«Che faccio? Provo?
Hm… oggi c’è troppa gente.
E se poi aspetto troppo e non la trovo più? Vero, devo farmi avanti.
E se poi è quella sbagliata? Ma la tengo d’occhio da tanti giorni ormai: è giusta per me.
E se poi pagherò cara questa scelta? Ne vale la pena, guarda che bella!
E se poi non mi lascia respirare? Non dire sciocchezze, sai che non è una di quelle.
E se poi mi pento di quello che ho fatto? Non c’è problema, posso cercarne un’altra.
E se poi non trovo altre che mi piacciono? Non c’è solo questo posto per cercarne.»
«Ci stai ancora pensando?»
Carlo Gustavo annuisce: «Sai che non so mai decidermi!»
«E comprala sta maglietta!» Sigismondo si spazientisce «Non possiamo mica stare qui tutto il giorno!»
--
Il pomeriggio dello stesso giorno.
«Vedi, è come nel GAD.»
«Che?»
«Generalized Anxiety Disorder… in italiano è DAG: disturbo d’ansia generalizzato.» Sigismondo prende fiato «L’ho detto in inglese per fare un po’ il figo.»
«Che cosa vuoi dire?» Carlo Gustavo si sforza.
«Ripensavo a quello che mi hai detto prima al negozio di articoli sportivi sulla tua indecisione.»
«Ah, capito.»
«Quant’era? Trenta, quaranta?»
«Sì, la maglietta mi è costata trenta euro.» Puntualizza Carlo Gustavo. «Dici che è troppo?»
«No, non è questo il discorso!» Ribatte Sigismondo. «Devi lasciare stare i pensieri intrusivi.» Carlo Gustavo fa fatica a rispondere e Sigismondo continua. «Non avere paura di tutti quei pensieri “E se poi…”, lasciali andare.»
«Come? Dovrei lasciarli stare? Ma mi fanno stare male!»
«Vero, ma solo nel breve termine. Se invece li lasci stare dopo un po’ ti abitui. Cosa succede se invece li contrasti con tutte quelle risposte e tutti quei pensieri rassicuranti?»
Carlo Gustavo fa fatica a capire a che gioco sta giocando l’amico. Sigismondo ne approfitta e coglie la palla al balzo: «Te lo dico io. Diventano più forti di prima! Diventano ancora più convincenti e più difficili da controbattere.»
«Non capisco.» Carlo Gustavo ancora una volta non ci arriva.
«Guarda, è come una partita di tennis contro Roger Federer. Puoi provare a sfidarlo. Magari, se lui si distrae, ogni tanto fai qualche punto. Puoi addirittura andare vicino a vincere un game. Ma alla fine sai che lui è molto più forte di te. Sai benissimo che non lo batterai mai!» Sigismondo rifiata. «Tu lanci la palla di là e lui ti risponde con una palla veloce e tagliata. Tu riesci miracolosamente a rispondere, ma lui ti rispedisce la pallina nell’angolo opposto. Ti fa correre come un matto da una parte all’altra. Avanti e indietro. Alla fine, lui vince la partita senza neanche sudare e tu sei a pezzi, stremato e sconfitto.»
«E allora che faccio?» Carlo Gustavo forse ha capito dove vuole andare a finire Sigismondo. «Dovrei smettere di lanciare la palla a Federer? Magari già dall’inizio?» Sigismondo annuisce. «Non posso controllare le risposte di Federer. L’unica cosa che posso controllare e la mia battuta. Se io non gli lancio la palla, lui non mi risponde e non possiamo continuare a giocare…» Carlo Gustavo si ferma di colpo, colto da un’epifania. «Se io non gli lancio il servizio, dopo un po’ Federer si stufa di giocare e la partita finisce senza né vinti né vincitori!»
«Evvai!» Sigismondo esulta. «Game, set and match!»
«Ma così non vale!» Carlo Gustavo lancia la racchetta per terra mentre osserva la palla rimbalzare più volte nel suo campo di gioco.
«Io non sono Federer… ti sei fermato e io ho fatto l’ultimo punto decisivo! Mi devi trenta euro!»
E se poi aspetto troppo e non la trovo più? Vero, devo farmi avanti.
E se poi è quella sbagliata? Ma la tengo d’occhio da tanti giorni ormai: è giusta per me.
E se poi pagherò cara questa scelta? Ne vale la pena, guarda che bella!
E se poi non mi lascia respirare? Non dire sciocchezze, sai che non è una di quelle.
E se poi mi pento di quello che ho fatto? Non c’è problema, posso cercarne un’altra.
E se poi non trovo altre che mi piacciono? Non c’è solo questo posto per cercarne.»
«Ci stai ancora pensando?»
Carlo Gustavo annuisce: «Sai che non so mai decidermi!»
«E comprala sta maglietta!» Sigismondo si spazientisce «Non possiamo mica stare qui tutto il giorno!»
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Il pomeriggio dello stesso giorno.
«Vedi, è come nel GAD.»
«Che?»
«Generalized Anxiety Disorder… in italiano è DAG: disturbo d’ansia generalizzato.» Sigismondo prende fiato «L’ho detto in inglese per fare un po’ il figo.»
«Che cosa vuoi dire?» Carlo Gustavo si sforza.
«Ripensavo a quello che mi hai detto prima al negozio di articoli sportivi sulla tua indecisione.»
«Ah, capito.»
«Quant’era? Trenta, quaranta?»
«Sì, la maglietta mi è costata trenta euro.» Puntualizza Carlo Gustavo. «Dici che è troppo?»
«No, non è questo il discorso!» Ribatte Sigismondo. «Devi lasciare stare i pensieri intrusivi.» Carlo Gustavo fa fatica a rispondere e Sigismondo continua. «Non avere paura di tutti quei pensieri “E se poi…”, lasciali andare.»
«Come? Dovrei lasciarli stare? Ma mi fanno stare male!»
«Vero, ma solo nel breve termine. Se invece li lasci stare dopo un po’ ti abitui. Cosa succede se invece li contrasti con tutte quelle risposte e tutti quei pensieri rassicuranti?»
Carlo Gustavo fa fatica a capire a che gioco sta giocando l’amico. Sigismondo ne approfitta e coglie la palla al balzo: «Te lo dico io. Diventano più forti di prima! Diventano ancora più convincenti e più difficili da controbattere.»
«Non capisco.» Carlo Gustavo ancora una volta non ci arriva.
«Guarda, è come una partita di tennis contro Roger Federer. Puoi provare a sfidarlo. Magari, se lui si distrae, ogni tanto fai qualche punto. Puoi addirittura andare vicino a vincere un game. Ma alla fine sai che lui è molto più forte di te. Sai benissimo che non lo batterai mai!» Sigismondo rifiata. «Tu lanci la palla di là e lui ti risponde con una palla veloce e tagliata. Tu riesci miracolosamente a rispondere, ma lui ti rispedisce la pallina nell’angolo opposto. Ti fa correre come un matto da una parte all’altra. Avanti e indietro. Alla fine, lui vince la partita senza neanche sudare e tu sei a pezzi, stremato e sconfitto.»
«E allora che faccio?» Carlo Gustavo forse ha capito dove vuole andare a finire Sigismondo. «Dovrei smettere di lanciare la palla a Federer? Magari già dall’inizio?» Sigismondo annuisce. «Non posso controllare le risposte di Federer. L’unica cosa che posso controllare e la mia battuta. Se io non gli lancio la palla, lui non mi risponde e non possiamo continuare a giocare…» Carlo Gustavo si ferma di colpo, colto da un’epifania. «Se io non gli lancio il servizio, dopo un po’ Federer si stufa di giocare e la partita finisce senza né vinti né vincitori!»
«Evvai!» Sigismondo esulta. «Game, set and match!»
«Ma così non vale!» Carlo Gustavo lancia la racchetta per terra mentre osserva la palla rimbalzare più volte nel suo campo di gioco.
«Io non sono Federer… ti sei fermato e io ho fatto l’ultimo punto decisivo! Mi devi trenta euro!»
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