NELLE
PRECEDENTI PUNTATE. Thilde Krauten propone ad Andrea Maccheroni di passare alla
Sanide (la ditta dei Krauten) e lui accetta. Durante la festa aziendale della
Sanide, Thilde è euforica e lancia palle da golf (una pallina rompe la finestra
di Giuseppe Maccheroni), Andrea è timoroso e chiede aiuto per il trasferimento
in Italia, Maria Maccheroni arriva stralunata e firma per sbaglio un progetto a
contratto per la Sanide. Giuseppe Maccheroni è invece furioso e arriva anche
lui alla Sanide con una mazza da baseball, sfascia tutto e sta per colpire
Thilde Krauten quando la vista di suo padre, che credeva morto, lo interrompe.
In lacrime la famiglia ritrovata si abbraccia ma arriva la polizia e arresta il
vecchio Maccheroni. Lo sta per portare via mentre arriva sua moglie, madre di
Giuseppe e Maria Maccheroni, Rosa Rosi… [Ha vinto la scelta A]
Rosa
Rosi alla fine si decide e va verso l’ascensore perché è troppo stanca per fare
le scale. Schiaccia il tasto e aspetta con molta impazienza. «Forse avrei
dovuto fare le scale» pensa «ma no, l’ascensore è sicuramente più veloce.»
Subito dopo si aprono le porte ed entra in fretta. Le porte si richiudono e
l’ascensore parte cigolando e traballando un po’. L’ascensore sale di qualche
centimetro, ma poi fa uno strano suono e si blocca di colpo. Rosa schiaccia di
nuovo il tasto per il primo piano ma non succede niente. Lo schiaccia ancora… e
ancora… e ancora… niente! Allora schiaccia tutti i tasti nervosamente in preda
al panico e alla voglia di salire per vedere il marito Mario senior che pensava
morto da tempo.
In
quel momento la polizia sta trascinando Mario Maccheroni senior fuori dalla
sede delle Sanide. Il commissario tarchiato guida la squadra: vorrebbe prendere
l’ascensore ma è occupato. Impreca ed è costretto, suo malgrado, a scendere le
scale. Due dei suoi agenti più robusti tengono per le spalle Mario senior che
non sembra lamentarsi più di tanto. Rosa Rosi vede che sta succedendo qualcosa
e, anche se non è certa di riconoscere suo marito, sente che sia lui. Sbatte
allora i pugni contro il vetro delle porte dell’ascensore per richiamare l’attenzione,
quantomeno per farsi aprire e non rimanere bloccata. Nessuno la sente. La
polizia è già scesa al piano terra e sta uscendo dall’ingresso principale sulla
via Kungsgatan. Lì fuori ci sono le pattuglie della polizia a sirene spiegate e
ci si potrebbe aspettare il solito capannello di persone interessate, invece
non c’è nessuno perché in Svezia ognuno si fa i fatti propri. Quindi la polizia
se ne va, quasi senza essere vista con Mario Maccheroni senior ammanettato e
seduto nel sedile posteriore. L’attimo successivo arrivano anche gli altri
Maccheroni che seguono la polizia per capire che fine farà Mario. Giuseppe informa
al telefono la moglie Teresa e il fratello Mario junior mentre Maria, prima
vomita sul marciapiede forse per il nervosismo, poi corre a prendere la
macchina per portare Giuseppe e Edoardo verso la centrale di polizia. Anche i
Krauten seguono interessati.
«Accitenti!
Ormai la festa è finita!» Commenta Klaus.
«Ke
kosa stai ticento? La festa inizia atesso…» Risponde cinicamente sua sorella
Thilde.
Rosa
guarda la scena impotente e urla per attirare l’attenzione ma in quel momento
c’è troppa confusione e tutti pensano che siano grida che vengono dalla strada
o da qualcuno preoccupato all’interno del palazzo. Alla fine prova anche a
schiacciare il tasto dell’allarme. Prova un paio di volte, ma non funziona e
alla terza volta le rimane in mano. Irrimediabilmente rotto. Rosa ha un momento
di sconforto quando si accorge che ormai l’atrio è in silenzio perché tutti se
ne sono andati. Tutti? No, non tutti.
Quando
si accorge che la situazione si è calmata, Andrea Maccheroni esce dal suo
nascondiglio dietro la tenda. Nella stanza non c’è più nessuno. Sono già
passati più di venti minuti da quando la polizia se n’è andata. Non è stato
affatto facile per lui starsene lì dietro in silenzio tutto il tempo. I segni
delle lacrime sono ancora freschi sulle sue guance. Che fare ora? È tempo di
andare avanti, di voltare pagina come si era prestabilito di fare: cambiare
nome, dedicarsi alla pittura e fingere di andare a studiare in Italia? O stare
vicino alla sua famiglia: conoscere il nonno che non ha mai avuto e sostenere
suo padre? Andrea se ne sta imbambolato in mezzo alla stanza, immerso nei suoi
dubbi e incertezze.
«Maletizione!
Zei ankora qvi?» No, non tutti se ne sono andati: infatti Thilde Krauten è
ancora nella sede della Sanide. Ha bevuto come una spugna per dimenticare i
caotici eventi della giornata e ora è sbronza «Perkè non te ne fai fia, come
tutti i tuoi parenti zerpenti?»
Andrea
Maccheroni è preso alla sprovvista. Troppo concentrato nelle sue riflessioni,
non si accorge dello stato di Thilde e chiede innocentemente. «Thilde, tu mi ha
sempre consigliato bene. Ora ho bisogno ancora del tuo aiuto. Non so che fare.
Stare vicino alla mia famiglia in questo momento delicato e posticipare la mia
finta partenza o approfittare delle distrazioni di mio padre e attuare il
nostro piano?»
Thilde
non ce la fa più ad ascoltare i patemi d’animo del ragazzo e grazie alla
disinibizione dell’alcol si sfoga. «Eppasta, per piacere! Tecititi da zolo per
una puona folta, per Tio! Ke fuoi ke ne zappia io? Ti ho tato una possipilità?
Zì? Se t’interessa prentitela, altrimenti laschia stare!» Poi sbuffa sollevata
«E ora per fafore laschiami stare un po’ ta zola e in pace!»
Andrea
è indispettito da quell’atteggiamento, ma soprassiede poiché ha capito che
Thilde è ubriaca. Quindi se ne va dalla sede della Sanide con più dubbi di
quanti ne avesse prima. Nella rampa delle scale, andandoci quasi a sbattere,
incrocia Martha Fischer (la mamma di Thilde) che era rimasta fuori in strada a
seguire la situazione. No, non tutti se ne erano andati.
«Qvesti
ciofani… sono zempre ti fretta!» Poi rientra in sede e recupera il marito in
carrozzella Ralf che aveva momentaneamente parcheggiato in un angolo
dell’atrio. Poi chiama a voce alta la figlia Thilde che non risponde.
«Pozzipile ke non ci zia nessuno?»
Qualcuno
c’è in realtà e urla per farsi sentire: è Rosa ancora nell’ascensore.
«Qvualkuno
sta kietento aiuto» Il vecchio Ralf incredibilmente sente le richieste.
«Certo,
certo, karo mio, c’è zempre qvualcuno da aiutare nel monto!» La moglie non sente
nulla invece e non gli crede, conoscendo la sua proverbiale sordità.
«No,
no, non ho mai tetto che il fecchio Makkeroni toccò il fonto… io ho tetto ke
c’è qvualcuno ke kiete aiuto dall’ascens…»
Martha
lo interrompe assecondandolo. «Va pene, karo. Topo aiuteremo tutti qvanti! Topo
però. Ora mettiamoci il ciuppotto e antiamo a casa.» Martha apre la porta della
stanza guardaroba e cerca la sua giacca e quella del marito. In un angolo,
nella penombra, c’è una sorpresa: due persone che si baciano appassionatamente.
Sono due giovani. Sono due persone che dovrebbero odiarsi, invece si amano.
Sono innamorati da poco ed è quasi bastato un colpo di fulmine. Quei due
ragazzi che si baciano senza prendere fiato sono Giorgia Maccheroni e Stefan
Krauten, rispettivamente figli di Giuseppe e di Thilde. No, non tutti se
n’erano andati.
A.
Martha sta per scoprirli, ma Ralf attira la sua attenzione perché sta cadendo
dalle scale con la carrozzella nel tentativo di liberare Rosa Rosi
dall’ascensore.
B.
Giorgia e Stefan si accorgono di Martha e si staccano in tempo fingendo di
cercare l’Amplifon del vecchio Ralf.
C.
Martha li vede (scandalo!) e medita di far trasferire Stefan nel castello di
famiglia in Westfalen.
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