola data. Allora, iniziamo raccontando che il bugiardo dice sempre la verità. Non fa mai qualcosa per interessi personali e di lui potete fidarvi, cari amici. Ora vi descriverò il bugiardo in quattro semplici concetti e pochissime parole. Primo, il linguaggio: il bugiardo parla poco ma fa tanto perché a lui piace dire poche cose che siano significative e quindi lascia sempre parlare i fatti per lui e non usa tutte quelle frasi fatte per riempire i vuoti delle sue azioni e quindi parla poco e fa molto, capito? Il bugiardo è anche molto conciso e sintetico e non si perde mai in una sovrabbondanza d’inutili aggettivi. Il bugiardo non cerca mai d’incantare e giustamente lusingare il suo meraviglioso e benamato pubblico di eccellenti lettori e fantastici amici con ammalianti e ossequiosi aggettivi solo per ottenere le loro preziosissime grazie. Il bugiardo non tradisce mai il suo gruppo di lettori imbecilli che non si accorgono di essere presi in giro da lui. Secondo, la vanità: il bugiardo non ingigantisce e non si vanta mai di quello che ha fatto e non andrebbe mai in giro a dire che i pezzi che scrive hanno vinto molti premi tra cui il premio per il colpo della Strega. Terzo, la sfacciataggine: il bugiardo ti guarda sempre negli occhi mentre ti racconta le sue avventure e le sue imprese e si vergognerebbe molto se dovesse raccontare qualcosa d’inappropriato. Il bugiardo, inoltre, non nega mai quello che ha affermato in precedenza e rimane sempre fedele alle sue dichiarazioni e intenzioni: per esempio, aveva promesso di esprimere tre concetti su se stesso? Ebbene tre concetti sono stati… infine, cari amici, è giusto sottolineare come il bugiardo non lasci mai niente d’incompiu… scusate, il bugiardo deve andare, ma torna subito… promesso!

Pseudologoi: dèi o dee delle menzogne.

mercoledì 11 ottobre 2017

HORROR ALL’ITALIANA – L’orrido pasto

È notte. Fuori fa freddo. Fulmini squarciano il cielo. I lampi illuminano la città e i tuoni spaccano i timpani. La pioggia cade fitta e bagna le coscienze della gente. A parte il temporale tutto tace.
Un uomo italiano è seduto al tavolo, di spalle rispetto al resto della cucina di casa sua, e guarda fuori dalla finestra. In casa la corrente è saltata e quindi l’uomo sta seduto al lume di una candela. La luce fioca gli illumina il volto e il piatto di pasta al ragù che si sta gustando con calma. I tuoni del temporale sono intervallati dallo stridere della forchetta sul piatto. Il fuoco consuma la cera e la candela sta per finire inesorabilmente. L’uomo sa che tra poco sarà al buio e sa anche di non avere altre candele o torce elettriche in casa. L’uomo però non sembra curarsene e continua imperterrito a mangiare il suo pasto. Affonda la forchetta nel piatto, s’imbocca con gusto e mastica lentamente per assaporare al massimo il sapore, come se fosse l’ultima cena della sua vita. Deglutito un altro boccone, pasteggia il cibo con un buon cabernet e nel momento in cui appoggia il bicchiere sente uno strano rumore provenire dal corridoio. È lo scricchiolio sul parquet. Sarà il gatto, pensa l’uomo e continua la sua cena. La candela intanto continua a scendere di livello, mentre la pasta al ragù è ancora a metà. L’uomo si fa un altro paio di forchettate mentre continua a osservare la pioggia che cade copiosa. Mentre guarda il giardino di casa, vede qualcosa passare velocemente da destra a sinistra. Non è però qualcosa che sta fuori, ma un riflesso sulla finestra di qualcosa che sta all’interno. L’uomo perde per un secondo la calma, appoggia la forchetta sul piatto, si alza di scatto e si gira. Il suo gatto miagola e poi scappa in salotto quando il suo padrone si avvicina. L’uomo ride nervosamente. Era davvero il gatto, si rassicura. Riprende la forchetta in mano ma in quell’istante un fumino sale dal fondo della candela e lo lascia al buio. Ora solo i lampi irregolari illuminano la cucina. L’uomo vorrebbe ritornare alla sua cena, ma un altro rumore, più vicino del precedente, gli toglie l’appetito. È il rumore di un oggetto pesante sollevato dal bancone della cucina. Non può essere il gatto ora perché se n’è appena andato, riflette terrorizzato. Il lampo di un fulmine illumina la stanza, l’uomo si volta a destra e a sinistra ma non fa in tempo a guardare tutta la stanza e non vede nessuno. Ora si sentono anche dei passi avvicinarsi. L’uomo indietreggia verso il tavolo. Ora ha le spalle al muro in attesa del prossimo fulmine e afferra la forchetta come arma di difesa. Ormai i passi sono sempre più vicini e si sente un rumore netto e definito, come fosse un clic. Il lampo tarda ad arrivare, ma quando illumina di nuovo il volto dell’uomo è già troppo tardi. Nell’attimo successivo l’uomo è coperto di rosso. Il rosso è dappertutto, non solo sull’uomo ma anche sul piatto di pasta, sulla tavola e sul pavimento sottostante. Subito dopo l’elettricità torna in casa. Ora di fronte all’uomo italiano c’è una donna inglese: sua moglie. L’uomo, però, non è morto. Il rosso non è sangue ma ketchup.

domenica 1 ottobre 2017

KISSENEFREGA – Dieci anni in Svezia

Oggi è il primo ottobre del 2017 ed è una data molto importante per me. Il primo ottobre del 2007 usavo il mio biglietto di sola andata per la Svezia… o era la Svizzera? Mannaggia, mi confondo sempre. Comunque, oggi dunque compio dieci anni in questo paese, qualunque esso sia. In dieci anni ho imparato molto, soprattutto a dire la Verità. La Svezia mi ha dato molto in questi anni: gli studi, il lavoro, una cittadinanza, il teatro e mi ha anche fatto conoscere l’amore per mia moglie e mio figlio. La Svezia (che come saprete in inglese si dice Swaziland) mi ha anche chiesto molto: mi ha fatto sudare per imparare la lingua con tutte quelle äöå, ha richiesto sforzi per integrarsi nella cultura svedese e impegno per cercare di capire la mentalità della gente (processo ancora in corso). Ci sono, infatti, molte cose di questo paese che faccio ancora fatica a digerire. Le polpette IKEA sono un esempio: si mangiano in continuazione (colazione, pranzo e cena), hanno sempre lo stesso gusto (cartone secco, cartone affumicato, cartone in umido), sono servite sempre nella stessa quantità (sette pezzi) e soprattutto te le devi montare da solo (ricevi però le istruzioni dettagliate). Un altro esempio è la famosa filosofia nordica del lagom (forse traducibile come “né troppo, né troppo poco: il giusto… rompimento di cazzi”; oppure più semplicemente come il nostro q.b. in cucina) che è applicato a tutti i livelli qui in Svizzera: dalle porzioni di cibo al lavoro, passando per la vita sessuale. Il lagom è insomma lo specchio della fredda ipocrisia sveva che pone tutti allo stesso livello, senza punizioni né premi. Non mi fraintendete, qui non ci sono solo difficoltà, ma anche molte opportunità. Qui a Oslo, la capitale svedese, infatti, si può godere di una vibrante vita culturale con biglietti del teatro, dell’opera e della musica classica a prezzi economici. Inoltre le condizioni lavorative sono ottimali: molteplici momenti di rilassamento collettivo (la famosa fika… va beh, è scritto con la “k” non ho spazio per aprire questo capitolo ora), perfetto bilanciamento tra lavoro e tempo libero (giorni di vacanza, orari flessibili, dialogo aperto con il datore di lavoro) e lunghi congedi di maternità e, udite udite, di paternità (il primo che dice “per fare il mammo”, lo strozzo). Infine, le polpette IKEA non sono l’unica cosa da montare… (no, non è la fika) ci sono anche i famosi mattoncini svedesi Lego a Billund. Per concludere, non fidatevi delle banalità e falsità che sentite o leggete in giro su questo grande paese, ma fidatevi invece di chi, come me, ha vissuto dieci anni in Svezia e conosce il paese e la gente né troppo bene, né troppo male.

E voi direte: e chi se ne frega dei tuoi dieci anni in Svezia? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete il titolo della rubrica, per piacere!

mercoledì 27 settembre 2017

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: episodio 13

NELLE PRECEDENTI PUNTATE. Thilde Krauten propone ad Andrea Maccheroni di passare dalla Sanit (la ditta dei Maccheroni) alla Sanide (la ditta dei Krauten). Andrea litiga con suo padre e decide di accettare l’offerta di Thilde, cambiando identità trasferendosi in Italia. Teresa, la madre di Andrea, promette di andarlo a trovare ogni fine settimana. Mentre Thilde lancia palle da golf dalla finestra del suo ufficio, Andrea arriva per chiedere aiuto e in quel momento arriva anche Maria Maccheroni che sta per firmare per sbaglio un progetto a contratto per la Sanide… [Ha vinto la scelta B]

Maria Maccheroni ha appena compilato il contratto a progetto con la Sanide con i propri dati e ora ha la mano appoggiata sul foglio. Provenienti dall’ingresso principale della ditta si sentono dei rumori. Maria però non sente niente e appoggia anche la punta della penna sul contratto. Dalla prima rampa delle scale si sentono dei versi più simili a grugniti di un cinghiale imbizzarrito piuttosto che a una voce umana. Maria continua a essere concentrata solo sul foglio che ha davanti a sé ed esclude il mondo esterno. Da dietro la porta principale della Sanide si sente la voce di un uomo molto arrabbiato. Maria sposta la sua attenzione verso la fonte del suono per un secondo ma è già a metà firma e non stacca quindi gli occhi dal foglio. L’uomo alla porta bussa violentemente sei o sette volte, ma non aspetta che qualcuno venga ad aprire ed entra di prepotenza. Maria ha appena finito di firmare. Nel frattempo Giuseppe Maccheroni è entrato nell’atrio della Sanide e con una mazza da baseball in mano inveisce contro tutti.
«Maledetti Krauten! Dove siete?»
Alcuni sono ancora nella sala conferenze che stanno ancora festeggiando, altri hanno sentito i rumori provenire dalle scale e si sono ritirati in altre stanze. Thilde, assieme ad Andrea Maccheroni, si è nascosta nel suo ufficio.
«Dove siete bastardi? Sono venuto a farvela pagare! Venite fuori!»
Riconoscendo la voce di suo fratello, Maria esce preoccupata dalla sala riunioni.
«Giuseppe? Perché urli tanto? E perché sei così agitato e hai una mazza da baseball in mano?»
Giuseppe è completamente colto di sorpresa nel vedere sua sorella Maria nella sede della Sanide. Non capisce ed è stordito. La rabbia sembra essere sparita da un momento all’altro. Non sa bene cosa dire e resta in silenzio per alcuni secondi.
«Allora, che c’è? Parla.» Maria lo sprona.
«Ma… ma… ma che cosa ci fa qua Maria?»
Ora è Maria sorpresa. «Ma come che cosa ci faccio qui? Lavoro, no?»
«Lavori?»
«Certo. Sono venuta a firmare il progetto che mi hai proposto l’altro giorno…»
«Che cosa stai dicendo?» Giuseppe non crede alle sue orecchie. Si sente male e si tocca la fronte. «No, no, non è possibile. Questo è un incubo! Non solo mi rompono la finestra appena riparata ma mi rubano pure la sorella!»
«Stai bene, Giuseppe? Stai delirando… “mi rubano la sorella”?» Maria ridacchia «Forse stai lavorando troppo in questo periodo. Avresti bisogno di una vacanza…» Gli mette una mano sulla spalla e sorride benevola.
Lo sguardo di Giuseppe è invece infuocato. La rabbia sta montando di nuovo. «Mi prendi in giro Maria? Cinque minuti fa una pallina da golf è arrivata dalla finestra dei Krauten e ha rotto una nostra finestra. Io esco incazzato dal mio ufficio, attraverso la strada, salgo fino a qui e chi trovo ad aspettarmi? Mia sorella… che mi prende anche in giro per giunta! Eh no, questo è troppo! È troppo!»
Maria ripete mentalmente quello che suo fratello Giuseppe le ha appena detto e il sorriso le svanisce in fretta. «Aspetta, aspetta: come hai detto? Sei uscito dal tuo ufficio, hai attraversato la strada e sei salito qui?» Poi, con voce tremante, chiede. «Qui dove?»
«Che domande mi fai Maria? Qui alla Sanide! Non sai neanche dove sei?»
Maria sbianca. «Alla Sanide? Non sono alla Sanit?» Poi controlla la targa sulla porta e capisce il tragico errore. Si sente malissimo e ha bisogno di sedersi.
«No, non dirmi che hai sbagliato come all’ospedale. Non dirmi che hai sbagliato!»
«Temo di sì… ho sbagliato il numero civico e ho letto solo le prime quattro lettere della targhetta d’ingresso.» Si mette le mani davanti alla faccia. «Oh mio dio, no!»
«Che cosa hai fatto qui alla Sanide? Hai detto che hai firmato qualcosa: che cosa hai firmato?» Maria non risponde. «Rispondi! Maria io ti ammazzo, sai! Ho fatto bene a portarmi questa mazza… la uso su di te e non su questi crucchi di merda!»
Nel suo ufficio Thilde sente distintamente l’ennesima offesa di Giuseppe alla famiglia Krauten e al popolo tedesco e decide di agire. Dice ad Andrea Maccheroni di nascondersi dietro una tenda ed esce nell’ingresso armata di mazza da golf.
«Ora pasta Makkeroni!» Giuseppe e Maria si girano di scatto verso Thilde «Come ti permetti ti fenire qvi nella nostra titta a fare qvesto pakkano, offentento noi e la nostra crante Cermania?»
«Come mi permetto io?» Giuseppe Maccheroni non si tira certo indietro. «Chi si è permesso invece di rompere la mia finestra con una pallina da golf?»
Thilde avrebbe l’istinto di nascondere dietro la schiena la mazza ma ormai è troppo tardi. «Mi stafo solo ezercitanto… non ho offeso nessuno io!»
Seguendo il coraggio di Thilde anche gli altri membri dei Krauten accorrono all’ingresso. Klaus Krauten, il fratello di Thilde, è preoccupato e chiede. «Ke kosa sta succetento qvi?»
La segretaria interviene. «La sighnora Maria Makkeroni ha appena firmato un kontratto a procetto per la titta Sanide.»
«Che cosa?» Giuseppe è furioso e tutti gli altri parlano creando un brusio di sottofondo. «Hai davvero fatto questo Maria?»
Maria annuisce disperata, mentre il vecchio Ralf Krauten commenta divertito. «Mmm, Makkeroni con Krauten… che pontà. Ho cià l’akvolina in bokka!»
È la goccia che fa traboccare il vaso per Giuseppe.
«Ora è troppo, non solo avete rotto la mia finestra ma avete anche raggirato mia sorella! Questa volta non la passerete liscia!» Giuseppe impugna la mazza da baseball che ha con sé e preso dalla rabbia comincia a spaccare il bancone d’ingresso, le sedie, la vetrata e tutto quello che trova. Poi spinge Thilde Krauten nel suo ufficio e la affronta.

A. Giuseppe sta per colpire Thilde ma si ferma quando vede qualcuno che non si aspettava di vedere.

B. Thilde e Giuseppe si sfidano a duello: lei con la mazza da golf e lui con quella da baseball.

C. Giuseppe minaccia con la mazza Thilde ma Klaus la protegge con la sua mazza da biliardo.


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mercoledì 20 settembre 2017

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: la felinofila

Inizia a raccontare? Si ferma? Inizia! No, non ha più voglia d’iniziare. Allora smette subito… no, no, non avete capito, inizia! Allora… al contrario della maggioranza degli esseri umani, la felinofila dorme molto di giorno ed è invece attivissima di notte. Le sue attività notturne preferite sono ricordare i suoi successi lavorativi e le sue vacanze estive che posta su Facebook come se fossero prede appena cacciate. Lo fa non per suscitare invidie ma per far in modo che gli amici siano orgogliosi di lei. Dopo essere stata al computer, si siede davanti alla finestra a osservare il mondo esterno e riposa. Poi si riattiva e fa dell’esercizio fisico: corre avanti e indietro nel corridoio, si appoggia ai mobili o al letto per flessioni e addominali, salta a piè pari sul davanzale e fa equilibrismo sulla ringhiera del balcone. Non va in palestra perché è pigra e non vuole vedere altra gente (reagisce sempre male quando vede altre felinofile) ma ci tiene alla forma fisica. Quando è stanca, si accascia sopra un libro, un vestito sgualcito o al limite un letto dai bordi sufficientemente alti da farla sentire protetta. Di giorno, quando non dorme, va a trovare il suo compagno: gli fa qualche dispetto graffiandogli il divano dicendo che è una nuova moda Feng shui, gli butta a terra i soprammobili sostenendo che vanno cambiati perché vecchi e lo infastidisce quando lavora al computer perché non ha abbastanza attenzioni. Poi, per farsi perdonare, si fa fare qualche coccola sul divano, ma comincia a mordere e graffiare quando s’infastidisce perché le coccole sono diventate troppe. Poi si fa di nuovo dolce giusto prima di essere servita per cena, ma appena tutto è pronto in tavola, lei si alza e, diventata improvvisamente vegetariana, gli mangia le piante del salotto dicendo che è una nuova dieta ayurvedica. Infine, quando finalmente si dorme nel silenzio e nella pace della notte, la felinofila salta sullo stomaco del compagno e lo sveglia mettendosi faccia contro faccia a pochi centimetri di distanza. Buonanotte, caro!

Kairos: spirito della giusta opportunità.

mercoledì 13 settembre 2017

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il cinofilo

Quando gli dici di iniziare lui inizia, senza controbattere o protestare! Basta che glielo si dica a voce alta e con tono deciso: SI INIZIA! Ecco qua allora… il cinofilo in principio era notturno ma da quando è diventato il miglior amico di se stesso è diventato diurno. Il cinofilo, però, è anche il tuo migliore amico. Se ti capita di invitarlo a casa tua per una tazza di acqua e un pezzo di stinco (il suo piatto preferito) ne sarai soddisfatto perché ti farà un sacco di complimenti, penderà dalle tue labbra per tutto quello che gli racconterai, e se glielo chiedi, sarà molto zelante servendo le pietanze, sparecchiando e lavando i piatti. Ci potrebbero, però, essere anche degli inconvenienti: il suo affetto può a volte essere eccessivo, per esempio abbracciandoti in continuazione, soprattutto dopo essersi sporcati le mani nel fango. Per fortuna ama lavarsi le mani, per poi sporcarsele di nuovo nel fango e rilavarsele di nuovo in un ciclo continuo che termina con la carta igienica bagnata, tagliuzzata in mille pezzi e sparpagliata per la casa. Infine il cinofilo ha suo malgrado un piccolo problema psicosomatico: non riesce a fare la pipì a casa, ma la deve sempre fare fuori nell’erba, su un albero o un palo. Se poi incontra un altro cinofilo per strada son guai perché comincia a innervosirsi e a urlare sempre più forte, facendo a gara di strilli con l’altro. In fin dei conti, però, del cinofilo ti puoi davvero fidare al cento per cento perché ti vorrà sempre bene, farà quello che gli chiedi e se perdi qualcosa, lui te la ritrova… e te la riporta... ancora… e ancora una volta, senza sosta e senza questionare.

Pistis: spirito della fiducia, della buona fede e dell’affidabilità.

martedì 29 agosto 2017

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: episodio 12

NELLE PRECEDENTI PUNTATE. Thilde Krauten, dopo aver visto il bacio tra suo marito Franz e Mario Maccheroni, decide di vendicarsi proponendo ad Andrea Maccheroni di passare dalla Sanit (la ditta dei Maccheroni) alla Sanide (la ditta dei Krauten). La sera stessa Andrea litiga con suo padre e decide di accettare l’offerta di Thilde, cambiando identità. Andrea comunica la sua decisione anche a sua madre Teresa… [Ha vinto la scelta C]

Andrea Maccheroni, prossimo a diventare Andreas Falukorv, ha appena finito di raccontare a sua madre Teresa che vuole andare a studiare all’estero: una bugia per mascherare il suo passaggio all’azienda rivale della Sanide. Teresa piange disperata. Dopo qualche minuto si riprende e trova le forze per chiedere. «E dove andrai a studiare?»
Andrea risponde deciso con il sorriso tra le labbra. «In Italia!»
Teresa piange più forte di prima. Dopo qualche minuto si riprende e trova le forze per chiedere. «Ma proprio in Italia?» Andrea annuisce «Siamo andati via tanto tempo fa… e tu ci vuoi tornare? E cosa vuoi studiare?»
Andrea è un po’ più titubante nella risposta, ma poi trova il coraggio. «Psicologia!»
Teresa piange ancor più forte di prima. È veramente disperata per le pessime scelte di suo figlio. Non riesce a smettere di piangere. Andrea è imbarazzato. Dopo qualche minuto si riprende e trova le forze per chiedere. «E come pensi di trovare lavoro in Italia come psicologo?» Andrea alza le spalle «O pensi sia facile tornare in Svezia e farti convertire l’abilitazione?»
Andrea non sa cosa dire perché lui non ha mai pensato di fare lo psicologo. «Senti mamma, non lo so. È troppo presto per saperlo. Ora voglio studiare psicologia e poi si vedrà!»
Teresa piange ancora. Questa volta non per molto e con un fazzoletto stropicciato e bagnato tra le dite dà la sua benedizione alla scelta scellerata del figlio. «Va bene, tesoro. Vai a studiare in Italia! Dovrai parlarne anche con papà ovviamente, ma ti aiuterò io preparando il terreno.» Teresa sorride e Andrea la bacia sulla fronte. Andrea sapeva che avrebbe dovuto parlarne con suo padre, ma sapeva anche che sua madre lo avrebbe aiutato.
«Grazie mamma. Sei la migliore!»
Poi arriva l’inaspettato per Andrea.
«…e ovviamente verrò a trovarti ogni fine settimana! Così ti porto le tue lasagne preferite!»
Cala il gelo sull’entusiasmo del giovane Maccheroni.
«Stai scherzando, vero?»
«Sì, scherzavo… lo so che sei vegano e che non puoi mangiare le mie favolose lasagne. Ti porterò qualcos’altro!»
«No, io mi riferivo al fatto di venire a trovarmi ogni settimana… in Italia! Non puoi, mamma, no.»
Teresa s’irrigidisce offesa «E perché no? Ci sono un sacco di voli ogni giorno e i soldi non sono un problema. Sono sicuro che tuo padre non m’impedirà di farlo… e neanche tu lo farai!»
Teresa si alza e se ne va arrabbiata tra le proteste di Andrea.
«Ma mamma… non sono più un bambino!»
Andrea è rassegnato e ora ha un nuovo grattacapo da risolvere. C’è solo una persona che può aiutarlo.

In Kungsgatan numero 3, nella sede della dita Sanide, è tardo pomeriggio e la festa della famiglia Krauten volge al termine. Franz e Klaus sono brilli e chiacchierano di un ipotetico viaggio in Messico per tutta la famiglia. I giovani Krauten sono distesi sul divano, dove sonnecchiano strafogati di cibo. Il vecchio Ralf Krauten in carrozzella parla con una colonna dell’edificio pensando che sia sua moglie Martha. Martha invece sta ancora parlando con Beate, la moglie di Klaus, che sta cercando di convincerla a immettere nel mercato svedese il bidet. E Thilde Krauten? Thilde è euforica per aver convinto un Maccheroni a spostarsi dalla Sanit alla Sanide. Per festeggiare la vittoria ha bevuto un po’ più del solito e ora si esercita a colpire palle da golf con la sua mazza davanti alla finestra aperta. Molti lanci sono andati a vuoto: alcuni non hanno superato il balcone di casa, altri hanno sfasciato il parabrezza delle macchine parcheggiate sotto. Nessuna palla dunque è andata al suo obiettivo principale: i dirimpettai in Kungsgatan 2, la sede della Sanit.
Andrea Maccheroni è giù in strada e mentre sta per entrare nel portone della sede della Sanide, vede una pallina da golf volare verso il palazzo di fronte e infrangersi contro la finestra di suo padre Giuseppe da poco riparata. Un grido di gioia e uno di rabbia si sentono in contemporanea. Andrea è preoccupato e affretta il passo e subito dopo è nella stanza di Thilde Krauten.
«Thilde!»
La donna sussulta per lo spavento. «Ottio! Ankora tu? Fuoi farmi prentere un kolpo?»
«Chiedo scusa… ma è una cosa importante. Riguarda il nostro accordo.»
«Ah, kapisko. Timmi pure, karo Andreas Falukorv.» Nel pronunciare il nome le scappa un mezzo sorriso.
«La prego di non chiamarmi ancora con quel nome. Non finché tutto sarà sistemato.»
Thilde annuisce e gli fa cenno di proseguire. Andrea le racconta la reazione di sua madre e le chiede consigli su come procedere. Andrea gesticola molto nell’esporre le sue preoccupazione e per chiedere aiuto. Thilde ascolta, annuisce, riflette e quando è il suo momento di parlare esclama. «Certo. La kapisko. È una mamma kome tutte: è preokkupata per zuo fighlio. È normale. Non c’è proplema. Rizolfiamo tutto. Nel primo mese dovrai antare in Italia oghni fine settimana… offiamente pakerò io i foli. Poi fetrai che tua matre si stankerà… e a qvel punto ti pasterà folare in Italia zoltanto qualke folta all’anno! Kretimi. Sarà così.»
Andrea è perplesso, ma felice che si sia trovata una soluzione e che sia Thilde a pagare tutto. Thilde accompagna Andrea all’uscita e i due si stringono la mano per suggellare il loro patto.

In quel momento un’altra persona entra nel portone di Kungsgatan 3. Sembra una persona stanca e stressata. Questa persona sale le scale, vede Andrea Maccheroni, legge la targhetta sulla porta ed entra. Andrea e Thilde sono molto sorpresi di vederla, ma lei non ci fa caso ed entra nella sede della Sanide. Chiede alla segretaria dove deve entrare per firmare. La segretaria è convinta che questa persona sia il nuovo progettista e la invita nella sala riunioni. Lì tira fuori il contratto a progetto da firmare e aspetta la mossa di Maria Maccheroni. Sì, proprio lei: Maria Maccheroni. Distratta dai mille pensieri e sotto stress per i suoi problemi familiari, ha sbagliato numero civico, ha letto solo le prime quattro lettere della targhetta d’ingresso e vedendo Andrea Maccheroni ha creduto erroneamente di essere nella sede della sua ditta, la Sanit. Maria Maccheroni ha dunque la penna in mano e sta per firmare per sbaglio un contratto a progetto con la ditta rivale Sanide.

A. Andrea cerca di fermarla, ma non ci riesce perché inciampa su un piatto di falukorv.

B. Arrabbiato per la finestra rotta dalla pallina da golf, Giuseppe Maccheroni va a lamentarsi alla Sanide, portando con sé una mazza da baseball e lì vede Maria.

C. Dopo aver firmato, Maria si accorge dell’errore e vuole parlarne al telefono con suo marito Carlo ma per sbaglio chiama invece sua madre Rosa.

Avete una settimana di tempo per votare una delle tre alternative con un commento alla fine di questo episodio sul blog, su Facebook, oppure scrivendomi su Twitter (@robriva82). Vi basterà scrivere “A”, “B” o “C” per votare.

domenica 27 agosto 2017

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: Istruzioni per l’uso e albero genealogico

Più scrivo e più mi rendo conto che senza di voi lettori io scrittore non sono niente. Anche se non mi leggesse nessuno, scriverei lo stesso perché mi piace troppo, ma senza i miei lettori sarebbe tutto più noioso. Ho quindi pensato di coinvolgervi con “Soup opera – un minestrone di emozioni”.

Che cos’è? È una parodia di una Soap opera in forma di brevi racconti, nella quale il pubblico può decidere come far proseguire la storia.
Come? Alla fine dei racconti, presenterò tre possibili alternative (A, B e C) per far continuare la storia nell’episodio successivo.
Dove? Potrete votare una delle tre alternative con commento alla fine di ogni episodio sul blog; commentando il post dell’episodio su Facebook; oppure scrivendomi su Twitter (@robriva82). Vi basterà scrivere “A”, “B” o “C” per votare.

Quando? Avrete una settimana per votare, dopodiché continuerò a scrivere la storia in base all’opzione più votata (in caso di parità sceglierò io).

Qui l'albero genealogico delle due famiglie coinvolte:

mercoledì 23 agosto 2017

KISSENEFREGA – Meteore

Dopo avervi scritto sul meteorismo in un precedente pezzo di questa interessantissima rubrica, oggi vi voglio parlare di una meteora. Ovviamente la qualità di questa rubrica non contempla argomenti come l’astronomia e quindi vi parlerò di una vecchia conoscenza del piccolo schermo a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 che è poi subito scomparsa dalla scena televisiva. Sto parlando di Dustin Diamond, attore, musicista e comico americano nato nel 1977, che interpretò il personaggio di Samuel Powers… non vi dice niente? Allora provo così… che interpretò il personaggio di Samuel “Screech” Powers. Ancora niente? Immaginavo. Va beh, allora ve lo spiego io: Screech era un personaggio di Bayside School (Saved by the bell in inglese) una serie televisiva andata in onda negli Stati Uniti dal 1989 al 1993 e in Italia dall’ottobre 1993. Samuel “Screech” Powers era un personaggio buffo e impacciato che nutriva un profondo amore, non corrisposto, per Lisa Turtle. Screech, però, era una macchietta nella serie ed era sempre ben voluto dai suoi amici e dal pubblico televisivo a casa. L’attore che interpretò Screech, Dustin Diamond appunto, non ha poi avuto molto successo (se vogliamo considerare successo quello di Bayside School): dopo alcuni tentati seguiti della serie tv che lo portò a essere noto, si lanciò in qualche realty show, fece qualche comparsata in alcuni incontri di Wrestling, suonò anche in una band metal e infine partecipò a un altro paio di reality show. Recentemente sembra che Dustin abbia avuto alcuni problemi con la legge e sia stato arrestato un paio di volte per possesso di un coltello serramanico in luogo pubblico e per aver violato la libertà vigilata. Questa era la breve storia di Dustin Diamond: da quasi diamante a meteora quasi di carbone.

E voi direte: e chi se ne frega di Screech in Bayside School? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete il titolo della rubrica, per piacere!

mercoledì 9 agosto 2017

EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: l’adolescente

16 settembre. Caro diario, oggi ho conosciuto Nick, un nuovo compagno di classe: un ragazzo alto, moro, simpatico e brillante. Ha già molti amici e spasimanti, ma lui ha chiesto solo a me di uscire. Dopo un gelato in centro, lui si è avvicinato e mi ha baciata. Che emozione!
23 ottobre. Caro diario, oggi Nick ed io abbiamo deciso di dire a tutti che stiamo assieme. Che bello l’amore! Spero che duri per sempre.
3 novembre. Caro diario, stasera, mentre Nick ed io tornavamo a casa, ha cominciato a piovere e così ci siamo rifugiati nel suo garage lì vicino. Mentre aspettavamo che smettesse, abbiamo fatto l’amore per la prima volta. È stato dolcissimo e bellissimo.  È stato un momento indimenticabile.
22 dicembre. Caro diario, oggi ho litigato con Nick perché guardava troppo il culo della mia migliore amica Jessica. Poi però lui mi ha portato a un fast-food per fare pace ed io l’ho perdonato.
6 gennaio. Caro diario, ormai le litigate con Nick sono sempre di frequenti. Lui continua a guardare troppo le mie amiche, loro lo lasciano fare e lo provocano…
10 febbraio. Caro diario, stamattina ho letto di nascosto l’sms da una certa Sofia sul cellulare di Nick: “Mi manchi e spero di rivederti presto”. “Rivederti”, capisci? Allora ho chiesto spiegazioni a Nick: lui ha detto che Sofia è solo un’amica. Io non gli ho creduto e l’ho mandato a quel paese!
15 marzo. È passato più di un mese da quando Nick ed io ci siamo lasciati… ed io sto malissimo! Fanculo all’amore! Non mangio più, non dormo più e a scuola va da schifo. Chissà come sta lui?
25 aprile. Stasera ho rivisto Nick. Ci siamo parlati e chiariti. Lui sa di aver sbagliato e mi ha chiesto scusa. Dopo la discussione, l’ho perdonato e ci siamo rimessi assieme. So di poterlo cambiare.
1 maggio. Caro diario, durante il concerto del primo maggio ho perso Nick tra la folla. Dopo un’ora l’ho ritrovato… ma avvinghiato a Jessica, quella troia della mia amica… ex-amica, mi correggo.
18 giugno. Caro diario, oggi è finita la scuola. Ho recuperato in matematica e sono stata promossa a pieni voti. Nick e Jessica (che invece è stata rimandata! Tiè!) sono solo un brutto ricordo lontano.
21 luglio. Caro diario, stasera ho rivisto Jessica. Mi ha offerto una birra e abbiamo parlato. Nick ha tradito anche lei e si sono lasciati. Ne abbiamo riso su assieme come ai vecchi tempi e abbiamo fatto pace. Non ci servono gli uomini: sono tutti stronzi! Mai più ragazzi come Nick!
15 agosto. Caro diario, oggi al mare ho conosciuto Mike, un compagno di squadra a beach-volley: un ragazzo alto, moro, simpatico e brillante. Ha molti amici e spasimanti, ma lui ha chiesto solo a me di uscire. Dopo un gelato sul lungomare, lui si è avvicinato e mi ha baciata. Che emozione!

Dike: spirito della giustizia e della crescita primaverile.

mercoledì 26 luglio 2017

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: episodio 11

NELLE PRECEDENTI PUNTATE. Thilde Krauten, dopo aver visto il bacio tra suo marito Franz e Mario Maccheroni, decide di vendicarsi proponendo ad Andrea, primogenito di Giuseppe Maccheroni, di passare dalla Sanit (la ditta dei Maccheroni) alla Sanide (la ditta dei Krauten). La sera stessa Andrea litiga con suo padre appena tornato ubriaco dal bar e fa la sua decisione… [Ha vinto la scelta A]

Andrea Maccheroni ha passato la notte in bianco rimuginando sulla sua decisione. Ormai però è convinto: seguirà il suo istinto. È l’alba fuori e solo in quel momento Andrea si addormenta. Dormirà solo poche ore prima di affrontare una giornata cruciale per la sua vita.

Nello stesso istante a Frihamnen, il porto di Stoccolma, a qualche chilometro di distanza da casa Maccheroni, lo stesso signore anziano sulla settantina che Giuseppe Maccheroni aveva visto allo Spy bar quella notte si è svegliato prestissimo per guardare gli scaricatori di porto mentre bestemmiano in svedese. Seduto su un masso, si fuma la pipa e si gode il mare. La nostalgia lo assale e comincia a pensare al passo successivo da fare.

«Ke puone ke zono le arinke con la cipolla! Mmm…»
«Fero! Ma hai profato il zalame di orso? Anke qvello è speciale.»
«No, lo profo dopo. Prima però foghlio azzolutamente assacciare il pyttipanna!
«Il pytti-kosa?»
«Pyttipanna: un cipo tipiko schwedese con cupetti di patate, cipolla e karne di manzo o ti maiale.»
«Leccerissimo…»
Il dialogo tra Andreas e Julia, i due figli di Thilde Krauten, prosegue davanti alla tavola imbandita per il buffè aziendale della Sanide. Si festeggia l’arrivo a Stoccolma ed è presente tutta la famiglia Krauten al completo.
«Tutto pene, poi l’altra zera in camera da letto?» Klaus chiede a suo cognato Franz.
«Come tici, skuza?»
«Non zi è accorto nezzuno poi? Sei riuschito a montarla?» Franz è in imbarazzo, suda freddo e rimane a bocca aperta: come fa Klaus a sapere della sua relazione con Maria Maccheroni? Klaus però chiarisce. «La testiera del letto… ticefi che si era craffiata nel trazloko e ke volefi ke Thilde non fetesse…»
«Ahhh… zì, certo! Ho zistemato… crazie per afermelo kiesto» Franz tira una sospiro di sollievo e cambia discorso. «Per parlare d’altro: ke fe ne pare allora il procetto ke vi ho presentato?»
A questo punto è Klaus che è in imbarazzo.
«Skusa… mia moghlie Beate mi sta kiamando…» Klaus si allontana e si dirige verso un altro gruppo di Krauten dove ci sono appunto sua moglie Beate, sua sorella Thilde e i suoi genitori, Martha e Ralf. Ralf Krauten è il fondatore della Sanide in Germania: è ancora socio azionario ma detiene solo il 2% ed è ormai un anziano in carrozzella.
«La Sanide dofreppe azzolutamente produrre un nuofo modello ti bidet» Beate Schmidt è incalzante nelle sue idee. Gli altri sono un po’ a disagio, soprattutto ora che si è unito suo marito Klaus Krauten alla conversazione.
«Ma feti, Beate» Martha cerca di mediare «non per contrattirti ma qvi in Schwezia non zi usa molto il bidet… la tua è una puona itea, ma gli schwedesi sono dei zozzoni!»
«Ma dofreppe ezzere proprio la Sanide a campiare la tentenza… o volete ke zia la Sanit dei Makkeroni a farlo?» Nessuno rizponde «Inoltre, la Sanide dofreppe produrre porta rotoli più larki… ho letto ke le aziente di carta igienika carantiskono ke rotoli più larki ziano la svolta nel futuro!»
«Zi, vero gli arki e le volte di qvesto palazzo stanno antanto a rotoli!»
«Ma no, papà, Beate stafa parlando di carta igienika!» Klaus aiuta il padre Ralf.
«Offio ragazzo: tua matre Martha è il genio ti kasa e metterà tutto a posto!» Tutti scuotono la testa sconsolati, mentre la moglie Martha cerca di rimediare.
«Tranqvillo karo, metto tutto a posto io!»
«Psst!» Qualcuno bisbiglia da dietro una tenda «Thilde! Psst!»
Thilde coglie l’occasione al volo per liberarsi dalla scomoda conversazione e andare a vedere chi la sta chiamando.
«Tu? Kome hai fatto ad entrare qvi?»
«Anch’io ho i miei trucchi… ma non sono qui per parlare di questo.» Thilde Krauten viene trascinata in disparte «Sono qui per parlare della tua proposta.»
«Zono tutta orekki.» Thilde è ansiosa di sentire il suo interlocutore, il quale prende una pausa prima di ricominciare a parlare.
«Ho deciso che verrò alla Sanide!» Andrea Maccheroni stesso fa fatica a credere a quello che ha appena detto. Thilde Krauten, dentro di sé, sta scoppiando di gioia ma mantiene una facciata glaciale all’esterno. Andrea però non ha finito di parlare. «Verrò alla Sanide, ma a una condizione.» Thilde lo squadra pensosa. «Verrò a patto che la mia identità sia mascherata e i miei genitori dovranno credere che io sono all’estero a studiare!»
Thilde ci pensa su qualche secondo, ma poi accetta perché l’occasione di avere un Maccheroni in meno come nemico è troppo ghiotta.
«Molto pene, karo Antrea… ti aiuterò io con le kose pratike: ti ci forrà un nuofo look e un nuofo nome. Hai qvalke preferenza?»
«Come nome scelgo Andreas. Per il cognome invece… hm… ci vorrebbe qualcosa di svedese… non ci ho pensato molto a dire il vero… sta capitando tutto così in fretta!»
Andrea si guarda attorno e nota la tavola imbandita del buffè e riflette: «vediamo un po’… aringhe? Andreas Sill… troppe esse. Pyttipanna? Nome troppo lungo. Polpette di carne? Andreas Köttbullar fa troppo IKEA. Dolci alla cannella? No, basta cannella, non ne posso più…» poi scorre ancora la tavolata e lo vede, come un colpo di fulmine. «Ci sono… è grosso, si piega ma non si spezza: è lui, ho scelto.» Poi si rivolge a Thilde ad alta voce.
«Sarò Andreas Falukorv!»
«Mmm, nome oricinale… ma per me fa penissimo! Andreas Falukorv zia!»

Andrea Maccheroni se ne va di nascosto come era arrivato e torna a casa sua. Aprendo la porta affronta subito il discorso con Teresa.
«Mamma, ti devo dire una cosa importante!» La fa sedere in cucina e le spiega la sua scelta.
Come reagisce Teresa?

A. Piange per tre giorni di fila chiusa in bagno. Piange talmente tanto da allagare il bagno.

B. Piange, ma appena Andrea si gira, smette e già pianifica il subaffitto della stanza del figlio.

C. Piange, promettendogli (o minacciandolo?) di andarlo a trovare ogni fine settimana.

Avete una settimana di tempo per votare una delle tre alternative con un commento alla fine di questo episodio sul blog, su Facebook, oppure scrivendomi su Twitter (@robriva82). Vi basterà scrivere “A”, “B” o “C” per votare.