Sono partito dall’Italia più di 14
anni fa con pochi oggetti personali, una valigia, neanche tanto grande, e tanti
sogni, alcuni realizzati e altri no. Oggi mi ritrovo davanti alla cantina di
casa mia a Stoccolma con un matrimonio, due bambini e duemilatrecentoventicinque
oggetti vari sul groppone (tranquilli, moglie e figli non sono rinchiusi in
cantina, sono sani e salvi a casa). Sì, proprio così: 2325 oggetti. Li ho contati,
uno a uno. Ma come cazzo è successo?
Cerchiamo di riordinare le idee. Premetto che io non ho nessun squilibrio mentale. Che sia chiaro: non sono matto. Non ho nessun disturbo psichiatrico. Neanche quello dove accumuli compulsivamente e patologicamente oggetti e beni materiali, anche se inutili o dannosi, senza riuscire mai a liberartene. Hoarding si chiama in inglese. Almeno così mi ha spiegato quel signore in camice bianco che mi prescrive Xanax ogni mese.
Dopo le idee passiamo a riordinare la mia cantina. Già, perché devo vincere una sfida epica. Una delle sfide più dure che l’umanità debba affrontare: il trasloco! Terrore e stridore di denti. Chiedo gentilmente alla regia di enfatizzare il momento con la giusta colonna sonora. Musiche tratte dai film di Alfred Hitchcock o di Dario Argento dovrebbero andare bene, grazie.
Prima del trasloco bisogna svuotare la cantina. Così ora sono di fronte a questa invalicabile muraglia cinese, questo mastodontico Pirellone, questo blocco di Tetris dove anche se allinei alla perfezione le scatole sul pavimento non spariscono come nel gioco. Osservo il mio nemico con le mie belle bustone IKEA, cinque blu e una gialla (quella che non dovresti portare via dal negozio ma che sono riuscito a intascarmi qualche anno fa). Lo so, sono una brutta persona. In Svezia il furto della busta gialla è un’azione moralmente molto deplorevole… più spregevole di non fare la raccolta differenziata e seconda solo al preferire una BMW a una Volvo.
Basta con le ciance. È ora di passare all’azione. Mi metto l’elmetto (quello della bici… si fa con quello che passa il convento) e mi getto a capofitto sugli scatoloni. Comincio a tirare fuori cose da tutte le parti: vecchi vestiti dei bambini, vestiti di mia moglie, vestiti miei, vecchi vestiti dei bambini (l’ho già scritto, lo so, ma sono talmente tanti che mi sembrava giusto ripeterlo almeno due volte per rendere loro giustizia). Per un secondo mi fermo, riflettendo sul fatto che potremmo aprire un negozio di H&M senza problemi. Poi ricomincio a scavare. Trovo scatole vuote di elettrodomestici che abbiamo in casa da anni (potrebbero essere utili se un giorno dovessimo venderli), giocattoli da bebè, libri orrendi che non leggerò mai (ops, è lo scatolone con le copie avanzate del mio ultimo romanzo), vasi, cuscini (potrebbero servirmi dato che probabilmente passerò la notte qui), kit per allenare il gatto a fare i bisogni nel water di casa, una tavoletta del cesso vecchia (ok… credo che sia arrivato il momento di mettere in dubbio il fatto che io non abbia disturbi mentali), una rete da pallavolo con trivella per fare i buchi per i pali (sì, avete letto bene!), pattini da ghiaccio di tutte le misure, quadri, triangoli, cerchi, rettangoli, ruote della macchina per l’inverno e per finire un coniglio bianco e una colomba che escono dal cilindro del mago. Voilà!
Il gioco di prestigio, però, non è ancora terminato. Un po’ alla volta tolgo tutte le scatole, borse e altra robaccia. Comincio a vedere la luce in fondo al tunnel. Come quando gratti il fondo sporco di una pentola ma ti accorgi che stai raschiando anche il teflon. Ho già fatto dieci giri dalla cantina a casa con le mie bustone IKEA cariche fino all’orlo. Finalmente riempio l’ultimo scatolone con un paio di scarpe che non uso da almeno dieci anni e sono pronto a lasciare la cantina… vuota! La guardo con soddisfazione e con l’orgoglio tipico di chi ha appena raspato via l’ultima cucchiaiata di Nutella dal vasetto.
Torno a casa da eroe. Da vichingo con lo scalpo dei miei nemici. Mia moglie mi aspetta festante sulla soglia di casa. Mi accoglie con tono di voce gioioso.
— Ho appena parlato con gli amministratori condominiali. Siccome ci trasferiamo nello stesso condominio come i nuovi padroni di casa del nostro appartamento, ci lasciano tenere le rispettive cantine. Non dobbiamo svuotare la nostra!
La scatola che stavo reggendo mi cade davanti ai piedi. Le mie braccia ci rimangono attaccate.
Cerchiamo di riordinare le idee. Premetto che io non ho nessun squilibrio mentale. Che sia chiaro: non sono matto. Non ho nessun disturbo psichiatrico. Neanche quello dove accumuli compulsivamente e patologicamente oggetti e beni materiali, anche se inutili o dannosi, senza riuscire mai a liberartene. Hoarding si chiama in inglese. Almeno così mi ha spiegato quel signore in camice bianco che mi prescrive Xanax ogni mese.
Dopo le idee passiamo a riordinare la mia cantina. Già, perché devo vincere una sfida epica. Una delle sfide più dure che l’umanità debba affrontare: il trasloco! Terrore e stridore di denti. Chiedo gentilmente alla regia di enfatizzare il momento con la giusta colonna sonora. Musiche tratte dai film di Alfred Hitchcock o di Dario Argento dovrebbero andare bene, grazie.
Prima del trasloco bisogna svuotare la cantina. Così ora sono di fronte a questa invalicabile muraglia cinese, questo mastodontico Pirellone, questo blocco di Tetris dove anche se allinei alla perfezione le scatole sul pavimento non spariscono come nel gioco. Osservo il mio nemico con le mie belle bustone IKEA, cinque blu e una gialla (quella che non dovresti portare via dal negozio ma che sono riuscito a intascarmi qualche anno fa). Lo so, sono una brutta persona. In Svezia il furto della busta gialla è un’azione moralmente molto deplorevole… più spregevole di non fare la raccolta differenziata e seconda solo al preferire una BMW a una Volvo.
Basta con le ciance. È ora di passare all’azione. Mi metto l’elmetto (quello della bici… si fa con quello che passa il convento) e mi getto a capofitto sugli scatoloni. Comincio a tirare fuori cose da tutte le parti: vecchi vestiti dei bambini, vestiti di mia moglie, vestiti miei, vecchi vestiti dei bambini (l’ho già scritto, lo so, ma sono talmente tanti che mi sembrava giusto ripeterlo almeno due volte per rendere loro giustizia). Per un secondo mi fermo, riflettendo sul fatto che potremmo aprire un negozio di H&M senza problemi. Poi ricomincio a scavare. Trovo scatole vuote di elettrodomestici che abbiamo in casa da anni (potrebbero essere utili se un giorno dovessimo venderli), giocattoli da bebè, libri orrendi che non leggerò mai (ops, è lo scatolone con le copie avanzate del mio ultimo romanzo), vasi, cuscini (potrebbero servirmi dato che probabilmente passerò la notte qui), kit per allenare il gatto a fare i bisogni nel water di casa, una tavoletta del cesso vecchia (ok… credo che sia arrivato il momento di mettere in dubbio il fatto che io non abbia disturbi mentali), una rete da pallavolo con trivella per fare i buchi per i pali (sì, avete letto bene!), pattini da ghiaccio di tutte le misure, quadri, triangoli, cerchi, rettangoli, ruote della macchina per l’inverno e per finire un coniglio bianco e una colomba che escono dal cilindro del mago. Voilà!
Il gioco di prestigio, però, non è ancora terminato. Un po’ alla volta tolgo tutte le scatole, borse e altra robaccia. Comincio a vedere la luce in fondo al tunnel. Come quando gratti il fondo sporco di una pentola ma ti accorgi che stai raschiando anche il teflon. Ho già fatto dieci giri dalla cantina a casa con le mie bustone IKEA cariche fino all’orlo. Finalmente riempio l’ultimo scatolone con un paio di scarpe che non uso da almeno dieci anni e sono pronto a lasciare la cantina… vuota! La guardo con soddisfazione e con l’orgoglio tipico di chi ha appena raspato via l’ultima cucchiaiata di Nutella dal vasetto.
Torno a casa da eroe. Da vichingo con lo scalpo dei miei nemici. Mia moglie mi aspetta festante sulla soglia di casa. Mi accoglie con tono di voce gioioso.
— Ho appena parlato con gli amministratori condominiali. Siccome ci trasferiamo nello stesso condominio come i nuovi padroni di casa del nostro appartamento, ci lasciano tenere le rispettive cantine. Non dobbiamo svuotare la nostra!
La scatola che stavo reggendo mi cade davanti ai piedi. Le mie braccia ci rimangono attaccate.
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