giovedì 16 giugno 2022

RACCONTI – La bacheca

Lo appoggio sulla mensola vicino agli altri.
Che bello! È l’ultimo di una lunga serie. Questo trofeo ci sta proprio bene assieme al resto della bacheca. Faccio un passo indietro per osservarla e compiacermi. Ne è valsa la pena aver passato anni ad accumulare premi. Ripenso a tutti i momenti e a tutti i ricordi legati a queste medaglie e coppe. Sorrido.
Certo, a volte è stato un sorriso amaro… molto amaro.
Come per quella coppa là in alto, sull’ultima mensola: coppa Peggior Regalo di Natale 2015. È stato facile vincerla. Mi è bastato regalare una candela a chi mi aveva più volte detto di non apprezzarle.
O come il quadretto appeso al muro che incornicia l’attestato di partecipazione a Facebook che ho vinto tutte le volte che ho postato un mio racconto e ho ricevuto solo un paio di Like.
Per non parlare delle medaglie d’oro per la miriade di rifiuti ricevuti secchi quando da giovane ci ho provato con le ragazze che mi piacevano tanto.
Giustamente, vicino a quelle medaglie ho messo la targhetta onoraria per le volte che ho fatto cilecca a letto. E anche quella per tutte le volte che l’ho preso nel fondoschiena. Metaforicamente, s’intende, riferito a quando un datore di lavoro è passato oltre a una mia candidatura o un giornale scientifico ha rifiutato un mio articolo quando ero ancora un dottorando.
Sospiro. Oh, quanti attimi di dispiacere passati assieme a questa bacheca. Quanti cuori spezzati (il mio). Quante autostime schiacciate. Bei tempi.
Sposto lo sguardo più in basso e continuo la mia personale carrellata di ricordi.
Oh, guarda lì quel meraviglioso scudetto del torneo “Papà di merda” che ho vinto proprio l’altro giorno quando ero arrabbiato e ho urlato in faccia ai miei figli, facendoli piangere. Ormai sono pluridecorato in quel torneo.
Ecco qui invece tutti i gagliardetti per ogni paziente che non sono riuscito ad aiutare, ogni amico che ho lasciato alle spalle e ogni parola al posto sbagliato nel momento sbagliato. Incredibile! Non mi ricordavo fossero così tanti. E quanti colori anche… tutte gradazioni del marrone ovviamente.
Niente in confronto, però, al mitico Dog Actor Award che ho meritatamente conquistato nel 2015 quando ho sbagliato una battuta sul palco durante uno spettacolo. E chi se lo dimentica quello.
Meglio lucidarlo di tanto in tanto, prima che sparisca sotto la polvere e mi dimentichi di averlo già vinto in passato.
Infine, eccolo là, il migliore di tutti. Il trofeo più scintillante di tutti. Quello che si vede meglio, anche da lontano. La grande coppa dei romanzi rifiutati dalle case editrici: “A Roberto, ricordati che ciò che scrivi non vale un cazzo!”, recita l’incisione alla base.
Mi scappa un sorriso.
Dovrei essere triste, magari anche piangerne (qualche volta l’ho fatto). In fondo sono tutti fallimenti, a volte piccoli, a volte grandi, ma mi hanno insegnato qualcosa. In un certo senso non posso che essere grato di averli conquistati perché mi ricordano che ne sono uscito vincitore. Questi fallimenti mi hanno arricchito.
Sorrido di nuovo. Ho ancora altre tre pareti da riempire… e questa è solo la prima stanza.

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