In una tranquilla domenica di settembre, nessuno s’immagina quello che sta succedendo in uno scantinato della città. Isolati dal mondo esterno in una sala prove due musicisti stanno per suonarsele di santa ragione.
«Basta!» Fa il primo. «Con te non si può fare musica.»
«Pensa te. Stavo per dire la stessa cosa.» Risponde a tono l’altro. «Fai sempre il sostenuto e il tuo modo di suonare mi ha rotto il timpano!»
«Prendo nota sul registro…»
«E smettila di usare quell’accento e quella cadenza ironica.»
«Almeno io sono allegro.»
«Col piffero che suono ancora con te!»
«Bravo, bis! Vattene, resterai senza una lira.»
Il duetto di battute prosegue per un po’. Volano piatti, spatole, batterie di pentole e gli spaghetti finiscono nella chitarra. Il primo musicista viola violentemente il violino dell’amico e lui per ripicca gli dipinge di giallo la viola. Il primo non ci va piano e schiaccia forte il pianoforte sulla fronte piana dell’altro. Per la legge del contrappasso l’amico gli sfascia il contrabbasso. Altri colpi sono in arrivo, ma un terzo musicista, amico di entrambi, sopraggiunge scendendo la scala e interviene per fermare l’alterazione. I primi due musicisti sono presi in controtempo: il triangolo no, non l’avevano considerato.
«Stop! Pausa!» Urla per bloccarli. «Che succede?»
I due litiganti prendono fiato.
«Gli Do il La e lui che Fa? Niente, Si atteggia a Re. Mi dà Sol pena!» Esclama acuto il primo.
«Mi ha detto che sono basso!» Replica offeso l’altro.
«A quanto pare non vi siete accordati bene. Andate adagio!»
I due, invece di calmarsi, si fanno ancora più vivaci.
«Sentivamo proprio la mancanza di questo tuo fraseggio…» fa il primo.
«Sei sempre così giù di corda e moderato.» aggiunge l’altro. «Sei monotono!»
Non ci danno certo giù di sviolinate i due: hanno toccato un tasto dolente. Il terzo amico fa un passo indietro e si sente un rumore metallico provenire da sotto il suo piede.
«Deficiente! Ora hai proprio rotto il kazoo!» Urlano in coro i due musicisti dissonanti.
Al terzo amico accorso in aiuto prende quasi una sincope e così decide di andarsene in sordina e li lascia nella loro fatale progressione. Tanto ormai tra i due si è già rotta l’armonia e lui non può più fare niente.
A quel punto c’è un intermezzo di silenzio. La situazione è grave: con imbarazzo, se ne rendono conto anche loro due. Si scambiano uno sguardo e dicono: «Va beh, di questi tempi siamo ormai pari!»
Il primo fa un fagotto della sua roba e va a farsi una passeggiata scacciapensieri con buona andatura. Il secondo esce, sale in macchina, gira la chiave e parte con la sua ritmo.
Entrambi, però, portano via con sé la partitura del pezzo che avrebbero dovuto suonare assieme, ma a parte lo spartito, i due non avevano più nulla da spartire.
mercoledì 18 dicembre 2019
mercoledì 27 novembre 2019
EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: Il contorsionista
Tutto
è buio. Si apre il sipario. Solo una luce, un occhio di bue, illumina il
presentatore al centro della scena. Il presentatore sono io. Benvenuti, signore
e signori, a questa magnifica serata di spettacolo, qui al Circo Polare Artico,
un circo dove non puoi sbagliare niente altrimenti vieni freddato dalle belve
che vi presentiamo oggi. Sono animali feroci particolari, piccoli, ma dai pochi
denti aguzzi e non hanno paura di niente (a parte quando qualcuno compare
all’improvviso davanti alla loro faccia). Stasera, in esclusiva solo per voi,
vi delizieremo con il nostro ultimo mirabolante spettacolo. Date il vostro
caloroso benvenuto al nostro miglior contorsionista che si esibirà affrontando le
belve feroci. CLAP-CLAP-CLAP (applausi dal pubblico). Iniziamo subito con un
numero di riscaldamento. Fate entrare le belve. OOOH (stupore dal pubblico
all’ingresso dei bambini sul palco). Ora il nostro contorsionista dormirà in
bilico sul bordo del letto matrimoniale per far spazio ai sui figli. TA-DA (il
numero riesce). Continuiamo, signore e signori con una serie di due esercizi:
il nostro contorsionista starà in ginocchio o seduto sui talloni per tutta la
durata della festicciola, bevendo solo bibite analcoliche e resistendo
all’attacco dei mocciosi che gli sfrecciano attorno da tutte le parti. OOOH.
Inoltre, terrà un neonato in braccio dondolando e canticchiando per ore… anche
di notte. WOW (pubblico esterrefatto). Proseguiamo lo spettacolo con un
classico: il nostro contorsionista prima dormirà per terra affianco al lettino
di suo figlio, contorcendosi per dargli la mano e farlo sentire tranquillo, e
poi continuerà la nottata in bianco rannicchiato col bambino sul lettino da
centoventi centimetri. FIII-FIUUU (fischi d’approvazione del pubblico). Senza
dimenticare il braccio bloccato sotto la nuca del bambino che si è ormai
addormentato. CLAP-CLAP-CLAP. Ci avviciniamo alla conclusione, ma teniamo il
meglio per voi, gentile pubblico. Ora il nostro contorsionista rimarrà
schiacciato tra i due seggioloni nei sedili posteriori dell’automobile per
tutto il tragitto stradale di centinaia di chilometri. WOW. Infine, signore e
signori, l’ultimo esercizio: il più difficile, il più pericoloso. Vi chiedo
gentilmente di stare in silenzio per consentire al nostro artista di
raggiungere la concentrazione necessaria. TARA-TARA-TARA-TARA-TARA (rullo di
tamburi). Il bambino si siederà sulle gambe del suo papà, schiacciandogli
accidentalmente i testicoli, per farsi leggere il suo libro preferito. TA-DA,
CLAP-CLAP-CLAP, FIII-FIUUU. Incredibile, signore e signori, quello che questo
contorsionista riesce a fare. Grazie di essere venuti al nostro circo, speriamo
vi sia piaciuto e a rivederci al prossimo spettacolo!
Pyrrhichus: un Silene dalle danze contorte e dall’aspetto
di un vecchio, figlio di Pan e di una ninfa.
mercoledì 13 novembre 2019
Le giornate fastidiose del signor De fastidis - 3 - Il parcheggio
Questo è un esperimento. Questo è un racconto, ma non è un racconto. Questo è un fumetto, ma non è un fumetto. Allora che cos'è? È forse un "Raccetto" o un "Fumonto"? Chiamatelo come volete, ma questo è un modo di rendere un testo
scritto più visivo e un progetto grafico più verbale. Ecco a voi "Le giornate fastidiose del signor De fastidis".
scritto più visivo e un progetto grafico più verbale. Ecco a voi "Le giornate fastidiose del signor De fastidis".
martedì 29 ottobre 2019
KISSENEFREGA – Vacanze italiane
Caldo a dicembre, freddo invernale a maggio, caldo
infernale a giugno, acquazzoni in agosto. No, non sono le previsioni del tempo per
l’Apocalisse. Non è neanche il vecchio proverbio “Non ci sono più le mezze
stagioni”. Questo è quello che ormai deve aspettarsi un immigrato italiano
durante una breve vacanza nella madrepatria. Non ci si sofferma comunque solo al
clima, ma ci sono molti altri aspetti da tenere in considerazione. Provo, per
esempio, sempre una grande ansia da raccolta differenziata. Ormai non so più
dove vada buttato un involucro: se è sporco da una parte se è pulito da
un’altra, se è intero, non utilizzato perché scaduto, da un’altra parte ancora.
Per paura me lo metto in tasca e lo porto a Stoccolma: lo butterò via là.
Quando è iniziato a essere così complicato? Lasciamo stare e vado al bar con
degli amici e la mia famiglia. Sono le dodici e gli amici bevono un bianco a
pranzo. Sono le due e loro bevono il caffè corretto. Sono le sei e bevono uno Spritz
come aperitivo. Sono le otto e bevono un rosso a cena. Sono le nove e bevono
delle birre. Oh, ma quanto si beve? E poi via in automobile. Sarà che non sono
più abituato al mio caro Nordest. Prima di uscire dal bar prendo un tovagliolo
che spalma lo sporco del pasto e non lo pulisce. Evidentemente devono essere
fatti di squame di anguilla, non di carta. Andiamo a casa a vederci un bel film,
come tutti i TV-dipendenti della Penisola (leggere è out, ormai superato). Quattrocento
canali tutti da gustare (ah, perfetto!): talk-show, talent-show, programmi
americani su improbabili professioni, dibattiti politici o mercati rionali (non
si capisce la differenza), ma di programmi fatti bene neanche l’ombra. Inoltre,
la prima serata inizia alle 21.30, se non più tardi. Ricordo ancora quando, più
di dieci anni fa, iniziava almeno un’ora prima. Come si fa a iniziare a vedere
un film così tardi? Come fa la gente a finire di vedere un programma e poi
alzarsi la mattina presto per andare al lavoro? È successo tutto così
gradualmente che nessuno se n’è accorto. Mentre rifletto, è passato ancora altro
tempo e i bambini vanno a letto troppo tardi. Un’altra routine rovinata, dopo
quella dei pasti a orari sballati. Va beh, lascia stare, siamo in ferie, mi
dico. Cambio ancora qualche canale, poi non ce la faccio più, spengo la
televisione e vado a dormire. Ci vado, però, con un sorriso. Nonostante tutto,
è sempre bello tornare in Italia da parenti e amici… in vacanza.
E voi direte: e chi se ne frega delle tue vacanze
italiane? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati:
rileggete il titolo della rubrica, per piacere!
lunedì 14 ottobre 2019
PROMOZIONE – Intervista su Telepordenone
Qualche
settimana fa vi ho proposto un’intervista improbabile e alquanto bizzarra (qui). Era
vera o era falsa? Lascio a voi giudicare. Oggi, però, vi faccio vedere questa
intervista che è sicuramente autentica. Il servizio è tratto dal videogiornale
regionale di Telepordenone, andato in onda lunedì 7 ottobre 2019. Grazie alla
realizzazione e al montaggio a cura di Omar Costantini.
Comprate
il libro “I casi del commissario Grammatikus” qui su Amazon, sia in formato
e-book sia in formato cartaceo.
Sì,
lo so, questo pezzo potrebbe tranquillamente stare nella rubrica
“Kissenefrega”… prendetelo come una sottocategoria letteraria!
giovedì 3 ottobre 2019
INTERVISTE IMMAGINARIE – Il caso letterario
Buongiorno
a tutti voi cari lettori. Eccomi di nuovo qui per voi dopo tantissimo tempo con
questa scoppiettante rubrica. Per festeggiare il mio ritorno questa settimana
siamo riusciti ad avere per voi, in esclusiva, il famoso criticone letterario Vittore
Sgarbato, che ci parlerà del nuovo caso letterario del 2019 del grandissimo
psico-auto-attore Roberto Riva: “I casi del commissario Grammatikus” che è
stato pubblicato…
È
una merda…
Hm,
mi sembra un po’ prematuro bollare questa raccolta di gialli comici così in
frett…
È
una merda… che io venga presentato così male! Prima di tutto sono famosissimo,
sono il più grande, il più conosciuto. Poi, io non sono un semplice criticone
letterario. Io sono un esteta della scrittura, un raffinato poeta del gusto, un
masturbatore ideologico della penna d’artista, un mecenate della passione
letteraria, un paladino della critica d’avanguardia… in poche parole, io sono Es.
[qualche
secondo di silenzio tra i due interlocutori]
Ha capito? Ma cosa vuole capire lei?
Chi l’ha pagata per questo programma di merda? Eh, lo so io chi l’ha pagata…
capricorno! Capricorno! Capricorno!
Veramente
sono Vergine.
Ecco, appunto: Camoscio! Camoscio!
Camoscio!
…nel
senso del segno zodiacale. Per il resto sono sposato con figli.
Ah, sì: allora stambecco! Stambecco!
Stambecco! Non me ne vado solo perché ho promesso a quella gnocca della
direttrice di rete di venire qua.
Ecco,
dicevo, “I casi del commissario Grammatikus” una raccolta di gialli comici di
Roberto Riva, pubblicata da Amazon nel 2018, ha rapidamente scalato le classifiche dei
volumi narrativi, delle aree romanzate e
dei lati comici di tutti i circoli letterari di quel paese. Molti altri
criticoni… molto meno eccelsi e preparati del nostro gradito, anzi
graditissimo, ospite qui presente… si sono espressi nelle testate per cui
lavorano: “Bellerrimo meno meno” Respublica, “Da pisciarsi sotto dal ridere”
Corriere della serata, “Da cine-mai!” Rotten Potatoes, “Dei casi a casaccio” Un
giornale “Il libro che avete sempre sognato dopo aver visto IT” La stampante…
giusto per citarne alcuni dei più…
Cazzate…
Come?
Ho detto cazzate, pure e semplici
cazzate… come dici? No, no, ti richiamo dopo.
[un
secondo di pausa]
Avevo una telefonata importante da
terminare… cosa ha detto?
Non
ha sentito niente di quello che ho detto?
Ah perché per contratto avrei dovuto
ascoltare? Quella gnocca della direttrice ha fatto bene a non dirmelo, se no
col cazzo che partecipavo a questa boiata di intervista con questo stambecco di
presentatore…
Hm,
stavo elencando le precedenti critiche della prima e speriamo non ultima opera
dell’autore Roberto Riva, dove il protagonista, il commissario Grammatikus,
indaga in sei spassosi casi polizieschi, dove le vittime non muoiono ma
rimangono in uno stato catatonico dovuto ai pettegolezzi, alle critiche non
costruttive, al mobbing, alle false accuse, agli insulti e al silenzio. Il
libro dunque enfatizza come ne uccida più la lingua della spada. Lo fa
attraverso il modo di parlare di questo burbero commissario che non è
propriamente tra i più ortodossi: infatti il commissario Grammatikus non
indovina un congiuntivo, ma azzecca tutti i casi.
Beh, mi sembra di un gusto osceno…
questo quadro appeso alla parete, dico. Cioè, chi ha avuto l’idea di mettere
questa crosta obbrobriosa appesa qua? No, aspetti, non me lo dica… lo so: è
stato lei, vero? Non poteva che essere lei. L’ho capito da come si veste… ma si
è visto allo specchio stamattina? No, meglio di no. Guardi me invece! Guardi
come si veste uno come me… e impari. Capricorno! Camoscio! Stamb…
Va
bene… ora mi scusi, però. Ha rotto un po’ gli zebedei. Non mi sembra il caso di
discutere il mio stile. Oggi l’abbiamo chiamata per discutere “I casi del
commissario Grammatikus” ma non ci ha detto niente e ormai il nostro tempo a
disposizione è finito. A questo punto invito invece i nostri lettori a
recensire il libro al posto suo: credo faranno un lavoro migliore. Ora vado a
leggermi i sei casi: nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo e
ablativo. Arrivederla!
mercoledì 17 luglio 2019
Le giornate fastidiose del signor De fastidis - 2 - Di notte
Questo è un esperimento. Questo è un racconto, ma non è un racconto. Questo è un fumetto, ma non è un fumetto. Allora che cos'è? È forse un "Raccetto" o un "Fumonto"? Chiamatelo come volete, ma questo è un modo di rendere un testo
scritto più visivo e un progetto grafico più verbale. Ecco a voi "Le giornate fastidiose del signor De fastidis".
scritto più visivo e un progetto grafico più verbale. Ecco a voi "Le giornate fastidiose del signor De fastidis".
mercoledì 3 luglio 2019
Le giornate fastidiose del signor De fastidis - 1 - Al parco
Questo è un esperimento. Questo è un racconto, ma non è un racconto. Questo è un fumetto, ma non è un fumetto. Allora che cos'è? È
forse un "Raccetto" o un "Fumonto"? Chiamatelo come volete, ma questo è un modo di rendere un testo scritto più visivo e un progetto grafico più verbale. Ecco a voi "Le giornate fastidiose del signor De fastidis".
giovedì 20 giugno 2019
KISSENEFREGA – Ho sposato una strega
In questo giorno speciale, scrivo questo pezzo di
nascosto. Ho aspettato che lei andasse a dormire prima di poterlo finire con
calma. Prima che lei si addormentasse, infatti, dovevo cambiare la schermata del
computer quando lei veniva a vedere cosa stavo facendo. Ho fatto così perché
non oso immaginare che cosa mi avrebbe fatto se mi avesse beccato. Sto parlando
di mia moglie e oggi che scrivo questo pezzo è il nostro anniversario di
matrimonio. Scrivo questo pezzo perché mia moglie è una strega. Non proprio
come nel film con Veronica Lake e Fredric March o nel rifacimento con Eleonora
Giorgi e Renato Pozzetto… ma quasi. Da fuori nessuno direbbe che lei sia una
strega. Sembra così tranquilla e dolce, ma sotto quella maschera da donna
vivace e sorridente, diventa una vera e propria arpia. Lo so che può sembrare
strano detto così. Lo so che siamo nel ventunesimo secolo e che ormai non si
dovrebbe più credere a certe cose. Lo so che la caccia alle streghe è finita da
un pezzo (a parte che io non voglio cacciare mia moglie). Credetemi, però, è
così: Ho spostato una strega e ora ve lo dimostro con alcuni esempi in cui lei
è riuscita a non fare cose che non aveva voglia di fare. Una volta avrebbe
dovuto cantare al karaoke ma non l’ha fatto perché un fulmine ha colpito
l’impianto audio mandandolo in cortocircuito. Coincidenze? Un paio di mesi fa
avrebbe dovuto presentare uno spettacolo teatrale dei “Varför inte” a un gruppo
studio d’italiano a Stoccolma che si ritrovava sempre di mercoledì (giorno in
cui io non potevo andarci), ma, incredibilmente dopo molti anni, il gruppo
studio ha cambiato giorno di ritrovo al venerdì (quando invece potevo andarci
io). Solo il caso? Quando dobbiamo scegliere dove mangiare spesso capita che il
ristorante scelto dagli altri sia chiuso e quindi si scelga quello che vuole
lei. Bias cognitivo di conferma delle proprie convinzioni? Alcune volte è
capitato che lei non volesse andare a una festa o una cena, ma all’ultimo
secondo chi ospitava l’evento si è ammalato e quindi ha annullato tutto. È un
campione troppo piccolo per trarre conclusioni? Questi sono solo alcuni esempi
dei suoi poteri. Ora però devo andare perché lei si sta svegliando, ma vi
lascio con un’ultima riflessione, poi voi potete trarre le conclusioni che
volete: lei è una strega perché dopo undici anni assieme, di cui tre di
matrimonio, mi ha proprio stregato!
E voi direte: e chi se ne frega di chi hai sposato? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete il titolo della rubrica, per piacere!
E voi direte: e chi se ne frega di chi hai sposato? Beh, non prendetevela con me, non è colpa mia… io vi avevo avvisati: rileggete il titolo della rubrica, per piacere!
domenica 9 giugno 2019
PROMOZIONE – Presentazione letteraria a Manzano (UD)
Nemo propheta in patria, recita l'adagio latino. Si riferisce
alle difficoltà che s’incontrano nel vedere riconosciuti i propri meriti nel
proprio paese d’origine. Ebbene, mercoledì 8 maggio 2019, ho provato a sfatare
questo stereotipo, presentando il mio libro “I casi del commissario
Grammatikus” a Manzano, in provincia di Udine, comune che mi ha visto crescere
sin da bambino e che ho lasciato per continuare i miei studi. Il risultato è stato eccezionale: sala gremita con più di cento
persone presenti, molte domande interessanti da parte del pubblico, ritmo della
presentazione tenuto sempre vivo con sketch basati sugli estratti del libro
curati da Mara e Bruno Bergamasco (il mitico duo comico friulano “I
Trigeminus”) e infine la classe e la cultura sconfinata di un navigato
scrittore e giornalista come Toni Capuozzo a impreziosire la serata. Tutto ciò
ha creato i presupposti per una stimolante discussione e una piacevolissima
serata di cultura che mi porterò sempre dietro come un bel ricordo. Non sono
solo io a scriverlo, ma anche un articolo del “Messaggero Veneto” (giornale del
Friuli) in data 24 maggio 2019.
Messaggero Veneto - 24 maggio 2019 |
Gli eventi ben riusciti come questo non si realizzano mai da soli e quindi i miei sentiti ringraziamenti vanno al comune di Manzano per l’ospitalità nella sala dell’antico Foledor, la Proloco di Manzano, lo Spritz letterario, i presentatori Mara e Bruno Bergamasco, la straordinaria partecipazione di Toni Capuozzo, mia moglie Paola che ha tenuto a bada i nostri figli e per ultimo, ma non per importanza, i miei genitori, mia sorella e il resto della mia famiglia che hanno curato tutta la parte di Public Relations portando così tanta gente grazie al passaparola.
Ora
basta chiacchiere ed ecco a voi alcune foto dell’evento.
Lettura dell’estratto dal primo caso, Nominativo. Voce e interpretazione Mara e Bruno Bergamasco (“I Trigeminus”).
Comprate il libro “I casi del commissario Grammatikus” qui su Amazon, sia in formato e-book sia in formato cartaceo.
Sì,
lo so, questo pezzo potrebbe tranquillamente stare nella rubrica
“Kissenefrega”… prendetelo come una sottocategoria letteraria!
giovedì 25 aprile 2019
HORROR ALL’ITALIANA – Liberation Day
È
notte. Fuori fa freddo. Fulmini squarciano il cielo. I lampi illuminano la
città e i tuoni spaccano i timpani. La pioggia cade fitta e bagna le coscienze
della gente. A parte il temporale tutto tace.
Sembra un giorno come un altro. Sembra una brutta
giornata di pioggia come altre. Oggi, 25 aprile 2019, però, alle otto di
mattina (Central European Time), ogni
essere umano sulla faccia della Terra, troverà una sorpresa in cielo: non solo
un sole splendente, delle nuvole cariche di pioggia, un cielo stellato o una
luna piena, ma una navicella spaziale. Una serie di enormi navicelle spaziali,
infatti, si sono posizionate in cielo a migliaia di metri d’altezza nei punti
strategici del mondo, spuntante quasi dal nulla, da dietro le nuvole o nascoste
dietro qualche asteroide di passaggio. Lo stupore sulla faccia della gente è
comprensibile: d’altronde è una scena che ci si aspetterebbe solo in un qualche
film o racconto di fantascienza e invece è lì, fuori dalla finestra di casa.
Qualcuno dovrà svegliarsi da un dolce sogno per ritrovarsi in un brutto incubo.
Qualcuno dovrà interrompere il suo pasto e fare attenzione a non soffocarsi
mentre alza gli occhi verso l’alto. Qualcuno dovrà interrompere il proprio
lavoro e forse non tornarci più. Uno dei più grandi quesiti dell’uomo è stato
risolto: c’è vita nell’universo. Sono qui per distruggerci? Sono qui per
aiutarci? Sono qui in vacanza? All’improvviso nelle navicelle si accendono
delle luci intense proiettate verso la Terra. Questi raggi laser sono
accompagnati da un suono sibilante e fastidioso che costringe tutti a tapparsi
le orecchie. In seguito il suono diventa più ritmato e si propaga a onde. Il
terrore nello sguardo di tutti gli esseri umani prende il posto dello stupore. La
gente comincia a scappare e urlare in preda al panico. Non sono venuti in pace!
Le onde elettromagnetiche generate dalle navicelle investono tutti i
continenti. Appena colpiti dalle onde, tutte le persone smettono di fare quello
che stavano facendo, tutti smettono di urlare e rimangono con gli occhi
sbarrati fissando il vuoto. Che sta succedendo? Le onde elettromagnetiche
cambiano frequenza e la gente si riattiva, ma come degli automi, come
ipnotizzati, controllati a distanza dagli alieni. Dalla Francia agli Stati
Uniti, dal Brasile all’Egitto, passando per il Giappone, l’India, il Messico e
la Germania, tutti gli abitati della Terra rispondono ai comandi degli alieni.
Tutti? No, non proprio tutti. Un solo paese resiste strenuamente. Un piccolo
paese europeo a forma di stivale. Una forma quasi profetica a simboleggiare la
voglia di cacciare a calci gli alieni invasori della Terra. Cosa rende questo
paese immune dalle onde elettromagnetiche degli alieni? Semplice: non crede ai
fatti ma solo alla pancia e quella navicella gigante che oscura il sole e dà un
po’ di refrigerio in quel giovedì caldo e afoso non è poi così male. I nostri
invasori, però, non ci stanno e sferrano la loro arma letale per conquistare
anche quest’ultimo paese rimasto. In poco tempo, tramite le onde
elettromagnetiche, danno ordine agli stranieri di agire senza pietà, usando i
mezzi più infimi e spregiudicati per colpire la resistenza lì dove fa più male.
Ecco, quindi, un’orda di stranieri che avanza verso i confini, urlando a gran
voce le ignobili sentenze: “gli italiani mangiano solo e sempre pizza e pasta,
specialmente i maccheroni”. Oh, che colpo basso. Gli italiani incassano e
cercano di ribattere ma hanno la bocca piena di spaghetti al ragù. I forestieri
incalzano: “gli italiani sono sempre rumorosi e impulsivi, specialmente alla
guida”. Ah, che affronto. Gli italiani protestato sbraitando ad alta voce,
anche quelli in contromano, quelli parcheggiati in doppia fila e quelli
bloccati nel traffico della tangenziale. Gli stranieri sono sempre più vicini:
“gli italiani fanno parte di famiglie numerose e vivono con i genitori fino a
quarant’anni”. Ahia, chi se l’aspettava questa? Gli stranieri non danno neanche
il tempo agli italiani di piangere nelle braccia della mamma e infliggono il
colpo finale: “gli italiani parlano sempre a gesti, mettono il gel nei capelli
e… sono tutti mafiosi”. No, questo no: basta è troppo, l’Italia non può
resistere anche a questo stereotipo. Tutti si arrendono. Proprio tutti? No, lui
no! Lui resiste: lui è l’eroe nazionale, è il prescelto. È un uomo che si è
alzato da dieci minuti e non si è accorto di quello che sta succedendo. Però ha
già fatto in tempo a fare colazione con la pizza avanzata da ieri, a insultare
il vigile perché gli sta facendo la multa per divieto di sosta sul parcheggio
disabili, a chiedere a sua madre di stirargli la camicia e a pettinarsi i
capelli ancora unti dalla recente serata in discoteca. Lui è diverso. Con lui
stereotipi transculturali e onde elettromagnetiche non funzionano (forse perché
sono parole troppo difficili). Gli alieni non sanno cosa fare, lui capisce
subito il potere che ha acquisito e in un attimo, non prima di aver finito di
bere il suo espresso, scaglia la contromossa. C’è solo un modo per contrastare
le onde elettromagnetiche e la scarica di stereotipi: un messaggio della stessa
portata. Il prescelto, allora, prende fiato e rutta violentemente, infine lancia
il messaggio: “i vaccini fanno piangere i bambini, i bambini piangono quando
fanno i capricci, quindi, per la proprietà transitiva, i vaccini causano
autismo”. Il messaggio è poco chiaro, assurdo, completamente privo di logica,
ma di grande richiamo mediatico e quindi profondamente tipico del suo paese.
Grazie a questo gesto estremo, L’Italia si risveglia e insorge, respingendo gli
alieni a forza di opinioni da bar sulla costituzione, l’economia mondiale, la
pissicologgia clinica e la pedagogia dell’infanzia. Questa raffica di
imprecisioni, frasi fatte e conoscenze aneddotiche stordisce gli alieni, li
manda in crisi. Cercano di scappare a tutta velocità ma le navicelle si
inceppano e poi implodono colpite dal rimbalzo delle loro stesse onde
elettromagnetiche. Una sola nave aliena si salva e scappa in un batter
d’occhio. L’Italia ha vinto. La Terra ha vinto. È il nuovo Liberation Day. Mentre
l’eroe planetario, il prescelto, viene portato in trionfo nella piazza
principale della capitale, un politico aizza la folla e inizia il suo discorso
cerimoniale: “Abbiamo vinto! Sì, abbiamo sconfitto i nemici, ma questa è solo
una battaglia nella guerra agli stranieri e i loro luoghi comuni, che sono il
vero problema del nostro paese. Vi esorto, quindi, a gran voce, a compiere un
primo gesto simbolico, prendendo distacco dagli stranieri, e quindi abbandonando la moneta comune, fonte
di ingiustizie, e vi sprono a tornare ai cari vecchi Sesterzi, che sono molto
meglio, anche se provenienti dall’antica Roma ladrona. È ora di agire.
Svegliatevi!!1!!!1!! Condividete questo messaggio se anche voi siete
incaxxati!” Il politicante di turno continua la sua arringa per fomentare con
successo la folla anestetizzata, mentre da una galassia ormai molto lontana, a
milioni di anni luce da qui, l’alieno che era riuscito a scappare strizza
l’occhio ghignando e continua a premere i tasti di un telecomando indirizzato
verso il nostro pianeta. Alla fine, chi ha veramente vinto?
giovedì 11 aprile 2019
EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: el macho
¡Hola! Oggi vi parlo di un uomo vero… certo che vi
parlo di un uomo: non avrei mai potuto parlare di una donna, perché oggi va in
scena el macho. Sì, avete sentito bene: el macho, solo per voi afficionados del
mio blog. Allora, vamos amigos! El macho è un hombre vero e lo si riconosce
subito dal modo di vestirsi: camicia bianca aperta davanti che mostri il petto
villoso, catene d’oro vistose che mostrino la sua salute economica, cappello da
duro che gli nasconda lo sguardo rendendolo misterioso, stivaletti di cuoio che
odorino di stalla (attenzione, non che puzzino) come un vero torero. A
completare la figura portentosa indossa pantaloni attillati di pelle che però
gli stringono le palle. Vorrebbe piangere dal dolore, ma non può. ¿Por qué non può?
Perché è un uomo vero e gli uomini veri non piangono. Ora el macho è pronto per
uscire nel suo ambiente preferito: il bar, dove c’è la movida e la fiesta. Sì,
perché al bar non deve cucinare (sicuramente aiuta a portare le borse della
spesa, ma non a cucinare), quella è roba da donne… e le donne non sono veri
uomini! Come d'altronde, gli uomini non sono vere donne… altrimenti
accudirebbero anche i bambini, ma el macho non ha nessuna intenzione di farlo,
perché se no sarebbe una femmina e le femmine non sono… insomma, avete capito!
El macho vive a casa con la mamma che credendolo desaparecido non gli prepara
la cena a base di paella: un golpe, pensa lui. Allora va al bar dove mangia
chorizo e nachos e si beve due litri di sangria per prepararsi alla
reconquista. La reconquista delle mujeres (che non era riuscito a conquistare
la sera prima… e neanche la sera prima… e quella prima ancora). Strano però,
¿perché allora al bar tutti parlano delle sue doti da matador? Porque el macho
ha una reputazione da conquistador da mantenere nella sua corrida e non bada a
spese quando si tratta di decantare conquiste mai avvenute. ¿Claro? Dopo
essersi vantato ancora un po’ da vero pallone gonfiato, cambia discorso,
passando ad argomenti culturalmente più elevati: fighe gonfiate e pallone. Nel
mezzo di una risata sguaiata però si interrompe perché si aprono le danze, a
suon di salsa y merengue. Lui odia quelle canzoni, ma gli hanno detto che si
cucca un casino e allora ci si lancia a pesce. Si sistema i capelli
perfettamente impomatati, punta una che respiri e… olé! Avvinghia la mal
capitata e la costringe a un paso doble, dove le calpesta i piedi ogni doppio
passo. Alla fine parte una bachata, ma non una limonata. La ragazza infatti
sguscia via scivolando sul sudore e il gel de el macho ed è salva. ¡Ay caramba! Neanche oggi c’è
stata la revolución. Tutta questa repressione di emozioni l’ha reso ridicolo,
ma lui non prova vergogna… e pensare che el macho non è neanche spagnolo. ¡Adios!
Priapo: dio agreste della potenza maschile
mercoledì 27 marzo 2019
KISSENEFREGA – Interpretazione dei sogni condizionati
Come sapete, quando non vesto i panni del supereroe
dietro la tastiera con i miei superpoteri che mi aiutano a scrivere delle
supercazzate per sconfiggere il mio super-io con un sacco di frasi super-flue,
quando sono un normalissimo Bruce Wayne, un qualsiasi Clark Kent o meglio
ancora un Deboroh La Roccia (per chi conosce il mitico fumetto Rat-man), io sono
uno psicologo. Come molti psicologi (e anche molti supereroi a dire il vero) la
mia deformazione professionale mi spinge a usare le tecniche e le conoscenze
acquisite durante gli studi e i molti anni d’esperienza, anche nella vita di
tutti i giorni (per esempio la famosissima e scientificamente provata “lettura
del pensiero”, già ampiamente trattata in un mio precedente pezzo). Così
mi ritrovo a mischiare, inconsciamente qualcuno direbbe, due scuole di pensiero
abbastanza contrastanti in Psicologia. Io sono di formazione cognitiva - comportamentale
e quindi lungi da me sposare le teorie psicodinamiche freudiane (potrei farlo
solo se avessero le tette grosse… hm, intendevo, solo se avessero evidenze
scientifiche della loro efficacia come lo è per le teorie cognitive - comportamentali,
scusate il lapsus), ma dai sogni che ho fatto nell’ultima settimana e la loro
possibile interpretazione ho buone ragioni per mescolare le due teorie. Ve lo spiego
con un esempio. Tra i miei hobby ho anche il teatro. Recitare è molto
divertente, è una sfida con se stessi e il pubblico, è uno sfogo creativo, ma
crea anche nervosismo e ansia da prestazione. Faccio teatro da più di dieci
anni e nelle settimane prima degli spettacoli ho spesso fatto sogni in cui mi
dimentico le battute: un vero incubo per un attore. Allo spettacolo di
quest’anno del gruppo teatrale italiano “Varför inte” (ART di Yasmina Reza, 29
e 30 marzo 2019, ore 19.30, Teaterstudio Lederman a Stoccolma – vedi foto) per
la prima volta non reciterò ma farò da aiuto regia. La cosa buffa, però, è che
ieri sera ho fatto un sogno condizionato. Che cos’è? È un misto tra teorie
psicodinamiche e cognitive - comportamentali: ho cioè sognato di dimenticarmi
le battute, anche se non andrò in scena. Come è successo? Ora ve lo spiego con
il condizionamento classico (o Pavloviano) applicato ai sogni. Seguitemi nel
ragionamento:
andare in scena (stimolo incondizionato) porta a
incubi di dimenticare le battute (riflesso incondizionato);
settimana prima di uno spettacolo per chi non è
attore (stimolo neutro) porta a nessun incubo (nessun riflesso);
settimana prima di uno spettacolo per chi non è
attore assieme ad andare in scena (stimolo neutro con stimolo
incondizionato) porta a incubi di dimenticare le battute (riflesso
incondizionato);
se quest’ultima condizione è ripetuta molte volte, porta
a…
settimana prima di uno spettacolo per chi non è
attore senza andare in scena (stimolo condizionato) porta a
incubi di dimenticare le battute (riflesso condizionato).
Semplice vero? Ecco, dunque, la mia interpretazione
dei sogni condizionati e nello stesso tempo vi ho dato anche un esempio di messaggio
subliminale della Psicologia della Percezione: andate a vedere ART del gruppo
teatrale “Varför inte”, se siete a Stoccolma questo fine settimana!
domenica 17 marzo 2019
PROMOZIONE – Audio “L’orrido pasto”
In
concomitanza con la pubblicazione su "Il lavoratore", giornale della
Federazione delle Associazioni Italiane in Svezia (FAIS), del mio racconto “L’orrido
pasto” tratto dalla raccolta Horror all'italiana, ecco anche la lettura del
brano:
Testo
e voce di Roberto Riva;
Audio
editing di Valerio De Paolis;
Video
editing di Roberto Riva
A
presto per i prossimi racconti.
Sì,
lo so, questo pezzo potrebbe tranquillamente stare nella rubrica
“Kissenefrega”… prendetelo come una sottocategoria letteraria!
martedì 12 marzo 2019
KISSENEFREGA – Primi segni (di vecchiaia)
Eccoli là. Eccoli che mi aspettano, dopo aver
scollinato la soglia dei trenta, trentacinque anni. Arrivano per tutti, quando
meno te lo aspetti. Imperterriti. Inevitabili. Sono i temibilissimi primi segni
della mia, della tua, della nostra vecchiaia. Ecco un breve e non esaustivo
elenco dei miei.
Sono passato dal pregare di avere i primi peli
della barba a scoprire i primi peli bianchi (plurale, sigh!) della barba… che
taglio di nascosto.
Sono passato dall’uscire venerdì, sabato, domenica
e pure durante la settimana a “filmino e coperta sul divano?”… pronunciato con
un filo di voce per la stanchezza.
Sono passato dal ricordarmi tutto quello che leggo al
non ricordarmi più perché sono entrato in questo blog e neanche perché… perché…
che cosa stavo dicendo?
Sono passato dal cadere dagli alberi, sbattere la
testa ovunque, rotolare in discesa sui prati ed essere indistruttibile
all’avere acciacchi alle caviglie, ginocchia e spalle… semplicemente alzandomi
dal divano.
Sono passato dal britpop dell’adolescenza e hard-rock/metal
dei vent’anni a “Mah, ascolto un po’ di tutto” di adesso… cantando le canzoni
di Gigi D’Alessio sotto la doccia (no, scherzo, non sono ancora un uomo morto).
Sono passato dal protestare per i rimproveri di mio
padre al ripetere sempre le stesse cose, le stesse lamentele, i soliti
rimproveri, ancora e ancora… proprio come faceva mio padre.
Sono passato dal dire (leggasi “mentire”) a voce
alta di essere maggiorenne all’approssimare per difetto quando mi chiedono
l’età… magari rinunciando alla festa di compleanno per pudore.
Sono passato dal protestare per i rimproveri di mio
padre al ripetere sempre le stesse cose, le stesse lamentele, i soliti
rimproveri, ancora e ancora… proprio come faceva mio padre.
Sono passato da ginnastica a scuola, calcio in
cortile e allenamento di basket alla sera senza traccia di affaticamento (e di
compiti fatti) a palestra una volta sola seguita da stanchezza cronica per un
mese… con la consapevolezza di aver comunque fatto il mio compitino.
Sono passato da “attento che diventi cieco” dell’adolescenza
all’essere diventato veramente quasi cieco quando cerco di guardare la tastiera
per scrivere… anvhe se xhi ni vomosce sa cje jo sempte abuyo hli occjiaki.
venerdì 22 febbraio 2019
EPICA MODERNA - Le nuove creature mitologiche: il maleducato moderno
Mi avete proprio stufato con queste buone maniere.
No, non perdo tempo a salutarvi e presentarmi. Capirete da soli con chi avrete
a che fare oggi. Dopodiché sparirò per mesi e mi farò vivo solo quando
interessa a me e quando mi farà più comodo, magari per chiedervi un favore o un
prestito. Non provate neanche a cercarmi
via telefono o via computer perché tanto non vi risponderò né ai messaggi, né
alle e-mail e quantomeno a Facebook. Se poi mi chiamate al cellulare, vi metto giù
senza neanche rispondervi. Non ho tempo per voi, mi spiace. Sono troppo busy a
skrivere kommenti e post su qualsiasi argomento mi passi per la testa senza ke
io abbia, you know, nessunissima konoscenza o esperienza a riguardo… perché
skrivo con la k e non con la c e uso parole straniere senza motivo nel mezzo
del discorso? Ma perkè sono molto più fiko e cool di voi sfigati! Quando sono
sul computer, scrivo sempre valanghe di fottutissimi insulti a tutti gli
stronzi e le merde di prima categoria che osano rompermi le palle andando
contro le mie cazzutissime opinioni. Attacco sempre personalmente quel coglione
che scrive e non l’opinione che il coglione di turno ha scritto. Ovviamente
sono sempre ben protetto da quel cazzo di schermo grazie all’anonimato di un
minchiosissimo soprannome di sta fava. Scherzate? Non oserei mai dire le cose
in faccia alla gente… è da perdenti! CHE COSA? PENSATE CHE QUESTO COMPORTAMENTO
SIA SBAGLIATO? NON VI PIACE QUELLO CHE STO SCRIVENDO E NON VI PIACE NEANCHE CHE
FACCIA LA VOCE GROSSA CON VOI? Beh è ovvio che la pensiate così: d’altra parte
che c’è da aspettarsi da dei fascio-catto-ateo-comunisti come voi? Insomma,
ormai lo avete capito: sono un maleducato moderno. Uso tecniche nuove, più
raffinate, on-line, ma la sostanza non cambia: resto sempre un maleducato.
Andate a quel paese!
Eunomia: dea del buon ordine e della corretta
condotta legale.
giovedì 14 febbraio 2019
PROMOZIONE – Mi pubblicano… a puntate
"Il
lavoratore", giornale della Federazione delle Associazioni Italiane in
Svezia (FAIS) pubblicherà la mia serie di racconti "Horror
all'italiana"!
Ecco il primo dal Il lavoratore nr 1/2019: L'orrido pasto.
Nei
prossimi numeri i prossimi racconti.
Sì,
lo so, questo pezzo potrebbe tranquillamente stare nella rubrica
“Kissenefrega”… prendetelo come una sottocategoria letteraria!
mercoledì 6 febbraio 2019
PROMOZIONE – Diagramma di flusso
Un
diagramma di flusso (o anche detto in inglese flow chart) è una rappresentazione grafica, o diagramma
appunto, che può avere applicazioni in diversi settori. Spesso è usato per
descrivere le operazioni da eseguire per l'esecuzione di una procedura
standardizzata. Ogni passo del processo è descritto in maniera visiva grazie a
una serie di simboli predeterminati per facilitarne la comprensione e favorire
l’esecuzione della procedura. Ovviamente io mi sono preso la libertà di
interpretare a modo mio, sempre con un tocco di ironia, questo tipo di
diagramma per invogliarvi a comprare la mia raccolta di gialli comici “I casi
del commissario Grammatikus”. Ecco a voi il risultato:
Probabilmente
ho complicato ancora di più le cose…
Semplifichiamo
così allora: comprate il libro “I casi del commissario Grammatikus” qui su
Amazon, sia in formato e-book sia in formato cartaceo.
A
presto per nuove presentazioni del libro a Stoccolma e in Italia!
Sì, lo so, questo pezzo potrebbe tranquillamente
stare nella rubrica “Kissenefrega”… prendetelo come una sottocategoria
letteraria!
giovedì 24 gennaio 2019
HORROR ALL’ITALIANA – Villaggio maledetto
È
notte. Fuori fa freddo. Fulmini squarciano il cielo. I lampi illuminano la
città e i tuoni spaccano i timpani. La pioggia cade fitta e bagna le coscienze
della gente. A parte il temporale tutto tace.
Non c’è molto da fare nel piccolo villaggio: un unico bar ormai chiuso, un cinema dismesso, una sala bingo con il vietato l’ingresso ai minori di sessantacinque anni, la grande città viva a più di cinquanta chilometri di distanza… e tanta pioggia. Tantissima pioggia. In quel villaggio nordeuropeo piove sempre. Quello che però sarebbe un luogo senza speranza per molti è invece terreno fertile per un missionario italiano come me, dedito alla salvezza delle genti del nord. Quella che per molti sembra una missione impossibile, già fallita dai miei predecessori, per me è una sfida: la leggenda narra, infatti, che in quel villaggio ci sia una maledizione che nessuno sia mai riuscito a raccontare, tantomeno a sconfiggere. Niente di meglio per un giovane volenteroso come me, armato delle tante lettere d’incoraggiamento del mio predecessore. Sono appena arrivato al villaggio, stanco e spossato dopo cinquantadue ore di treno, dopo aver attraversato quattro paesi diversi, facendo scalo in dodici città. Uscito dalla stazione ferroviaria, incontro un senzatetto che mi accoglie benevolmente nella lingua locale: «Benvenuto, straniero!». Oh, la gente del posto è molto garbata. Poi però guardo meglio e mi accorgo che il senzatetto accompagna le sue parole con un sorriso e un gesto della mano che sembra indicarmi di andare via. Che voglia lanciarmi un monito? Forse sono troppo stanco per capirci qualcosa. Meglio rifocillarsi. Il senzatetto allora mi mostra indice e medio e li fa rotare mimando una forchetta. Mi sta invitando a condividere un pasto. Io annuisco e lui mi lancia una coperta. Poi torna a dormire. Pur rimanendo perplesso e deluso, lo ringrazio. Mi metto a dormire anch’io. Il mattino seguente vengo svegliato da un poliziotto del villaggio che, rigirando più volte la punta del suo dito medio sulla propria guancia, mi fa: «Si alzi. Lei è quello della missione, vero?» Annuisco e, un po’ intontito, chiedo. «Che ore sono?». Lui alza al cielo l’indice e mignolo e li agita: «Sono le due». Ho dormito parecchio, penso, ma perché mi ha fatto le corna? È uno scongiuro per neutralizzare la maledizione? «Mi scusi, agente, mi potrebbe portare dal mio predecessore?» Il poliziotto alza le spalle, unisce indice e pollice, formando un cerchio, e li porta verso la bocca. «Oh sì, grazie agente, mi servirebbe proprio un caffè!» «Non c’è tempo per il caffè» Risponde lui scocciato. «Ma se me l’ha proposto lei ora…» Il poliziotto si gratta un paio di volte il sottomento con il dorso delle dita, dimostrando disinteresse, ma poi replica arrabbiatissimo: «Se non la smette con queste richieste assurde, non la porto da nessuna parte, è chiaro?» Io ammutolisco. Ma dove sono capitato? Una strana sensazione di terrore mi sale dalla spina dorsale fino alla punta dei capelli. Il poliziotto ed io rimaniamo in silenzio e mentre camminiamo noto che il villaggio si è animato un po’. È domenica e gli abitanti si ritrovano per le strade e nella piazza centrale per scambiare chiacchiere e opinioni. C’è però qualcosa di strano nel loro comportamento. Qualcosa che non colgo nell’immediato, ma solo dopo una più attenta osservazione: la gente gesticola moltissimo, più del necessario. Non riesco a sentire cosa dicono, ma li vedo solo muovere le mani a dismisura. Lo stesso brivido di terrore mi assale di nuovo. Non ci faccio caso e, animato dal mio entusiasmo, accelero il passo per giungere alla mia meta. A un certo punto, però, il poliziotto si ferma e mi indica una casa in fondo alla via. Poi se ne va invitandomi a proseguire da solo. Mi saluta facendo un pugno con la mano ma chiudendo un dito alla volta partendo dal mignolo. Che sia una zona dove rubano molto e lui non vuole prendersi il rischio? Penso stupito. Il quartiere è in realtà tranquillissimo, esattamente come il resto del villaggio. Una sola cosa mi colpisce: man mano che mi avvicino alla casa che il poliziotto mi ha indicato, sento un pianto crescente. Prima fievole, poi sempre più forte e disperato. Mi avvicino con paura ma anche con curiosità. Quando giungo a pochi metri dalla casa, un ragazzo si avvicina a passo spedito e con sguardo gioviale. «Benvenuto!» Tiene la punta delle dita della mano destra unite e agita il polso in un gesto interrogativo. Poi afferma deciso. «Tu devi essere il nuovo missionario! Ti aspettavamo con ansia! Io sono il tuo nuovo assistente, nonché ex-assistente del tuo predecessore. Ora te la presento.» Appena il ragazzo finisce di parlare, il pianto all’interno dell’abitazione diventa ancora più forte. «Non ti preoccupare, fa così da solo due settimane di fila…» Sono terrorizzato ma anche eccitato per la mia missione. Entro nella casa e poi nella sala principale dove c’è il mio predecessore. Una ragazza giovane, ma che sembra vecchia e stanca. Appena mi vede, smette di piangere di colpo e si asciuga velocemente le lacrime. Il ragazzo mi saluta picchiettandosi l’indice sulla tempia e mi dice prima di andarsene: «Sarà un piacere assisterti!» Io mi rivolgo alla missionaria, finalmente in italiano, la nostra lingua madre: «Eri tu quella che piangeva tanto? Che ti è successo?» «Niente, non stavo piangendo.» risponde con gli occhi ancora rossi. Sono molto perplesso ma non lo faccio troppo a vedere per buona educazione, così cambio discorso: «Ho letto con ammirazione tutte le tue lettere di richiesta aiuto. Mi hai raccontato di una scuola. Di che si tratta?» Lei sembra nervosa e poi indica un cartello appeso al muro, con la scritta “SCUOLA DI GuSTI – decimo anniversario”. Il cartello ha qualcosa di strano, ma non capisco cosa. «Ah, una scuola di cucina per insegnare ai popoli del nord come cucinare all’italiana. Ottimo! Sarò lieto di proseguire la tua strada.» Lei annuisce, mentre si soffia in naso. Poi solleva le sue valige, appoggiate lì vicino. «Scusami, ora devo proprio andare. Il mio treno parte tra poco…» «Ma come, pensavo che avremmo collaborato assieme!» «No, no. Tu sei molto più bravo. Ora che ci sei tu, potrai mandare tu avanti questa scuola di… cucina!» Poi esce di fretta e corre verso la stazione. Il ragazzo assistente la saluta dalla finestra, sfregando il pollice e l’indice: «Ci mancherai!» Osservo il gesto del ragazzo con irrequietezza. Forse ho capito, ma non voglio ammetterlo a me stesso. Ho paura. Tanta paura. Dalla finestra si alza una folata di vento che fa cadere un pezzo del cartellone di prima. La verità della maledizione mi è finalmente rivelata, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro. Quella che mi ha preceduto è già corsa alla stazione con un sospiro di sollievo. Ho paura a guardare il cartello, ma alla fine lo faccio. Il cartello recita “SCUOLA DI GESTI – decimo anniversario”. È questa dunque la condanna di un missionario italiano in terra nordica: insegnare la gestualità italiana a chi compie gesti a casaccio… e fallire indecorosamente, come hanno fatto tutti i miei predecessori! È un incubo. Non mi resta che cominciare a scrivere lettere di aiuto e sperare che qualcun altro venga a salvarmi, occupando il mio posto in questo villaggio maledetto.
Non c’è molto da fare nel piccolo villaggio: un unico bar ormai chiuso, un cinema dismesso, una sala bingo con il vietato l’ingresso ai minori di sessantacinque anni, la grande città viva a più di cinquanta chilometri di distanza… e tanta pioggia. Tantissima pioggia. In quel villaggio nordeuropeo piove sempre. Quello che però sarebbe un luogo senza speranza per molti è invece terreno fertile per un missionario italiano come me, dedito alla salvezza delle genti del nord. Quella che per molti sembra una missione impossibile, già fallita dai miei predecessori, per me è una sfida: la leggenda narra, infatti, che in quel villaggio ci sia una maledizione che nessuno sia mai riuscito a raccontare, tantomeno a sconfiggere. Niente di meglio per un giovane volenteroso come me, armato delle tante lettere d’incoraggiamento del mio predecessore. Sono appena arrivato al villaggio, stanco e spossato dopo cinquantadue ore di treno, dopo aver attraversato quattro paesi diversi, facendo scalo in dodici città. Uscito dalla stazione ferroviaria, incontro un senzatetto che mi accoglie benevolmente nella lingua locale: «Benvenuto, straniero!». Oh, la gente del posto è molto garbata. Poi però guardo meglio e mi accorgo che il senzatetto accompagna le sue parole con un sorriso e un gesto della mano che sembra indicarmi di andare via. Che voglia lanciarmi un monito? Forse sono troppo stanco per capirci qualcosa. Meglio rifocillarsi. Il senzatetto allora mi mostra indice e medio e li fa rotare mimando una forchetta. Mi sta invitando a condividere un pasto. Io annuisco e lui mi lancia una coperta. Poi torna a dormire. Pur rimanendo perplesso e deluso, lo ringrazio. Mi metto a dormire anch’io. Il mattino seguente vengo svegliato da un poliziotto del villaggio che, rigirando più volte la punta del suo dito medio sulla propria guancia, mi fa: «Si alzi. Lei è quello della missione, vero?» Annuisco e, un po’ intontito, chiedo. «Che ore sono?». Lui alza al cielo l’indice e mignolo e li agita: «Sono le due». Ho dormito parecchio, penso, ma perché mi ha fatto le corna? È uno scongiuro per neutralizzare la maledizione? «Mi scusi, agente, mi potrebbe portare dal mio predecessore?» Il poliziotto alza le spalle, unisce indice e pollice, formando un cerchio, e li porta verso la bocca. «Oh sì, grazie agente, mi servirebbe proprio un caffè!» «Non c’è tempo per il caffè» Risponde lui scocciato. «Ma se me l’ha proposto lei ora…» Il poliziotto si gratta un paio di volte il sottomento con il dorso delle dita, dimostrando disinteresse, ma poi replica arrabbiatissimo: «Se non la smette con queste richieste assurde, non la porto da nessuna parte, è chiaro?» Io ammutolisco. Ma dove sono capitato? Una strana sensazione di terrore mi sale dalla spina dorsale fino alla punta dei capelli. Il poliziotto ed io rimaniamo in silenzio e mentre camminiamo noto che il villaggio si è animato un po’. È domenica e gli abitanti si ritrovano per le strade e nella piazza centrale per scambiare chiacchiere e opinioni. C’è però qualcosa di strano nel loro comportamento. Qualcosa che non colgo nell’immediato, ma solo dopo una più attenta osservazione: la gente gesticola moltissimo, più del necessario. Non riesco a sentire cosa dicono, ma li vedo solo muovere le mani a dismisura. Lo stesso brivido di terrore mi assale di nuovo. Non ci faccio caso e, animato dal mio entusiasmo, accelero il passo per giungere alla mia meta. A un certo punto, però, il poliziotto si ferma e mi indica una casa in fondo alla via. Poi se ne va invitandomi a proseguire da solo. Mi saluta facendo un pugno con la mano ma chiudendo un dito alla volta partendo dal mignolo. Che sia una zona dove rubano molto e lui non vuole prendersi il rischio? Penso stupito. Il quartiere è in realtà tranquillissimo, esattamente come il resto del villaggio. Una sola cosa mi colpisce: man mano che mi avvicino alla casa che il poliziotto mi ha indicato, sento un pianto crescente. Prima fievole, poi sempre più forte e disperato. Mi avvicino con paura ma anche con curiosità. Quando giungo a pochi metri dalla casa, un ragazzo si avvicina a passo spedito e con sguardo gioviale. «Benvenuto!» Tiene la punta delle dita della mano destra unite e agita il polso in un gesto interrogativo. Poi afferma deciso. «Tu devi essere il nuovo missionario! Ti aspettavamo con ansia! Io sono il tuo nuovo assistente, nonché ex-assistente del tuo predecessore. Ora te la presento.» Appena il ragazzo finisce di parlare, il pianto all’interno dell’abitazione diventa ancora più forte. «Non ti preoccupare, fa così da solo due settimane di fila…» Sono terrorizzato ma anche eccitato per la mia missione. Entro nella casa e poi nella sala principale dove c’è il mio predecessore. Una ragazza giovane, ma che sembra vecchia e stanca. Appena mi vede, smette di piangere di colpo e si asciuga velocemente le lacrime. Il ragazzo mi saluta picchiettandosi l’indice sulla tempia e mi dice prima di andarsene: «Sarà un piacere assisterti!» Io mi rivolgo alla missionaria, finalmente in italiano, la nostra lingua madre: «Eri tu quella che piangeva tanto? Che ti è successo?» «Niente, non stavo piangendo.» risponde con gli occhi ancora rossi. Sono molto perplesso ma non lo faccio troppo a vedere per buona educazione, così cambio discorso: «Ho letto con ammirazione tutte le tue lettere di richiesta aiuto. Mi hai raccontato di una scuola. Di che si tratta?» Lei sembra nervosa e poi indica un cartello appeso al muro, con la scritta “SCUOLA DI GuSTI – decimo anniversario”. Il cartello ha qualcosa di strano, ma non capisco cosa. «Ah, una scuola di cucina per insegnare ai popoli del nord come cucinare all’italiana. Ottimo! Sarò lieto di proseguire la tua strada.» Lei annuisce, mentre si soffia in naso. Poi solleva le sue valige, appoggiate lì vicino. «Scusami, ora devo proprio andare. Il mio treno parte tra poco…» «Ma come, pensavo che avremmo collaborato assieme!» «No, no. Tu sei molto più bravo. Ora che ci sei tu, potrai mandare tu avanti questa scuola di… cucina!» Poi esce di fretta e corre verso la stazione. Il ragazzo assistente la saluta dalla finestra, sfregando il pollice e l’indice: «Ci mancherai!» Osservo il gesto del ragazzo con irrequietezza. Forse ho capito, ma non voglio ammetterlo a me stesso. Ho paura. Tanta paura. Dalla finestra si alza una folata di vento che fa cadere un pezzo del cartellone di prima. La verità della maledizione mi è finalmente rivelata, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro. Quella che mi ha preceduto è già corsa alla stazione con un sospiro di sollievo. Ho paura a guardare il cartello, ma alla fine lo faccio. Il cartello recita “SCUOLA DI GESTI – decimo anniversario”. È questa dunque la condanna di un missionario italiano in terra nordica: insegnare la gestualità italiana a chi compie gesti a casaccio… e fallire indecorosamente, come hanno fatto tutti i miei predecessori! È un incubo. Non mi resta che cominciare a scrivere lettere di aiuto e sperare che qualcun altro venga a salvarmi, occupando il mio posto in questo villaggio maledetto.
mercoledì 16 gennaio 2019
PROMOZIONE – Presentazione letteraria a Cittadella (PD)
Il
4 gennaio 2019 ho avuto l’opportunità di presentare il mio libro “I casi del
commissario Grammatikus” anche a Cittadella. È stata un’altra bella esperienza
e ringrazio la presentatrice dell’evento Federica Bonaldo, l’associazione
“Amici Torre di Mejaniga” e l’associazione “Una Proposta Diversa Onlus” per
l’invito. Grazie anche a chi è venuto a vedermi e a discutere con me di
Grammatikus.
Qui in fondo alcune foto dell’evento.
Link
alla lettura di un estratto del libro (Vocativo, il quinto caso): https://youtu.be/V6aZeVWaeSo
Comprate il libro “I casi del commissario Grammatikus” qui su Amazon, sia in formato e-book sia in formato cartaceo.
A presto per altre presentazioni a Stoccolma e in Italia!
Sì,
lo so, questo pezzo potrebbe tranquillamente stare nella rubrica
“Kissenefrega”… prendetelo come una sottocategoria letteraria!
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