Spesso immagino la mia vita e
quella delle altre persone come se fosse una strada. È una metafora molto usata
ma sempre maledettamente calzante.
Strade strette dei giardini botanici che si dividono in tanti bivi e poi si ricongiungono e si separano di nuovo, ma che non vanno oltre le recinzioni del parco, come quelle di un bambino.
Strade delle Highway a Los Angeles: complesse, trafficate, sporche, che s’intersecano e s’incrociano in continuazione, una va su e l’altra che va giù, una che entra e una che esce e alla fine non si capisce più niente, come per un adolescente.
Strade della pazza e affascinante rotonda “The Magic Roundabout” in Inghilterra con mille giravolte, segnali da capire, decisioni da prendere e tante possibilità di ripensamenti, passi indietro, ansie da prestazione… e guida dal lato sbagliato come quando ci si affaccia alla vita adulta dopo la scuola.
Strade con un punto di partenza e uno di arrivo preciso e definito come quando prendi e parti per seguire il tuo percorso di vita sicuro della tua scelta.
Strade dell’Arizona che si perdono all’orizzonte e spariscono sotto la sabbia del deserto come quando c’è qualcosa che non va e nessuno ti può aiutare.
Strade di una qualsiasi città svedese, prevedibili e decise a tavolino: potrebbero bendarti, piazzarti all’incrocio di Kungsgatan e Drottninggatan, liberarti gli occhi e non sapresti dire se si tratta di Stoccolma, Göteborg oppure Malmö. Un po’ come quando stai bene ma ti sembra di esserti conformato un po’ troppo alle regole.
Strade medievali strette, contorte, disordinate di molti centri storici italiani. Come quando tutto cambia troppo in fretta, hai pestato una merda e per una volta tanto vorresti un percorso facile e dritto davanti a te.
Strade del ponte di Brooklyn: forti, eleganti e imponenti che ti servono per passare da un punto all’altro nel tuo percorso.
Strade in salita di Trieste con la Bora che ti soffia in faccia a 140 km/h e letteralmente non ti fa passare come quando tutto ti è contro.
Strade in discesa di Trieste con la Bora che ti soffia alle spalle e ti aiuta a scendere. Giusto per ricordarti che se si sale poi si scende (tanto per rimanere in metafore abusate).
Strade… o meglio, calli di Venezia, dove il bello non è arrivare ma perdersi come quando ti metti in gioco, magari togliendosi dalla faccia la maschera da Carnevale e rischiando di cadere in acqua.
Strade di un nastro trasportatore che continuano all’infinito, senza sosta, come quando vorresti riposare, startene un po’ fermo a pensare, ma sei costretto ad andare comunque avanti… e senza sapere dove andrai a finire.
Strade del parcheggio sotto casa, con le ruote sgonfie o con le catene, come quei giorni in cui vorresti tanto ripartire, farti un giro a vuoto ma sei senza benzina in testa e in corpo.
Strade che… strade? Dove stiamo andando non c’è bisogno di strade! Come quando seguiamo il consiglio di Doc Brown e spicchiamo finalmente il volo verso i nostri obiettivi, con o senza una DeLorean volante.
Strade strette dei giardini botanici che si dividono in tanti bivi e poi si ricongiungono e si separano di nuovo, ma che non vanno oltre le recinzioni del parco, come quelle di un bambino.
Strade delle Highway a Los Angeles: complesse, trafficate, sporche, che s’intersecano e s’incrociano in continuazione, una va su e l’altra che va giù, una che entra e una che esce e alla fine non si capisce più niente, come per un adolescente.
Strade della pazza e affascinante rotonda “The Magic Roundabout” in Inghilterra con mille giravolte, segnali da capire, decisioni da prendere e tante possibilità di ripensamenti, passi indietro, ansie da prestazione… e guida dal lato sbagliato come quando ci si affaccia alla vita adulta dopo la scuola.
Strade con un punto di partenza e uno di arrivo preciso e definito come quando prendi e parti per seguire il tuo percorso di vita sicuro della tua scelta.
Strade dell’Arizona che si perdono all’orizzonte e spariscono sotto la sabbia del deserto come quando c’è qualcosa che non va e nessuno ti può aiutare.
Strade di una qualsiasi città svedese, prevedibili e decise a tavolino: potrebbero bendarti, piazzarti all’incrocio di Kungsgatan e Drottninggatan, liberarti gli occhi e non sapresti dire se si tratta di Stoccolma, Göteborg oppure Malmö. Un po’ come quando stai bene ma ti sembra di esserti conformato un po’ troppo alle regole.
Strade medievali strette, contorte, disordinate di molti centri storici italiani. Come quando tutto cambia troppo in fretta, hai pestato una merda e per una volta tanto vorresti un percorso facile e dritto davanti a te.
Strade del ponte di Brooklyn: forti, eleganti e imponenti che ti servono per passare da un punto all’altro nel tuo percorso.
Strade in salita di Trieste con la Bora che ti soffia in faccia a 140 km/h e letteralmente non ti fa passare come quando tutto ti è contro.
Strade in discesa di Trieste con la Bora che ti soffia alle spalle e ti aiuta a scendere. Giusto per ricordarti che se si sale poi si scende (tanto per rimanere in metafore abusate).
Strade… o meglio, calli di Venezia, dove il bello non è arrivare ma perdersi come quando ti metti in gioco, magari togliendosi dalla faccia la maschera da Carnevale e rischiando di cadere in acqua.
Strade di un nastro trasportatore che continuano all’infinito, senza sosta, come quando vorresti riposare, startene un po’ fermo a pensare, ma sei costretto ad andare comunque avanti… e senza sapere dove andrai a finire.
Strade del parcheggio sotto casa, con le ruote sgonfie o con le catene, come quei giorni in cui vorresti tanto ripartire, farti un giro a vuoto ma sei senza benzina in testa e in corpo.
Strade che… strade? Dove stiamo andando non c’è bisogno di strade! Come quando seguiamo il consiglio di Doc Brown e spicchiamo finalmente il volo verso i nostri obiettivi, con o senza una DeLorean volante.
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