Sei in piedi e aspetti.
Senti il rumore in lontananza. Vedi una luce in fondo al tunnel.
Arriva la prima folata che ti accarezza i capelli. Poi il vento aumenta e tutta l’aria spostata dalla massa in avvicinamento ti travolge un po’ alla volta. Senti che il treno sferraglia e, uno alla volta, i vagoni ti passano davanti, prima velocemente, poi sempre più lentamente, fino a fermarsi.
Le porte si aprono. L’altoparlante annuncia la fermata e la destinazione. Sali. Le porte si richiudono. Inizia così il tuo viaggio.
A volte il viaggio è lungo, a volte è breve. Nei vagoni fa caldo, sei comodo e non vorresti scendere ma arriva la tua fermata e devi scendere per andare a lavorare. Si gela, hai mal di pancia, ti scoppia la testa e quello che vorresti fare e scendere per rifiatare ma vuoi anche tornartene a casa il prima possibile per riposare. Così resti seduto fino all’ultima stazione.
A volte il vagone è vuoto, a volte è pieno. C’è poca gente di notte, ti senti indifeso e in pericolo e vorresti che ci fossero altre persone per farti stare più tranquillo. La mattina alle otto è invece pienissimo con persone che spintonano, puzzano o ti alitano in faccia e l’unica cosa che speri è che si svuoti un po’ alla prossima fermata così da poterti sedere comodamente.
A volte ci trovi facce familiari come quelle di amici, parenti, colleghi e ti senti a casa. A volte ci trovi solo sconosciuti che parlano lingue straniere che ti fanno sentire un estraneo. A volte trovi gente che conosci che non avresti voluto incontrare perché te ne volevi stare tranquillamente seduto a leggere un libro.
A volte sei in piedi sulla banchina, ma il treno non passa più. Aspetti per ore, poi ti distrai un attimo ed eccolo lì che ti accoglie a porte aperte. A volte sei al binario giusto, a volte a quello sbagliato. A volte corri per prendere la metro al volo, ma le porte ti si chiudono in faccia e tutto potrebbe cambiare da un momento all’altro. (Non cadere nel cliché di sliding doors, non dire sliding doors, non citare sliding doors…) Un po’ come nel film sliding doors.
A volte pianifichi tutto il percorso nei minimi dettagli, attendi il vagone giusto, fai i cambi precisi al secondo e alla fine arrivi a destinazione secondo il programma. Spesso invece sbagli direzione, linea, fermata, città. A quel punto ti chiedi se non fosse stato meglio non pensarci troppo e prendere il primo treno che passava e goderti il panorama dal finestrino. Sbagli tutto dunque, ma puoi sempre recuperare. Puoi sempre scendere e tornare indietro finché arrivi dove volevi… o a una fermata che ti piace, anche se non era quella programmata. Alla fine anche la direzione sbagliata ti può portare verso una nuova meta.
A volte scendi in centro, a volte in periferia. A volte non scendi perché rimani bloccato dalla massa di gente davanti a te, dalle relazioni, dal lavoro, dalle ideologie, dalle religioni oppure dalla sfortuna perché la porta è rotta e non hai la forza di cercarne un’altra. A volte non ti accorgi neanche che è arrivato il momento di scendere.
A dire il vero, però, alla fine il capolinea arriva per tutti, sia che sia la fermata che aspettavi sia che tu sia da tutt’altra parte. Così scendi. Il treno torna al deposito. Le luci si spengono e il macchinista riposa per il giorno successivo.
Senti il rumore in lontananza. Vedi una luce in fondo al tunnel.
Arriva la prima folata che ti accarezza i capelli. Poi il vento aumenta e tutta l’aria spostata dalla massa in avvicinamento ti travolge un po’ alla volta. Senti che il treno sferraglia e, uno alla volta, i vagoni ti passano davanti, prima velocemente, poi sempre più lentamente, fino a fermarsi.
Le porte si aprono. L’altoparlante annuncia la fermata e la destinazione. Sali. Le porte si richiudono. Inizia così il tuo viaggio.
A volte il viaggio è lungo, a volte è breve. Nei vagoni fa caldo, sei comodo e non vorresti scendere ma arriva la tua fermata e devi scendere per andare a lavorare. Si gela, hai mal di pancia, ti scoppia la testa e quello che vorresti fare e scendere per rifiatare ma vuoi anche tornartene a casa il prima possibile per riposare. Così resti seduto fino all’ultima stazione.
A volte il vagone è vuoto, a volte è pieno. C’è poca gente di notte, ti senti indifeso e in pericolo e vorresti che ci fossero altre persone per farti stare più tranquillo. La mattina alle otto è invece pienissimo con persone che spintonano, puzzano o ti alitano in faccia e l’unica cosa che speri è che si svuoti un po’ alla prossima fermata così da poterti sedere comodamente.
A volte ci trovi facce familiari come quelle di amici, parenti, colleghi e ti senti a casa. A volte ci trovi solo sconosciuti che parlano lingue straniere che ti fanno sentire un estraneo. A volte trovi gente che conosci che non avresti voluto incontrare perché te ne volevi stare tranquillamente seduto a leggere un libro.
A volte sei in piedi sulla banchina, ma il treno non passa più. Aspetti per ore, poi ti distrai un attimo ed eccolo lì che ti accoglie a porte aperte. A volte sei al binario giusto, a volte a quello sbagliato. A volte corri per prendere la metro al volo, ma le porte ti si chiudono in faccia e tutto potrebbe cambiare da un momento all’altro. (Non cadere nel cliché di sliding doors, non dire sliding doors, non citare sliding doors…) Un po’ come nel film sliding doors.
A volte pianifichi tutto il percorso nei minimi dettagli, attendi il vagone giusto, fai i cambi precisi al secondo e alla fine arrivi a destinazione secondo il programma. Spesso invece sbagli direzione, linea, fermata, città. A quel punto ti chiedi se non fosse stato meglio non pensarci troppo e prendere il primo treno che passava e goderti il panorama dal finestrino. Sbagli tutto dunque, ma puoi sempre recuperare. Puoi sempre scendere e tornare indietro finché arrivi dove volevi… o a una fermata che ti piace, anche se non era quella programmata. Alla fine anche la direzione sbagliata ti può portare verso una nuova meta.
A volte scendi in centro, a volte in periferia. A volte non scendi perché rimani bloccato dalla massa di gente davanti a te, dalle relazioni, dal lavoro, dalle ideologie, dalle religioni oppure dalla sfortuna perché la porta è rotta e non hai la forza di cercarne un’altra. A volte non ti accorgi neanche che è arrivato il momento di scendere.
A dire il vero, però, alla fine il capolinea arriva per tutti, sia che sia la fermata che aspettavi sia che tu sia da tutt’altra parte. Così scendi. Il treno torna al deposito. Le luci si spengono e il macchinista riposa per il giorno successivo.
Nessun commento:
Posta un commento