mercoledì 17 gennaio 2018

SOUP OPERA – Un minestrone di emozioni: episodio 16

NELLE PRECEDENTI PUNTATE. Thilde Krauten propone ad Andrea Maccheroni di passare alla Sanide (la ditta dei Krauten) e lui accetta. Durante la festa aziendale della Sanide, Thilde è euforica e lancia palle da golf (una pallina rompe la finestra di Giuseppe Maccheroni), Andrea è timoroso e chiede aiuto per il trasferimento in Italia, Maria Maccheroni arriva stralunata e firma per sbaglio un progetto a contratto per la Sanide. Giuseppe Maccheroni è invece furioso e arriva anche lui alla Sanide con una mazza da baseball, sfascia tutto e sta per colpire Thilde Krauten quando la vista di suo padre, che credeva morto, lo interrompe. In lacrime la famiglia ritrovata si abbraccia ma arriva la polizia e arresta il vecchio Maccheroni. Lo sta per portare via mentre arriva sua moglie, madre di Giuseppe e Maria Maccheroni, Rosa Rosi… [Ha vinto la scelta A]

Rosa Rosi alla fine si decide e va verso l’ascensore perché è troppo stanca per fare le scale. Schiaccia il tasto e aspetta con molta impazienza. «Forse avrei dovuto fare le scale» pensa «ma no, l’ascensore è sicuramente più veloce.» Subito dopo si aprono le porte ed entra in fretta. Le porte si richiudono e l’ascensore parte cigolando e traballando un po’. L’ascensore sale di qualche centimetro, ma poi fa uno strano suono e si blocca di colpo. Rosa schiaccia di nuovo il tasto per il primo piano ma non succede niente. Lo schiaccia ancora… e ancora… e ancora… niente! Allora schiaccia tutti i tasti nervosamente in preda al panico e alla voglia di salire per vedere il marito Mario senior che pensava morto da tempo.
In quel momento la polizia sta trascinando Mario Maccheroni senior fuori dalla sede delle Sanide. Il commissario tarchiato guida la squadra: vorrebbe prendere l’ascensore ma è occupato. Impreca ed è costretto, suo malgrado, a scendere le scale. Due dei suoi agenti più robusti tengono per le spalle Mario senior che non sembra lamentarsi più di tanto. Rosa Rosi vede che sta succedendo qualcosa e, anche se non è certa di riconoscere suo marito, sente che sia lui. Sbatte allora i pugni contro il vetro delle porte dell’ascensore per richiamare l’attenzione, quantomeno per farsi aprire e non rimanere bloccata. Nessuno la sente. La polizia è già scesa al piano terra e sta uscendo dall’ingresso principale sulla via Kungsgatan. Lì fuori ci sono le pattuglie della polizia a sirene spiegate e ci si potrebbe aspettare il solito capannello di persone interessate, invece non c’è nessuno perché in Svezia ognuno si fa i fatti propri. Quindi la polizia se ne va, quasi senza essere vista con Mario Maccheroni senior ammanettato e seduto nel sedile posteriore. L’attimo successivo arrivano anche gli altri Maccheroni che seguono la polizia per capire che fine farà Mario. Giuseppe informa al telefono la moglie Teresa e il fratello Mario junior mentre Maria, prima vomita sul marciapiede forse per il nervosismo, poi corre a prendere la macchina per portare Giuseppe e Edoardo verso la centrale di polizia. Anche i Krauten seguono interessati.
«Accitenti! Ormai la festa è finita!» Commenta Klaus.
«Ke kosa stai ticento? La festa inizia atesso…» Risponde cinicamente sua sorella Thilde.
Rosa guarda la scena impotente e urla per attirare l’attenzione ma in quel momento c’è troppa confusione e tutti pensano che siano grida che vengono dalla strada o da qualcuno preoccupato all’interno del palazzo. Alla fine prova anche a schiacciare il tasto dell’allarme. Prova un paio di volte, ma non funziona e alla terza volta le rimane in mano. Irrimediabilmente rotto. Rosa ha un momento di sconforto quando si accorge che ormai l’atrio è in silenzio perché tutti se ne sono andati. Tutti? No, non tutti.
Quando si accorge che la situazione si è calmata, Andrea Maccheroni esce dal suo nascondiglio dietro la tenda. Nella stanza non c’è più nessuno. Sono già passati più di venti minuti da quando la polizia se n’è andata. Non è stato affatto facile per lui starsene lì dietro in silenzio tutto il tempo. I segni delle lacrime sono ancora freschi sulle sue guance. Che fare ora? È tempo di andare avanti, di voltare pagina come si era prestabilito di fare: cambiare nome, dedicarsi alla pittura e fingere di andare a studiare in Italia? O stare vicino alla sua famiglia: conoscere il nonno che non ha mai avuto e sostenere suo padre? Andrea se ne sta imbambolato in mezzo alla stanza, immerso nei suoi dubbi e incertezze.
«Maletizione! Zei ankora qvi?» No, non tutti se ne sono andati: infatti Thilde Krauten è ancora nella sede della Sanide. Ha bevuto come una spugna per dimenticare i caotici eventi della giornata e ora è sbronza «Perkè non te ne fai fia, come tutti i tuoi parenti zerpenti?»
Andrea Maccheroni è preso alla sprovvista. Troppo concentrato nelle sue riflessioni, non si accorge dello stato di Thilde e chiede innocentemente. «Thilde, tu mi ha sempre consigliato bene. Ora ho bisogno ancora del tuo aiuto. Non so che fare. Stare vicino alla mia famiglia in questo momento delicato e posticipare la mia finta partenza o approfittare delle distrazioni di mio padre e attuare il nostro piano?»
Thilde non ce la fa più ad ascoltare i patemi d’animo del ragazzo e grazie alla disinibizione dell’alcol si sfoga. «Eppasta, per piacere! Tecititi da zolo per una puona folta, per Tio! Ke fuoi ke ne zappia io? Ti ho tato una possipilità? Zì? Se t’interessa prentitela, altrimenti laschia stare!» Poi sbuffa sollevata «E ora per fafore laschiami stare un po’ ta zola e in pace!»
Andrea è indispettito da quell’atteggiamento, ma soprassiede poiché ha capito che Thilde è ubriaca. Quindi se ne va dalla sede della Sanide con più dubbi di quanti ne avesse prima. Nella rampa delle scale, andandoci quasi a sbattere, incrocia Martha Fischer (la mamma di Thilde) che era rimasta fuori in strada a seguire la situazione. No, non tutti se ne erano andati.
«Qvesti ciofani… sono zempre ti fretta!» Poi rientra in sede e recupera il marito in carrozzella Ralf che aveva momentaneamente parcheggiato in un angolo dell’atrio. Poi chiama a voce alta la figlia Thilde che non risponde. «Pozzipile ke non ci zia nessuno?»
Qualcuno c’è in realtà e urla per farsi sentire: è Rosa ancora nell’ascensore.
«Qvualkuno sta kietento aiuto» Il vecchio Ralf incredibilmente sente le richieste.
«Certo, certo, karo mio, c’è zempre qvualcuno da aiutare nel monto!» La moglie non sente nulla invece e non gli crede, conoscendo la sua proverbiale sordità.
«No, no, non ho mai tetto che il fecchio Makkeroni toccò il fonto… io ho tetto ke c’è qvualcuno ke kiete aiuto dall’ascens…»
Martha lo interrompe assecondandolo. «Va pene, karo. Topo aiuteremo tutti qvanti! Topo però. Ora mettiamoci il ciuppotto e antiamo a casa.» Martha apre la porta della stanza guardaroba e cerca la sua giacca e quella del marito. In un angolo, nella penombra, c’è una sorpresa: due persone che si baciano appassionatamente. Sono due giovani. Sono due persone che dovrebbero odiarsi, invece si amano. Sono innamorati da poco ed è quasi bastato un colpo di fulmine. Quei due ragazzi che si baciano senza prendere fiato sono Giorgia Maccheroni e Stefan Krauten, rispettivamente figli di Giuseppe e di Thilde. No, non tutti se n’erano andati.

A. Martha sta per scoprirli, ma Ralf attira la sua attenzione perché sta cadendo dalle scale con la carrozzella nel tentativo di liberare Rosa Rosi dall’ascensore.  

B. Giorgia e Stefan si accorgono di Martha e si staccano in tempo fingendo di cercare l’Amplifon del vecchio Ralf.

C. Martha li vede (scandalo!) e medita di far trasferire Stefan nel castello di famiglia in Westfalen.


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