venerdì 22 ottobre 2021

RACCONTI – La compravendita (prima parte)

Sono davanti a tre porte.
Dietro alla porta numero uno c’è una specie di modella svedese, alta, bionda e bionica: una strafiga stratosferica, stratirata e strapreparata che mi ammalierà e mi farà perdere la concentrazione mentre pendo dalle sue labbra.
Dietro alla porta numero due c’è un bel fusto dalle spalle larghe, dal sorriso smagliante e dall’autostima strabordante, paragonabile solo a quella di Zlatan Ibrahimovic dopo un gol da centrocampo in rovesciata. Mi farà sembrare tutto ciò che vedo un paradiso terrestre.
Dietro alla porta numero tre c’è una persona impettita, rigida e col culo talmente stretto da riuscire a trattenere uno spillo da balia tra le chiappe. Mentre mi chiederò se sia rimasto incastrato in quel vestito per sbaglio o se sia una sua scelta di vita, questa persona sarà riuscita a vendermi anche sua madre.
Quale scegliere?
No, non è un gioco a premi. Quelli dietro alle tre porte sono degli agenti immobiliari. Questa è una normalissima situazione da domenica pomeriggio di “visning” a Stoccolma. Open house in inglese. Porte aperte in italiano. Non porte aperte per i ladri, ma per i possibili acquirenti dell’appartamento. In questo caso io e mia moglie. I ladri sono quelli che ti vendono la casa, visti i prezzi che ci sono in città.
Tutto inizia, però, con una droga. Me la inietto da solo, nel calduccio di casa mia, di sera dopo che i bambini sono andati a nanna. Fa effetto velocemente e appena me ne accorgo e già troppo tardi. È una droga sperimentale svedese. Si chiama hemnet.se, si consuma on-line ed è completamente legale. È un sito internet dal quale non riesco a staccarmi neanche quando trovo la casa perfetta perché rimango sempre nella speranza di trovarne una ancora più perfetta.
Dopo un’overdose di appartamenti comincio a notare delle caratteristiche comuni: la presenza di una chitarra (spesso in più di una stanza) anche se i proprietari non saprebbero distinguere un Fa da un Sol o un Re da un vassallo, l’esposizione al sole 24 ore su 24 anche in inverno sopra il 59° parallelo Nord, frutta e verdura esposte in cucina come nel baracchino sotto casa, tappeti e coperte in plaid sparse in ogni stanza come nella dimora dello scià di Persia e per finire l’immancabile descrizione della casa come “una vera perla”, “imperdibile”, “fantastica” da far invidia ai commenti dei giornalisti schiaffati sulle copertine dei best-seller.
Dopo aver fatto scorpacciata di foto, essermi immaginato spaparanzato sul divano del nuovo salotto e aver sognato di poter bere il caffè mattutino affacciato a quel meraviglioso balcone soleggiato, alla fine scelgo gli unici tre appartamenti che mi posso permettere e che saranno aperti al pubblico domenica pomeriggio.
Eccomi quindi a varcare le tre porte dei tre appartamenti. In un attimo divento un esperto di orienteering, cercando il muschio sulle pareti per identificare i punti cardinali, quando fino a pochi giorni prima non sapevo neanche che Napoli si trovasse più a est di Trieste. Passo il dito in cerca di polvere in ogni superficie della casa come fossi la signorina Rottermeier mentre a casa mia ci sono ancora i covoni di polvere che rotolano al vento. Fingo di essere più esperto di Pino, l’elettricista di famiglia, per quanto riguarda cavi e contatori e nel frattempo nascondo in tasca la mano incerottata dopo che ho infilato il dito nella presa elettrica. Prendo le misure di ogni stanza per farmi l’arredamento immaginario, commento ad alta voce i difetti per spaventare gli altri possibili acquirenti e faccio un paio di domande inutili all’agente immobiliare giusto per dimostrarmi interessato. Dopo quindici minuti esco, riluttante, dubbioso, con la paura di essermi perso qualche dettaglio importante e con una brochure in mano che mi farà sognare di poter essere il prossimo proprietario di quel buco da 80 metri quadri dove dovrò incastrarci me, mia moglie, due bambini vivaci e i loro duecentotrenta giocattoli.
Non faccio in tempo ad arrivare a casa che parte l’asta per l’appartamento. Come per il fantacalcio, ma in questo caso i soldi sono veri. Faccio un’offerta e aspetto. Riceverò un messaggio per ogni eventuale nuova puntata che faranno gli altri. Nei successivi tre o quattro giorni vivo con ansia e panico ogni vibrazione o suono di notifica proveniente dal cellulare. Appena leggo sul display che non è una nuova offerta al rialzo sono pronto a benedire chiunque mi abbia scritto… anche il mio capo che mi chiede di lavorare sabato e domenica.
Dopo un paio di botta e risposta per far lievitare il prezzo alle stelle con uno o più fantomatici acquirenti (passi le notti a chiederti se esistano veramente o se siano personaggi inventati dall’agente immobiliare solo per far alzare il prezzo della casa), alla fine vinco l’asta, vinco l’appartamento e mi porto via anche un set di pentole in acciaio inox da 24 pezzi per essere stato tra le prime tre telefonate.
Congratulazioni! Grande! Ora mi sono fortemente indebitato per i prossimi quarant’anni. Stappo la bottiglia di champagne più costosa che ho in casa. Sì, sì. Festeggio pure, ma con quali soldi pago questo appartamento? Eh già, ora mi tocca vendere casa mia. E mentre riverso con l’imbuto il vino avanzato dentro la bottiglia mi preparo al prossimo capitolo della saga.

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