Aiuto! Aiuto! È scappato!
Un pugile è a piede libero in
città. Non è certo una novità. Il pugile in questione è latitante da una vita. Trova
rifugio ovunque gli capiti, ma ha una particolare predilezione per i luoghi più
inaspettati. Si nasconde infatti infimo dietro gli angoli dei palazzi, dietro
il sedile di una metro, dentro un vecchio collega di lavoro, tra la leva del
cambio e il volante della macchina o sotto il cuscino della camera da letto. Anche
le sue tempistiche sono impressionanti. Ha una rapidità di movimenti e un’abilità
nel gioco di piedi tale da far perdere facilmente le sue tracce. Compare all’improvviso,
colpisce e poi scopare altrettanto velocemente. Controlli sotto al letto e lui
non c’è, guardi di nuovo un secondo dopo e il pugile è lì pronto a colpirti. Ti
godi un libro interessante e fino a pagina 154 non s’è mai visto, ma ne giri
una pagina in più e lui è pronto a massacrarti.
La settimana scorsa, per esempio,
stavo camminando nell’aria fresca della pausa pranzo fiutando come un segugio i
pochi raggi di sole che la giornata invernale offriva, credevo di essere in
pace col mondo, di non aver fatto nulla di male e stavo solo pensando al mio
lavoro, ma il pugile è spuntato fuori da un cespuglio e mi ha rifilato un destro
in piena faccia. Mi ha fatto un male cane. Non ho fatto in tempo a vedere dove fosse
scappato perché sono rimasto inginocchiato a terra per qualche minuto
massaggiandomi la mandibola.
Un altro giorno ero nel salotto di
casa e osservavo compiaciuto una foto dei miei figli di qualche anno fa. Sembrava
un momento bello, un attimo di gioia, invece chi è spuntato da dietro lo
scaffale della libreria? Sì, proprio lui, sto cazzo di pugile. Ero in pigiama e
pantofole, con gli stessi tempi di reazione di Internet Explorer con più di due
finestre aperte, e così un jab di sinistro e un gancio col destro mi hanno scaraventato
sul divano. E da lì chi si muove più. Lui intanto è fuggito dal buco della serratura
della porta d’ingresso.
Ieri stavo fissando nostalgico il
mare all’orizzonte pensando alle ultime vacanze estive ormai lontane e,
nonostante non ci fossero muretti, cespugli o buche dove potersi nascondere,
lui è apparso dal nulla. Questa volta un po’ me l’aspettavo, così mi sono messo
in guardia e ho schivato il suo colpo abbassandomi. Compiaciuto della mia mossa
ho abbassato le difese, lui ne ha approfittato e prima mi ha mollato un potente
uppercut che mi ha alzato dal suolo e poi mi ha finito con una serie di colpi
rapidi alle reni e allo stomaco, lasciandomi senza fiato ma con tante, troppe
parole in testa.
Nonostante lui abbia calzoncini
corti, cinturone dorato del campione, scarpine scattanti, guantoni rossi da
Rocky Balboa, fisico scolpito, e nonostante il dolore sia reale, c’è qualcosa di
strano in questo pugile: lui non tira mai veramente pugni. Sarebbe più facile
subire i suoi cazzotti, perdere qualche dente, rompersi il naso per poi
riposare e recuperare le energie. Invece no, lui è più infimo. Lui è più
cattivo. Invece dei pugni il pugile fuggitivo usa le parole. Quelle che non si percepiscono
con le orecchie ma che quando arrivano si fanno sentire. Sono le parole che
dico e sento solo io. Sono i miei pensieri.
Combatto col pugile da anni. Come fanno
tutti, d’altronde. Non sono solo. A volte lo sfioro soltanto, altre volte lo
faccio sanguinare un po’. Spesso mi distrugge. Ogni tanto mi salva la
campanella di fine round perché mi distraggo col lavoro, la famiglia o gli
amici. Quando mi va bene mi rannicchio all’angolo del ring, sotto lo sgabello,
e sparisco gradualmente riuscendo ad addormentarmi.
Qualsiasi iniziativa prenda, però, la sfida con questo maledetto pugile
resta sempre impari perché il rischio di andare K.O. per me è sempre alto, per
lui inesistente. Perché non contano i punti che metto a segno, i danni che gli
infliggo o i round che porto a casa, lui torna sempre più in forma di prima. Quindi
è inutile lottare e spingerlo via quando ti chiude all’angolo. La mossa migliore
è lasciarlo colpire a vuoto, incassare con ironia qualche colpo e ignorarlo
finché lui si stufa e ti lascia in pace… ma ovviamente solo fino al prossimo
match.