Per il malato le giornate sono lunghe, lunghissime.
Si sveglia la mattina presto dopo una notte insonne e il cervello gli rimbalza
nella scatola cranica come se fosse una palla da basket. I muscoli gli fanno
male come durante una sessione di pesi. Sente le fitte allo stomaco come se
fossero dei giavellotti. No, oggi è meglio non fare sport. Il malato, allora,
sta a casa e si ributta a letto. Dorme fino alle dieci, poi prova ad alzarsi,
ma la gravità è una brutta bestia e lo lascia inerme tra le lenzuola calde. E
allora che si fa? Decide che è finalmente arrivato il momento di riprendere il
libro che ha da troppo tempo sul comodino: legge duecento pagine, quando di
solito ne riusciva a leggere massimo trenta, e incredibilmente finisce il
libro. Intanto è già ora di pranzo. Si fa un riso in bianco, pasteggiandolo con
acqua di ottima annata, frizzante all’occorrenza, se ci si scioglie dentro
un’aspirina. Mentre mangia, gli parte un attacco di tosse ed è costretto ad
andare in bagno per sputare il catarro nel lavandino. Si guarda allo specchio:
ha una brutta cera e ha la gola in fiamme. Si sente più una candela che una
persona. Si misura la febbre: è salita alla vertiginosa soglia dei trentasette
e cinque. “Riuscirò a tornare quello di prima?” Pensa disperato. “Sopravvivrò a
questa influenza stagionale?” Per evitare il pensiero torna a dormire, non
prima di aver letto altre duecento pagine… dello stesso libro di prima perché
sdraiandosi a letto, si è dimenticato di prendere un nuovo libro dallo scaffale
e ora non ha più la forza di rialzarsi. Legge dunque, poi si stufa, fa le
parole crociate, sonnecchia, guarda la televisione, poi legge ancora, ma non ce
la fa più ad andare avanti con lo stesso libro di prima e decide di alzarsi. Con
un gran mal di testa si avvicina allo scaffale e legge i titoli: tutti quei Libri
danno inquietudine, scegliere è un Processo difficile, si sente un Miserabile
con molti dolori alle giovani Vertebre a causa dell’ultima Notte in bianco, però,
con Orgoglio e giudizio, sceglie di Malavoglia un testo. Lo legge fino a ora di
cena. Una minestrina riscaldata gli tiene un’allegra compagnia. Dopo cena si
guarda una puntata della sua serie preferita. Ne guarda un’altra, poi un’alta e
un’altra ancora. Al dodicesimo episodio stramazza al suolo esausto e si addormenta.
Il giorno dopo si sente un po’ meglio, pensa che la malattia sia passata, e
allora esce, va al lavoro, ma a metà giornata sta peggio di prima: è la
ricaduta, domani sarà un’altra giornata lunga, lunghissima.
Acheso: dea della guarigione delle ferite e della
cura delle malattie.
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