giovedì 14 settembre 2023

RACCONTI – Anestetici

Gli antichi abitanti di Babilonia usavano comprimere con forza le carotidi per far perdere i sensi, senza però mettere in conto i possibili e probabili danni cerebrali del povero malcapitato. Nell'impero romano si somministrava la mandragola per raggiungere il fine di sedare i pazienti e giustificare i propri mezzi alquanto avventati. Nel medioevo era l'oppio ad abbondare anche quando non era strettamente necessario, mentre nelle caravelle di ritorno dalle Americhe erano le foglie di coca da masticare che mandavano al tappeto i marinai con arti da amputare o con sogni da smorzare. I soldati feriti durante la prima guerra mondiale venivano invece anestetizzati con gli alcolici che l'infermeria aveva a disposizione nel caso non se li fossero già bevuti tutti.
 
E nell'Anno Domini 2023?
 
Un bambino di cinque anni entra in cucina piangendo disperatamente. Potrebbe essere di tutto: un litigio per i videogiochi col fratello più grande, una difficoltà a staccare due pezzi di lego incollati tra di loro con un po' del proprio moccolo oppure perché il latte del bicchiere ha preso l'iniziativa di versarsi da solo sulla maglietta per fare un bel dispetto. Invece la causa delle lacrime è un taglietto da carta che, secondo i decibel delle grida del bambino, dovrebbe richiedere un'amputazione del dito o addirittura di tutta la mano se la mamma o il papà non interverranno nel giro di qualche secondo.
Dopo aver abbandonato di colpo qualsiasi attività stesse compiendo e dopo aver imbevuto il cotone nel disinfettante, il genitore si avvicina con aria risoluta verso il figlio. Il bambino vede da lontano quello che sta per succedere e intuisce al volo la reazione da mettere in atto. Le sue cellule ippocampali richiamano alla memoria il bruciore al ginocchio sbucciato di qualche settimana fa e il bambino reagisce senza doverci pensare con una smorfia di dolore che gli sfigura il volto. È inconsolabile. L'adulto non fa in tempo a toccare la ferita con il cotone che il bambino già si lamenta battendo i pugni sulle cosce della mamma e affossando le unghie con veemenza. Il papà cerca di distrarre il figlio facendo il pagliaccio, l'unica attività nel suo repertorio che gli riesce davvero bene, e la mamma cerca di passare in fretta il disinfettante sulla ferita. Il bimbo però si accorge dell'astuto stratagemma e, al grido di "non sono nato ieri, ma ben 1754 giorni fa", si scansa all'ultimo secondo come Neo di Matrix. Tentativo fallito miseramente. I genitori si guardano, si infilano gli occhiali da sole neri e dopo un cenno d'assenso col capo si dirigono risoluti verso la teca del salotto. Ormai c'è solo una cosa da fare. Inutile girare attorno ad altri espedienti inutili.
Ai genitori non resta che usare un metodo simile a quello usato dai cavernicoli dell'età della pietra per sedare i propri compagni di grotta prima dell'estrazione di un dente o per curare il morso di una tigre dai denti a sciabola: i cazzotti, le botte in testa o i pugni in zona parietale. I cari e vecchi cartoni sono infatti estremamente efficaci, specialmente sui bambini.
Stop. Fermi tutti. Non chiamate i servizi sociali, la polizia o lo spirito di Maria Montessori. S'intende i cartoni animati. Quelle figurine buffe in movimento sullo schermo della televisione sono infatti potentissimi mezzi per anestetizzare e distrarre dal dolore qualsiasi bambino da più di cent'anni a questa parte, quando fece la sua prima comparsa "Fantasmagorie " di Émile Cohl nel 1908.
I genitori del bambino con il taglio da carta estraggono dunque l'unico strumento che sia veramente in grado di portare a termine l'arduo compito. Uno strumento che i chirurghi dell'antichità, ma anche quelli delle epoche più recenti, avrebbero voluto e dovuto sfruttare nelle loro pratiche cliniche. Mentre la mamma imbeve di nuovo il cotone con la boccetta di disinfettante, il papà continua nel suo ruolo d'intrattenitore e porta davanti agli occhi del fanciullo uno schermo che può essere di un tablet, di un cellulare o di una televisione. Accende l'apparecchio e fa partire il cartone animato preferito. Il bambino si volta verso le immagini colorate in movimento e il suo sguardo si fa lieve. Gli occhi brillano. I muscoli della fronte si rilassano. La punta esterna delle labbra si allungano all'insù. La faccia assume un'espressione alla Trainspotting e le spalle si abbassano sciogliendosi come burro al sole.
La mamma capisce che è il momento di agire. Strofina pesantemente il cotone sulla ferita e, oltre a vari strati di derma, toglie ogni traccia di batterio senza che il bambino batta ciglio. Infine applica un cerotto gigante ritagliato dallo spinnaker di Luna Rossa per evitare che in seguito il bambino si lamenti che il cerotto non copra bene tutta la ferita. Il gioco è fatto.
I genitori si accasciano al suolo stremati. Il loro lavoro di base è terminato. La vita del bambino è salva. La continuità della specie è garantita. Per questa volta non ci sarà bisogno dell'aiuto del buon Alexander Fleming per curare il piccino. Dove soffi sulle ferite o bacetti sulla botta non funzionano, arrivano i cartoni animati a recuperare situazioni ormai date per perse. Santi cartoni animati. Ovviamente la loro funzione non si limita solo ad anestetizzare i bambini in queste situazioni di dolore "insopportabile" ma anche quando c'è da tagliare i capelli, da accorciare le unghie oppure per somministrare sciroppi alla tosse al gusto cianuro aromatico.
Certo, i cartoni animati possono dare dipendenza. Possono portare a crisi d'astinenza al limite dei capricci insopportabili. Possono causare esaurimenti psicofisici ai genitori. Sono però uno strumento imprescindibile e ineguagliabile (in fondo basta leggere attentamente il foglietto illustrativo). I cartoni vanno preservati ma anche centellinati e usati con cautela.
I cartoni, infatti, sono l'oppio dei popoli… sotto gli otto anni d'età.

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