giovedì 9 dicembre 2021

RACCONTI – La firma

Sono comodamente seduto sulla sedia della cucina di casa mia. Oddio, non proprio comodo, comodo, a dire il vero. La sedia è confortevole e la seduta soffice, ma è più la parte psicologica che mi preoccupa al momento. Davanti a me sul tavolo ci sono un po’ di fogli e una penna.
Non sarebbe niente di grave se non riguardasse un mutuo per la casa. Al pensiero che mancano “solo” 40 anni per estinguerlo mi fa star male. Cerco di deglutire ma non ce la faccio perché le mie ghiandole salivari sono più aride del cuore di un miliardario. Assieme a mia moglie comincio a leggere attentamente le condizioni, i tassi d’interesse, le clausole. La tensione mi gioca un brutto scherzo e all’improvviso la carta mi sembra papiro e lo svedese geroglifico antico.
Finisco la pagina ed è il momento di firmare. M’immagino Satana al mio fianco che invece della penna mi porge una lametta. La prendo, mi faccio un piccolo taglio sul polso e uso il sangue per firmare. Con il mio scarabocchio a fine pagine questa agonia dovrebbe essere terminata ma c’è un'altra pagina da leggere e firmare. Sento delle risate in lontananza. Non ci faccio caso. Prendo un altro po’ di sangue dal polso e firmo. È finita!
No, c’è un’altra pagina che mi attende. Ormai firmo in automatico. Potrei avere sotto il naso i Panama Papers senza accorgermene ed essere appena diventato firmatario di una ditta di smaltimento rifiuti per il riciclaggio di denaro sporco. Alle orecchie mi giungono chiaramente voci di disperati che m’intimano di andarmene. Eppure nella stanza ci siamo solo io e mia moglie. I bambini sono a letto. Non capisco. Che siano le voci degli svedesi che mi invitano a partire per le Canarie in inverno?
Scuoto la testa e giro la pagina successiva. Sì, perché le pagine non sono ancora finite. A ogni nuovo foglio da sottoscrivere sento sempre più caldo. Mi chiedo se i miei figli abbiano acceso il forno per gioco come fanno di solito. Controllo ossessivamente circa una cinquantina di volte, ma la manopola del forno è sempre sullo zero.
Firmando col sangue pagina dopo pagina mi sto dissanguando. Manca poco alla fine della pila di scartoffie che mi ritrovo sul tavolo, ma io continuo a sudare. La pressione si abbassa, la vista si appanna e io comincio ad avere le visioni. Ora davanti a me vedo un dottore. Sono finito in ospedale? No, non è un dottore qualsiasi questo è un dottore del XVI secolo. Brutto segno: devo aver perso tanto sangue. Il medico ha un abito lungo e nero, un colletto pieghettato bianco, un cappello in testa e parla tedesco. Madonna, sto proprio male! Cerco di ancorarmi alla sedia ma ormai ho perso il contatto con la realtà. Con un ghigno sulle labbra il dottore mi dice “Willkommen im Klub”. Rimango interdetto per qualche secondo. Poi la visione scompare. Ritorno alla realtà. Guardo i polsi: sono sani. Mi guardo in giro: non c’è traccia di sangue. Sono sudatissimo e mia moglie è preoccupata. La rassicuro che ho solo bisogno di un bicchiere di acqua.
Mi alzo a fatica. Vado verso il lavello. Bevo e finalmente capisco.
Quello della visione non era un medico in famiglia di una fiction Rai ma era il Dottor Faust.

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