mercoledì 17 aprile 2024

ITALIENAREN – L’illusionista

Vestita col frac nero, camicia bianca, farfalla rossa e cilindro in testa, la bella ragazza bionda copre tutta Stoccolma con un bel fazzoletto colorato. Agita la bacchetta magica sulla città in un caldo pomeriggio di fine marzo, pronuncia le parole magiche “April, april din dumma sill, Jag kan lura dig vart jag vill”[1] e in un attimo trasforma la capitale svedese e i suoi dintorni. In un secondo si passa dal sole alla neve, da dodici a zero gradi, dal maglioncino al cappotto.
Questi e altri sono gli abilissimi giochi di prestigio della famigerata illusionista svedese April Svensk. April è tanto bella quanto truffaldina. Ti ammalia col suo nome affascinante, le sue movenze sinuose e il suo abito scintillante. Con dolci parole melodiose che richiamano la lingua italiana ti fa credere di essere sua cugina Aprile, quella del Belpaese, e in un attimo l’inganno è servito.
Fino a pochi giorni prima, con un bel sole e temperature che gridavano alla speranza, ti aveva abilmente illuso di esserci ampiamente avviati verso la primavera. La bella ragazza te l’aveva fatta annusare, l’aria primaverile intendo, e poi invece te la toglie da sotto il naso senza neanche che te ne accorgi.
Il giorno prima ti aveva consigliato di montare gli pneumatici estivi, lasciare le gomme chiodate invernali in cantina o all’autorimessa e il giorno dopo ti congela l’asfalto ridendo beffarda mentre strisci la macchina contro il guardrail cercando di frenare e pentendoti di non aver installato dei pattini al posto delle ruote.
Dopo tanta paziente attesa ti aveva concesso finalmente di pianificare un bel pic-nic, una grigliata o una caccia alle uova pasquali all’aperto ma poi ti lancia raffiche di vento che ti affettano la faccia meglio del prosciutto che hai messo nei panini.
Ti aveva da poco permesso di fare il cambio di stagione nell’armadio, ma poi ti ritrovi a battere i denti appena metti il naso fuori dal portone di casa. Così il giorno dopo recuperi la sciarpa invernale ma a metà giornata ti accorgi di aver esagerato e ti sembra di essere in sauna.
Nonostante sia bravissima, veloce e incredibilmente sorprendente nei suoi numeri di magia e illusionismo, April non è particolarmente apprezzata e durante i suoi spettacoli non prende quasi mai degli applausi. Non ne riceve neanche dai patiti degli sci e di altri sport invernali perché non appena ti sei abituato al bianco delle piste innevate, ti stupisce alzando la temperatura di dieci gradi e tutto si trasforma in acquitrino melmoso che inonda i marciapiedi e i parchi della città.
Basta comunque avere i gommoni ai piedi, aspettare che si asciughi e tutto finalmente si sistemerà. Così quando sembra che ti potrai godere giornate più lunghe e più calde, April fa esplodere i pollini: pioppo, betulla, quercia, faggio, eccetera, eccetera e ecciù! Insomma, chi più ne ha più ne metta, di antistaminici intendo.
Mai una gioia con questa dannata illusionista April Svensk… e infatti arriva la depressione stagionale primaverile. Per fortuna tutto passerà e ci si può consolare pensando che, come dicono i canadesi, dopo il lungo inverno, quel paio di giorni di bel tempo a fine marzo di Primavera degli Sciocchi e dopo questo Secondo Inverno di inizio aprile, ad attenderci ci sarà la Primavera… degli Inganni, il Terzo Inverno, la Stagione del Fango, la Vera Primavera e poi, forse, se faremo i bravi, l’estate.
 
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[1] Filastrocca svedese in rima usata per il pesce d’aprile e che si traduce più o meno così: “Aprile, aprile, la tua stupida aringa, ti prendo in giro dove voglio”… non vi scandalizzate con me, non l’ho inventata io.

giovedì 11 aprile 2024

ITALIENAREN – Viaggio di fantasia

Corro come un matto, sudo copiosamente e ho il fiatone. Credevo di essermi nascosto bene nella vegetazione invece mi ha fiutato lo stesso. Un gigantesco e spaventoso Tyrannosaurus Rex mi è alle calcagna. Mi volto per controllare a che distanza si trova e inciampo su un quarzo citrino che sporge dal terreno. Ora il dinosauro mi ha raggiunto e in un sol boccone mi ingoia. Finisco nel suo stomaco, passando per la faringe, l’epiglottide, l’esofago e il piloro. Poi oltrepasso il duodeno, faccio un bagno nella bile e finisco nell’intestino tenue. Evito i villi intestinali e percorro di fretta l’intestino crasso, il colon, il retto e infine finisco nella cacca: di cavallo, di maiale, di lince e addirittura di alce. Per fortuna ora sono all’aria aperta e qui nessuno mi farà del male. A parte quell’orsa con i piccoli là in fondo che mi sembra parecchio arrabbiata. Le lancio delle mandorle tostate e mi lascia in pace. Ne approfitto per fare un giro nelle casette di legno della Svezia del diciottesimo secolo e poi all’improvviso passa un autobus della SL, è un Scania-Vabis C75/1 del 1962. È un po’ arrugginito e cigola. Con un po’ di riluttanza salgo e mi faccio un giro della città. Il tempo sembra passare in fretta. Troppo in fretta. Ora sono su un modello Volvo B10M-60 Säffle del 1984. Dopo una curva a destra e mi ritrovo su un vagone della metropolitana, modello C14 del 1992. Alla fine del rettilineo sono un tram A36 moderno del 2022. Le porte si chiudono e l’autista… non c’è. Il tram si guida da solo. Le macchine attorno a me sono tutte sinuose ed elettriche. Tutto attorno a me è ecosostenibile. Che futuro meraviglioso che ci aspetta. Tutto è così tecnologicamente avanzato e scintillante. Bellissimo. Affascinante. Spaziale. E all’improvviso: three, two, one… ignition. La navicella spaziale parte verso Marte. Ma non è una navicella normale. È una nave speciale: la nave Vasa, affondata nel suo viaggio inaugurale nel 1628 a pochi metri dalla partenza. Ora infatti ho l’acqua alla gola e sto per affondare. Mi sembra tutto un’illusione, un gioco d’acqua, un esperimento e io sono il topo da laboratorio. Però mi diverto a scoprire le leggi della fisica e gli scherzi della mente umana. Immerso nelle bolle di sapone, sento delle grida in lontananza. Una mano forte si protende verso di me. l’afferro e mi sento sollevato. Un vichingo alto, forte e biondo mi salva la vita. Arriviamo nella sua abitazione e brindiamo bevendo birra non filtrata nello scalpo dei nemici. Facciamo gara di rutti e ci sfidiamo a chi lancia più lontano l’accetta. Ho perso, è difficile accettarlo. Per sfogarmi prendo una palla da pallamano e la lancio più forte che posso, faccio un paio di piroette sugli anelli alla Yuri Chechi, scalo le pareti come se fosse l’Everest e infine corro cento metri in 11 secondi. La polizia, che era lì vicino, mi ferma per eccesso di velocità. Mi caricano sulla loro Volvo V70 e a sirene spiegate, scortato da un paio di motociclette BMW R 1200 GSA, mi portano alla centrale. Qui è tutto in ordine e disciplinato. Non si sgarra. Io provo a chiedere scusa e con un teatrino poco credibile cerco di spiegare le mie ragioni. Il poliziotto in divisa non mi crede. Non mi resta che provare a suonargliele: con l’arpa, la batteria, il pianoforte e alla fine ci provo anche con il theremin, ma niente. Passo al balletto e mi vesto da valletto medioevale, mi trucco da zombie e da pagliaccio, canto, uso le mani per fare ombre cinesi e ci provo anche con un disegnino. Torno a essere bambino e ripercorro tutte le storie di Astrid Lindgren, ammiro Pippi a teatro e mi perdo nei cunicoli di una biblioteca immaginaria. Sorrido ai miei figli mentre leggo loro un libro di Jan Lööf.
Abbasso lo sguardo e osservo le mie mani. Quello che stringo però non è un libro, ma una cartina. È una mappa di tutti i musei che offre Stoccolma. Sorrido di nuovo: bello avere tanta scelta durante le fredde e lunghe giornate invernali, magari sorseggiando una cioccolata calda e un kanelbulle.
 
Chiave di lettura (facit). I musei citatati sono in ordine: Naturhistoriska riksmuseet (ora purtroppo temporaneamente chiuso), Skansen, Spårvägsmuseet, Tekniska museet, Vasamuseet, Tom Tits experiment, The Viking Museum, Riksidrottsmuseum, Polismuseet, Scenkonstmuseet, Junibacken.
 
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mercoledì 3 aprile 2024

ITALIENAREN – All you need is lov

All you need is lov. Esatto, lov. Non è un refuso o scarsa conoscenza dell’inglese. È cultura svedese. Soprattutto se si hanno bambini in età scolare o se si lavora nel sistema educativo scandinavo.
In qualsiasi momento, se si è stanchi o stressati, la lov – vacanza in svedese – è lì per risollevarci. La scuola chiude ed è un’ottima occasione per farsi un viaggio da qualche parte. Beh, non proprio in qualsiasi momento. Infatti le vacanze scolastiche svedesi sono rigorosamente pianificate solo in specifici periodi dell’anno. Si inizia con la höstlov, la vacanza autunnale, (quasi) sempre nella settimana 44, cioè fine ottobre o inizio novembre. Normale non capirci niente con la conta delle settimane all’inizio, ma poi ci si fa l’abitudine o si controlla il calendario senza farsi notare dagli altri svedesi che invece fanno il conto automatico delle settimane in testa. A Natale c’è il classico jullov, con le scuole che spesso riprendono dopo il giorno dell’Epifania. Per spezzare un po’ la lunghezza e la rigidità dell’inverno arriva sportlov, un meraviglioso stratagemma svedese per invogliare bambini e genitori a praticare gli sport invernali… o prenotare un viaggio per la popolarissima Thailandia non propriamente famosa per le sciate ma che risolleva l’umore e i livelli di vitamina D. Le settimane per questa vacanza variano in base alla regione nella quale si vive: settimana 7 Göteborg e dintorni, settimana 8 Skåne, settimana 9 Stoccolma e Svezia centrale e settimana 10 nord del paese. Tutto perfettamente programmato. Può sembrare difficile ricordare e riconoscere quale sia la settimana giusta ma in realtà basta semplicemente osservare i vagoni della metropolitana vuoti, l’abbondanza di posti liberi sull’autobus e il deserto nei luoghi di lavoro. Quindi niente panico, la città non si è trasformata in un villaggio post-apocalittico o un set di un film horror con gli zombie ma si tratta solo di lov. Non possono mancare la sosta di Pasqua, Påsklov, e la popolare e ben più lunga, ma non lunga come in Italia, sosta estiva, sommarlov. Ci sono tutte? Ah, no. Dimenticavo il ponte dell’Ascensione, Kristi Himmelsfärd, che è sempre un giovedì di maggio e siccome è un periodo di possibile bel tempo – nessuna garanzia, sia chiaro – dà facilmente sfogo a un bel fine settimana allungato e gli svedesi non si lasciano sfuggire occasioni quando sono ghiotte.
Lov implica dunque vacanze automatiche per i bambini e di conseguenza spesso anche per i genitori. Tutto molto bello. Tutto meraviglioso. Ci sono un paio di “però” da non sottovalutare. I voli, treni, auto a noleggio, hotel, appartamenti e località sciistiche sono prenotate con mesi d’anticipo. Se non lo sono, i prezzi s’impennano vertiginosamente come durante la recessione economica del primo dopoguerra. Va bene, allora non si va da nessuna parte: gli adulti vanno al lavoro accompagnati però dall’inevitabile sensazione di essere delle cacche per aver lasciato i bambini al pascolo nel doposcuola, il fritids – che è sempre aperto come le casse dello stato quando ci sono le tasse da ricevere. Magari si decide di andare in vacanza un’altra volta. No, non si può, perché se si prova a chiedere vacanze al di fuori di questi periodi prestabiliti, il personale amministrativo della scuola si trasforma in una guardia carceraria della prigione di Alcatraz che ha appena lanciato nel Pacifico la chiave della classe dei tuoi figli.
A questo punto viene spontaneo innervosirsi e arrabbiarsi, ma meglio ricordare di respirare e pensare che lo stress eccessivo in questa situazione non servirà a niente. C’è solo una cosa da fare per calmarsi: aspettare il momento dell’anno giusto, pianificare in tempo e… All you need is lov.
 
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mercoledì 27 marzo 2024

RACCONTI – Bestia strisciante

Pensavo di essermene liberato. Che stupido. Invece lei ritorna. Sempre.
Un giorno di sole dopo tanta nebbia cammino per il parco cittadino durante una pausa pranzo. Sapevo che sarebbe arrivata, ma non l’aspettavo proprio in quel momento mentre una leggera brezza mi rinfrescava la faccia dopo una mattinata pesante passata coi pazienti che presto non saranno più miei. Eppure lei è arrivata. Quasi in punta di piedi. Inizia sempre così.
L’ho sentita strisciare, lenta ma inesorabile, tre i piedi e le gambe. Sembrava il rumore delle foglie mosse dal vento sul prato, ma poi ho capito che era lei. Prima l’ho percepita nell’intestino e dopo qualche minuto è arrivata nello stomaco. Per una buona oretta ha fatto il bello e soprattutto il cattivo tempo nel mio tratto intestinale, prima di salire al petto. Nei polmoni, per la precisione. Mi ha tolto l’aria e subito dopo ha fatto un tuffo al cuore.
Ho sollevato la maglietta per controllare e l’ho vista serpeggiare sottopelle. Orribile. Ma reale. Viva. Una specie di Alien, nera e brutta, che s’insinua dentro e non mi lascia in pace finché non ottiene quello che vuole: indebolirmi, sbilanciarmi e infine annientarmi. Vorrei impedirglielo ma non posso fare niente. Non posso fermarla.
La bestia mi prende i muscoli delle spalle e del collo. Li contorce e li immobilizza. Li lascia inermi e doloranti. Ovunque passa lascia segni che non dimentico. Vedo la sua coda squamosa uscire dalla bocca. Mi costringe a sputare qualcosa di amaro che mi era rimasto nella saliva. Poi prosegue la sua missione e gli occhi si arrossano, s’irritano e lacrimano.
Solo quando mi dolgono le tempie, quando le sento spremute e infilzate dagli artigli delle sue zampe, mi accorgo che il peggio deve ancora arrivare. Tutto quello che è appena successo è solo un solletico. La sento infatti farsi largo nel foro occipitale, alla base dell’osso cranico. È lì che capisco di essere definitivamente fottuto.
La bestia trova nel cervello il suo habitat ideale, la sua cuccia calda dalla quale non la schioderò tanto facilmente. Lì, nell’antro della bestia, depone le sue uova che nel giro di pochi minuti si schiudono e si diffondono libere nella mia testa. I pensieri e le insicurezze corrono come bambini indisciplinati in un giardino scolastico. A cercare di fermarli c’è solo un giovane insegnante insicuro e frustrato che corre alla rinfusa da una parta all’altra senza ottenere ordine.
Intanto la giornata prosegue e io sono arrivato a casa. Ora le piccole insicurezze che la bestia ha liberato sono diventate adolescenti convinzioni che credono che il mondo faccia schifo e che loro non potranno mai farcela. Mi gettano fumo negli occhi e offrono solo soluzioni estreme. Il cibo non ha sapore e appena lo infilo in bocca viene fatto sparire dalla bestia famelica che si è appena risvegliata irrequieta dopo il sonnellino pomeridiano. Io invece sto cercando di prendere sonno, ma la bestia non ci sta e mi tiene le palpebre aperte. Mi racconta i suoi propositi per il futuro. Mi presenta i progetti strampalati, dove non c’è spazio per me. Mi copro le orecchie con le mani ma non serve a niente. La bestia urla da dentro. Va avanti così per tutta la notte. Giusto per essere sicura di avermi vomitato in faccia tutto quello che non volevo sentirmi dire. Alla fine io sono esausto, lei soddisfatta.
Con le borse sotto agli occhi, per tutta la mattina cerco di farle fare le valige, ma la bestia non ci pensa neanche e continua a tartassarmi le orecchie con le sue congetture. Per tentare di non ascoltarla finisco per distrarmi dal lavoro, isolarmi dagli altri e chiudermi in me stesso.
Allora corro più che posso così lei fa fatica a starmi dietro. Gioco con i miei figli, parlo con mia moglie, incontro i miei amici e lei non ha più voce per sovrastare le conversazioni. So che non riuscirò mai a fermarla del tutto, ma almeno così la rallento e le tolgo il fiato. La sento di meno e mi dà meno fastidio. La vedo rannicchiata all’angolo della mia mente e mi accorgo che non è così forte come sembrava. Forse ha solo bisogno di essere ascoltata e non taciuta o contraddetta. Non mi metterò certo a risvegliarla o a confortarla, ma almeno la lascio stare. Col tempo, chissà, magari diventeremo anche amici.

mercoledì 6 marzo 2024

ITALIENAREN – Friskvårdbidrag

Devo staccare le mani dalla tastiera del computer. Che tensione al collo e alle spalle. Devo strofinare gli occhi più volte. Che fatica. Oggi è proprio una giornata tosta.
Se solo fossi andato in palestra più spesso quest’anno, magari ora sarei meno rigido. Sono troppo statico e fermo. Non ci vedo più dallo stress. La vista mi si annebbia e vedo tutto nero.
Massaggino alla schiena per alleviare la tensione?
Färskvårdbidrag!
Vuoi fare un salto in palestra a sgranchirti le gambe dopo il lavoro?
Frisksvärdbidrag!
Prenoti subito una visita per chiedere consigli a un dietologo per migliorare l’alimentazione?
Friskis&VårdisBidrag!
Ti chiedi come puoi ottenere consigli utili per smettere di fumare?
FriskusVårdolinaBidrolin! Hm… mi sa che sto sbagliando qualcosa. Il concetto ce l’ho, è giusto, ma c’è qualcosa che proprio non va. Credo che sia il nome. Riproviamo: Friskvårdbidet… mamma mia, no! Ma come cavolo si scrive? Ah sì, ecco: Friskvårdbidrag[1]!
Fantastico. Ne approfitto per comprarmi anche un paio di pattini da hockey e una racchetta da tennis?
Friskvårdbidrag… eh, no!
Ma come no? L’ho scritto giusto.
Sì, sì. È scritto giusto, ma non ci allarghiamo troppo. Il Friskvårbidrag purtroppo non copre le spese per l’acquisto e affitto di attrezzature sportive.
Beh, ma almeno mi faccio un trattamento di bellezza, una seduta dal fisioterapista o dallo psicologo, un corso o un diploma sull’importanza dell’attività fisica?
Friskvår… no, vero?
No, purtroppo neanche per quello. Ma puoi andare a un corso di mindfulness, yoga, meditazione o altri trattamenti mirati alla prevenzione e riduzione dello stress.
Lo so che messa giù così sembra la brutta copia della pubblicità degli anni ’90 di una nota merendina, ma Il Friskvårdbidrag è uno dei tanti benefici svedesi nel mondo del lavoro. La sua funzione è quella di favorire l’appagamento dei lavoratori e prevenire lo stress incoraggiando l’attività fisica o le attività mirate al benessere psicofisico, come per esempio l’acquisto dell’abbonamento in palestra, lezioni di tennis o un massaggio. L’incentivo consiste in un contributo economico offerto dal datore di lavoro e detraibile dalle tasse. La somma varia da lavoro a lavoro e può raggiungere un massimo di 5000 corone all’anno. Non è un diritto del lavoratore ma è solo un beneficio opzionale e quindi in alcuni casi purtroppo non viene concesso. Nonostante questa brutta parentesi molto spesso viene incluso nel contratto lavorativo e molti, incluso il sottoscritto, lo sfruttano alla grande.
C’è ancora tempo per inviare al capo lo scontrino della tessera annuale alla palestra. Non abbattetevi se non l’avete ancora fatto. Non datevi subito disperati all’ippica… piuttosto datevi ad una scuola di equitazione. Eh sì, perché anche quello è incluso nel Friskvårdbidrag.
 
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giovedì 22 febbraio 2024

RACCONTI – Venduto

Io e mia moglie amiamo il nostro negozio. È piccolo ma curato. Le nostre cose in vendita non sono lussuose o esclusive, ma pratiche e accessibili a tutti. È uno di quei negozietti di periferia nel quale si respira ancora l’aria di una volta e il profumo dei libri ha una sfumatura di vita vissuta con amore. A noi non importa diventare ricchi o fare l’affare del secolo per poi vantarcene con gli amici. A noi sta a cuore il cliente e vogliamo essere sicuri che l’oggetto che vendiamo vada in buone mani. Vorremmo sempre che le cose che lasciano il nostro negozio continuino il meraviglioso viaggio che hanno intrapreso con e prima di arrivare a noi. Sappiamo che non sarà sempre così ma ci proviamo con tanta passione e dedizione. Questo ci ha spinti a mettere in piedi questo piccolo negozio dell’usato per dare nuova vita a prodotti dedicati ai bambini che altrimenti sarebbero stati accantonati in una cantina stracolma o buttati via in un cassonetto.
Nel corso degli ultimi anni la nostra attività ha avuto discrete fortune. La campanella alla porta del negozio non ha smesso di suonare. I visitatori sono entrati e usciti attratti dalle merci esposte in vetrina e sui ripiani. Alcuni ne sono rimasti soddisfatti e si sono portati via un pezzo della nostra storia familiare. Altri non hanno trovato quello che cercavano e hanno continuato per altri negozi senza mai però sbattere la porta alle loro spalle. Da noi sono arrivati e poi ripartiti abiti di ogni tipo: vestiti di diverse taglie per bambini piccoli, giubbotti e cuscini per donne incinta, tute da esterno per bimbi che amano le attività all’aria aperta. Abbiamo visto i nostri figli ricevere, appassionarsi e poi abbandonare intrattenimenti infantili che hanno riempito i nostri scaffali: giocattoli digitali, giocattoli analogici, giocattoli per aiutare i bambini a camminare e saltare, libri in italiano e in svedese, monopattini, biciclette, strumenti musicali, palloni. I nostri magazzini hanno ospitato attrezzi utili che hanno reso la nostra vita più semplice e che ora aiutano altri genitori: bilance per pesare neonati, pompe per il latte materno, culle, fasciatoi, seggioloni, cuscini speciali per neonati, dondoli.
Nel corso degli anni tante cose sono passate da noi e alla fine tutte sono uscite dal negozio. Beh, non proprio tutte. Un oggetto, infatti, era rimasto lì, solo nell’angolo, tra ragnatele e polvere per molto tempo. Purtroppo nessuno lo voleva. A nessuno interessava. Povero passeggino. Ne ha passate tante, tra neve, pioggia, sole cocente, terreni sconnessi, fango impiastricciato, ruote bucate, vani portaoggetti sfondati dalla spesa, pianti disperati e pedate arrabbiate di bambini. Eppure è sempre rimasto in piedi, orgoglioso e stoico, e ha continuato a fare il suo lavoro egregiamente come se nulla fosse. Nonostante lo avessimo pulito e tirato a lucido per esporlo in vetrina, nessuna coppia in dolce attesa ha mai voluto prendersi cura di lui e portarlo avanti verso nuove avventure. Era lì ormai da nove mesi, come una gravidanza in attesa delle doglie. Alcune parti eravamo riusciti a piazzarle, come l’aggancio per farlo diventare doppio e una seduta extra, ma il pezzo forte era rimasto in attesa, nonostante le offerte e i vari saldi di stagione.
Ormai avevamo perso ogni speranza quando stamattina, una giovane ragazza bionda svedese, incinta di parecchi mesi, in preda al panico degli ultimi acquisti prenatali, passando in questa zona ha notato il nostro passeggino. L’ha osservato incuriosita attraverso la vetrata, poi è entrata dalla nostra porta, lo ha esaminato con la giusta attenzione ma non troppo scrupolosamente e ha pagato il prezzo ormai ampiamente scontato presente sul cartellino.
La ragazza era felice. Sorrideva mentre spingeva il passeggino fuori verso il mondo mentre la porta del negozio si richiudeva alle sue spalle. Sia lei sia noi avevamo ottenuto quello che volevamo. Una vittoria per entrambe le parti, si potrebbe dire. Avevamo finalmente venduto tutti gli oggetti per bambini da zero a cinque anni del nostro negozio. Avremmo dovuto essere felici, eppure li rumore della campanella della porta del negozio rimbombava nel vuoto che sentivamo nel petto. Con il passeggino se n’era andato anche un ultimo pezzo di storia delle nostre vite coi bambini piccoli. E questo ci aveva lasciato un velo di malinconia e di tristezza per un periodo terminato che probabilmente non tornerà mai più nelle nostre vite.
Poco importa che il negozio dell’usato che ho appena descritto non sia mai veramente esistito e che sia solo una mia metafora per raccontare il via vai di persone che si incontrano tramite i servizi online per rivendere oggetti di seconda o terza mano. Quel che conta sono i ricordi che ogni cosa ha lasciato dentro di noi. Quelli non li dimenticheremo tanto facilmente. Ora, però, siamo pronti ad andare avanti. A passare oltre, verso nuove sfide e nuove avventure. L’età dei bebè è finita. Ed è giusto che sia così.
— Vero, cara mogliettina?
— Hm, tesoro… ho un ritardo!

giovedì 8 febbraio 2024

ITALIENAREN – Viva le tasse

Da quando esiste la società umana, e in particolar modo in periodi storici di inflazione alle stelle e costi elevatissimi delle risorse come questo che stiamo vivendo, l’uomo si è sempre lamentato delle tasse. Giusto. Quasi legittimo. Nessuno però parla mai dei tassi… finché non te ne ritrovi uno a fare la tana sotto casa o, come è successo a me qualche giorno fa, nel giardino condominiale.
Meles meles è il nome scientifico del tasso comune o tasso europeo, un mammifero carnivoro della famiglia dei mustelidi (come la lontra, il furetto, il ghiottone, la puzzola o la donnola) dall’interessante tassonomia (ih ih ih… sono un simpaticone).
Il tasso è un piccolo animale robusto, lungo circa un metro e pesante fino a 17 kg che si contraddistingue per il pelo grigiastro e la testa allungata con l’inconfondibile mascherina a strisce bianche e nere (Forza Udinese!) Ha zampe tozze con artigli forti adatti a scavare tunnel sotterranei che possono raggiungere anche i 100 metri e avere una trentina di ingressi. Non a caso, infatti, in svedese si chiama grävling, dal verbo att gräva che significa scavare. Il tasso è un animale prevalentemente notturno che passa il resto della giornata a dormire nella sua tana. Hai capito lo scansafatiche! Solitamente vive nei boschi di querceti e latifoglie ma si adatta molto bene anche all’ambiente cittadino, seppur dovendo convivere controvoglia con volpi e procioni. Come dargli torto.
È un animale pacifico e di solito scappa in presenza degli uomini, ma se molestato o se si sente minacciato, per esempio vicino al portone di casa mia quando cerchi di uscire con la bici, diventa pericoloso e molto tenace[1]. Leggenda metropolitana narra infatti che, data la potenza del suo morso che può spaccare facilmente le ossa, quando si campeggia in tenda nei boschi svedesi sia meglio infilarsi dei bastoni nei pantaloni all’altezza degli stinchi in modo tale che il tasso senta rompersi il legno e si illuda di aver portato a termine il suo attacco e se ne vada soddisfatto. Se per caso il tasso decide di vivere nel tuo giardino senza pagare regolarmente l’affitto non servirà a niente rivolgersi a un avvocato per avviare il procedimento di sfratto. Gli esperti suggeriscono invece di spargere urina – dopo aver letto dei suoi possibili attacchi anch’io mi piscerei sotto dalla paura – oppure lasciare tessuti impregnati di profumo – come fa qualcuno in metropolitana – per segnalare che quel territorio è già occupato. In alternativa si può cercare di spaventarlo con rumori fastidiosi – ho una lista di talk-show televisivi che potrebbero fare al caso – anche se in realtà il baccano del traffico cittadino non sembra disturbarlo più di tanto e forse dovrò per forza tenermi questo buffo animaletto che soffia, ringhia e brontola (N.d.A. non sto parlando di mio figlio).
A ognuno dunque il suo animale selvatico: a Roma i cinghiali, in Trentino gli orsi, in Friuli le cimici e… a Stoccolma i tassi. Tutto sommato non ci è andata così male visto che questo animale è piuttosto timido e dall’aspetto simpatico. Per fortuna infatti che non si avvistano animali più pericolosi come i lupi… hm, aspetta, non ne sarei così sicuro[2].
 
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[2] https://www.svt.se/nyheter/lokalt/stockholm/varg-i-centrala-lidingo-den-sag-majestatisk-ut