«Ti dico che ci
serve!»
«No, non ci serve!»
«Ti dico di sì!» Insiste Sigismondo. «Ci è servita per sopravvivere e ci serve ancora.»
«Ancora con questa storia?» Carlo Gustavo si spazientisce. «Non siamo più nel Paleolitico.»
«La nostra società no, ma il nostro cervello è rimasto là.»
«Quindi mi stai dicendo che non ci si può liberare dell’ansia perché altrimenti moriremmo?» Sigismondo annuisce sorridendo, ma l’amico lo guarda perplesso. «Mai sentito niente di più stupido. È come se… che ne so, mi facesse bene preoccuparmi per un esame imminente, per un nuovo neo che trovo sulla pelle, che mi fermi la polizia se corro troppo, che quello che faccio possa non essere accettato dagli altri, per un cane che abbaia, che…»
«Sì. Sì. Sì. E ancora sì.» Sigismondo si batte i pugni sulle cosce. «Quell’ansia ti aiuta a studiare, a prenotare una visita medica, a evitare una multa, a seguire le regole della società, a prepararti a scappare.»
«Non ha senso. L’ansia e le preoccupazioni non fanno bene. Nessuno sta bene quando ha l’ansia.»
«E invece a volte fa bene.» Sigismondo ci pensa. «Si potrebbe dire che c’è l’ansia “buona” e l’ansia “cattiva”, le preoccupazioni produttive e quelle controproduttive. È quando ti agiti troppo e quando le lasci prendere il sopravvento che perdi il controllo e l’ansia non ti aiuta più. Credimi: un po’ d’ansia fa bene!»
«Sarà anche così, ma io l’ansia proprio non la voglio. Punto.»
«Ma non puoi non volerla. Ci sarà sempre. Immagina di avere la possibilità di volare con un palloncino gigante pieno d’aria. Legati ai piedi, però, hai dei pesi di piombo che ti tengono a terra. Ti affanni di slegare la corda ma nonostante tutti gli sforzi non riesci a staccarli. Che bella situazione, vero? A quel punto puoi decidere se restare a terra e sfinirti cercando di liberarti i piedi oppure...»
«Oppure? Vai al dunque. Stanno tornando.»
«Oppure decidere di soffiare di più nel palloncino e aspettare che il vento ti faccia volare via.»
«Cosa vuoi dire con questo?» Carlo Gustavo guarda Sigismondo seduto sul sedile passeggero.
«Voglio dire: soffia, soffia, caro mio!»
Carlo Gustavo comincia a soffiare nell’alcolimetro, Sigismondo ride a crepapelle.
«Che è questa confusione?» Interviene l’agente della polizia stradale che ha fermato l’auto di Carlo Gustavo «La smetta di ridere, che poi facciamo soffiare anche a lei!»
«No, non ci serve!»
«Ti dico di sì!» Insiste Sigismondo. «Ci è servita per sopravvivere e ci serve ancora.»
«Ancora con questa storia?» Carlo Gustavo si spazientisce. «Non siamo più nel Paleolitico.»
«La nostra società no, ma il nostro cervello è rimasto là.»
«Quindi mi stai dicendo che non ci si può liberare dell’ansia perché altrimenti moriremmo?» Sigismondo annuisce sorridendo, ma l’amico lo guarda perplesso. «Mai sentito niente di più stupido. È come se… che ne so, mi facesse bene preoccuparmi per un esame imminente, per un nuovo neo che trovo sulla pelle, che mi fermi la polizia se corro troppo, che quello che faccio possa non essere accettato dagli altri, per un cane che abbaia, che…»
«Sì. Sì. Sì. E ancora sì.» Sigismondo si batte i pugni sulle cosce. «Quell’ansia ti aiuta a studiare, a prenotare una visita medica, a evitare una multa, a seguire le regole della società, a prepararti a scappare.»
«Non ha senso. L’ansia e le preoccupazioni non fanno bene. Nessuno sta bene quando ha l’ansia.»
«E invece a volte fa bene.» Sigismondo ci pensa. «Si potrebbe dire che c’è l’ansia “buona” e l’ansia “cattiva”, le preoccupazioni produttive e quelle controproduttive. È quando ti agiti troppo e quando le lasci prendere il sopravvento che perdi il controllo e l’ansia non ti aiuta più. Credimi: un po’ d’ansia fa bene!»
«Sarà anche così, ma io l’ansia proprio non la voglio. Punto.»
«Ma non puoi non volerla. Ci sarà sempre. Immagina di avere la possibilità di volare con un palloncino gigante pieno d’aria. Legati ai piedi, però, hai dei pesi di piombo che ti tengono a terra. Ti affanni di slegare la corda ma nonostante tutti gli sforzi non riesci a staccarli. Che bella situazione, vero? A quel punto puoi decidere se restare a terra e sfinirti cercando di liberarti i piedi oppure...»
«Oppure? Vai al dunque. Stanno tornando.»
«Oppure decidere di soffiare di più nel palloncino e aspettare che il vento ti faccia volare via.»
«Cosa vuoi dire con questo?» Carlo Gustavo guarda Sigismondo seduto sul sedile passeggero.
«Voglio dire: soffia, soffia, caro mio!»
Carlo Gustavo comincia a soffiare nell’alcolimetro, Sigismondo ride a crepapelle.
«Che è questa confusione?» Interviene l’agente della polizia stradale che ha fermato l’auto di Carlo Gustavo «La smetta di ridere, che poi facciamo soffiare anche a lei!»