143380… 2388… 39,8…
Bevo un caffè amaro. Ne bevo un altro.
142200… 2370… 39,5…
Dovrei cominciare a fare qualcosa.
139500… 2325… 38,75…
Non ho voglia di andare avanti ma devo. (Devo davvero?)
136800… 2280… 38…
Bevo un terzo caffè. Basta!
134400… 2240… 37,3333333333…
Sono troppo nervoso (ma va’?) Non ce la posso fare.
131220… 2187… 36,45…
Sto impazzendo. Sto dando i numeri.
130500… 2175… 36,25…
Tra poco ci sarà il pranzo e ci sono ancora:
129900 secondi… 2165 minuti… 36,083 ore…
tra me e venerdì pomeriggio… e poi la prima settimana di lavoro dopo una di malattia sarà finita.
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Bevo un caffè amaro. Ne bevo un altro.
142200… 2370… 39,5…
Dovrei cominciare a fare qualcosa.
139500… 2325… 38,75…
Non ho voglia di andare avanti ma devo. (Devo davvero?)
136800… 2280… 38…
Bevo un terzo caffè. Basta!
134400… 2240… 37,3333333333…
Sono troppo nervoso (ma va’?) Non ce la posso fare.
131220… 2187… 36,45…
Sto impazzendo. Sto dando i numeri.
130500… 2175… 36,25…
Tra poco ci sarà il pranzo e ci sono ancora:
129900 secondi… 2165 minuti… 36,083 ore…
tra me e venerdì pomeriggio… e poi la prima settimana di lavoro dopo una di malattia sarà finita.
Devo rimanere fermo. Devo tenere
gli occhi chiusi. Sono costretto a letto. Il sensore è posizionato sulla mia
carotide. Si assicura che il mio battito sia presente, che io sia presente. Non
ho scampo. Se solo provo a muovermi di un centimetro mi pianta le unghie sui
fianchi e minaccia gli zebedei con le ginocchia. Fa male solo a pensarci.
Se uno dei due mi blocca, l’altro mi costringe a parlare. Non vorrei, ma devo. Devo raccontare tutto. Non bastano una, due o tre volte. No, devo raccontare proprio tutto. Quando ormai la voce è rauca e la presa sul collo si è allentata, loro sono soddisfatti.
Li sento russare. È il segnale. È il momento di andarsene. Molto lentamente. Molto silenziosamente. Altrimenti sarebbe la fine per me. Metto un pupazzo al mio posto ed esco dalla camera dei bambini dopo una maratona di storielle e di racconti.
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Se uno dei due mi blocca, l’altro mi costringe a parlare. Non vorrei, ma devo. Devo raccontare tutto. Non bastano una, due o tre volte. No, devo raccontare proprio tutto. Quando ormai la voce è rauca e la presa sul collo si è allentata, loro sono soddisfatti.
Li sento russare. È il segnale. È il momento di andarsene. Molto lentamente. Molto silenziosamente. Altrimenti sarebbe la fine per me. Metto un pupazzo al mio posto ed esco dalla camera dei bambini dopo una maratona di storielle e di racconti.
C’è un momento nella vita nel quale
hai tutto quello che vorresti: compagnia di buoni amici, musica per le tue
orecchie, cielo limpido e stellato sopra la tua testa. Tutto gira per il verso
giusto e tutto ti è chiaro davanti agli occhi. Ti gusti una birra fresca in una
calda sera estiva. Non potevi chiedere di meglio. Sei felice.
All’improvviso, però, succede quello che non ti aspettavi. Succede quello che più temevi e che assolutamente non volevi.
In un attimo tutto cambia e la vista si occlude. Cerchi di cambiare le cose ma la situazione non si smuove di un solo centimetro. Provi a fare quello che puoi ma ti senti impotente di fronte a qualcosa di così alto. Non ci vedi più dalla rabbia. La frustrazione prende il sopravvento. Cerchi di goderti lo stesso la serata, ma sai che non è più la stessa cosa. Nel frattempo la birra si sgasa e la musica finisce.
Il concerto dei vegliardi Jethro Tull è stato comunque bello (55 anni di attività e non sentirli) ma sarebbe stato sicuramente meglio senza uno spilungone Telespalla Bob che si siede nel posto davanti al tuo appena iniziato il concerto.
All’improvviso, però, succede quello che non ti aspettavi. Succede quello che più temevi e che assolutamente non volevi.
In un attimo tutto cambia e la vista si occlude. Cerchi di cambiare le cose ma la situazione non si smuove di un solo centimetro. Provi a fare quello che puoi ma ti senti impotente di fronte a qualcosa di così alto. Non ci vedi più dalla rabbia. La frustrazione prende il sopravvento. Cerchi di goderti lo stesso la serata, ma sai che non è più la stessa cosa. Nel frattempo la birra si sgasa e la musica finisce.
Il concerto dei vegliardi Jethro Tull è stato comunque bello (55 anni di attività e non sentirli) ma sarebbe stato sicuramente meglio senza uno spilungone Telespalla Bob che si siede nel posto davanti al tuo appena iniziato il concerto.
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